Macro

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GlaucopideSophia1
00mercoledì 20 giugno 2012 20:50
Ditemi cosa ne pensate di queste affermazioni (non sono mie, ma di un professore universitario di macroeconomia).





"Non sono sufficienti misure come la politica monetaria accomodante e bassi tassi d’interesse oppure stimoli fiscali per stimolare gli investimenti e quindi l'economia.

Per stimolare gli investimenti sono importanti interventi su elementi di tipo strutturale:
1- struttura dei mercati credito e della finanza (ad es. forte mercato obbligazionario, ampia presenza di agenzie di rating, di finanziatori come venture capital) , questo perchè le innovazioni finanziarie (nonostante eccessi) riducono i vincoli di liquidità delle imprese e i rischi sul piano macroeconomico.

2-ambiente favorevole al business,propensione ad investire (inclusa la facilità di attrarre investimenti dall’estero) dipende anche da:

a) da fattori culturali; ad es. elementi come il razionalismo, il corporativismo cristiano e il solidarismo collettivista frenano, soprattutto in Europa, la spinta alla accumulazione di capitale e all’individualismo, necessari per il capitalismo che non è troppo razionale; difatti il mercato è irrazionale (in particolare quello azionario è un casinò).

b) fattori istituzionali, come ad esempio :
-moderne leggi fallimentari,
-non eccessiva lunghezza dei processi,
-bassa difficoltà recupero crediti quando c’è bancarotta,
-bassi ostacoli ai processi di take over,
-indipendenza della BCE che preservi stabilità della moneta,
l'italia è in ritardo su tutto in questi punti.

Altri elementi chiave che influenzano gli Investimenti.

a-domanda (interna, internazionale), profitti, reddito.
b-aspettative: atmosfera degli affari, pessimismo/ ottimismo.
c-andamento della borsa: ad es. è possibile che sui mercati finanziari la fiducia si autoalimenti portando a una eccessiva espansione del credito e della capacità produttiva, cioè degli I."
Giulio.1985
00mercoledì 20 giugno 2012 21:06
ha ragione, ma è un po' la scoperta dell'acqua calda e anche con tutte queste situazioni, non si toglie il rischio di una crisi.
Xostantinou
00mercoledì 20 giugno 2012 21:25
si, abbastanza logico...strano che i "bocconiani" ignorino questi concetti basilari...
dak28
00mercoledì 20 giugno 2012 22:15
Non sono espertissimo ma non ho ben capito questi punti...


b) fattori istituzionali, come ad esempio :
-moderne leggi fallimentari,
-non eccessiva lunghezza dei processi,
-bassa difficoltà recupero crediti quando c’è bancarotta,
-bassi ostacoli ai processi di take over,
-indipendenza della BCE che preservi stabilità della moneta,
l'italia è in ritardo su tutto in questi punti.
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Cioè? cosa intende per leggi fallimentari moderne?
Processi più corti? nel senso che non vanno in prescrizione o che ci vanno prima?
Take over cos'è?
La BCE non è mica un'agenzia privata però i suoi amministratori non sono eletti dagli organi istituzionali europei?
GlaucopideSophia1
00mercoledì 20 giugno 2012 22:51
Re:
dak28, 20/06/2012 22.15:

Non sono espertissimo ma non ho ben capito questi punti...


b) fattori istituzionali, come ad esempio :
-moderne leggi fallimentari,
-non eccessiva lunghezza dei processi,
-bassa difficoltà recupero crediti quando c’è bancarotta,
-bassi ostacoli ai processi di take over,
-indipendenza della BCE che preservi stabilità della moneta,
l'italia è in ritardo su tutto in questi punti.
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Cioè? cosa intende per leggi fallimentari moderne?
Processi più corti? nel senso che non vanno in prescrizione o che ci vanno prima?
Take over cos'è?
La BCE non è mica un'agenzia privata però i suoi amministratori non sono eletti dagli organi istituzionali europei?



In italia puoi dichiarare fallimento solo quando sei alla canna del gas, in altri paesi puoi dichiararla molto prima (anche in condizioni che potrebbero essere recuperate), in questo modo hai ancora sufficienti risorse per pagare i debitori e per proteggere gli investitori .
No, si intende tempi dei processi più brevi , magari con meno gradi di giudizio , oggi in italia per avere una sentenza definitiva sono necessari decine di anni, per gli investitori stranieri la cosa è inaccettabile.
Offerta Pubblica di Acquisto o OPA.
La BCE è una banca centrale che deve tutelare gli interessi di tutti, mentre per ora si limita a tutelare gli interessi di pochi (francia e germania), per funzionare deve avere più potere ed essere maggiormente indipendente.

Basilio II Komnenos
00giovedì 21 giugno 2012 00:23
La questione centrale rimane sempre la stessa: i soldi.
In Italia non mancano solo gli investimenti, ma soprattutto è diminuito il reddito delle famiglie.
Se non dai in mano i soldi alla gente, questa spende poco e risparmia per tempi migliori (noi italiani siamo un caso tipico).
Ammetto che quello che scrive Glauco è condizione necessaria per lo sviluppo di questo paese, ma non è sufficiente.

PS: io non sono un bocconiano, sono un neo-keynesiano. [SM=g7350]
Xostantinou
00giovedì 21 giugno 2012 09:10
Mah, il keynesianesimo è stato la filosofia che ci ha condotti qui, servirebbe un rovesciamento globale di filosofia economica...il problema di fondo è però uno solo: paese che vai, economia che trovi. Nessuna filosofia e nessun modello economico è applicabile tout-court indistintamente a tutti i paesi ed a tutti i popoli.

Fino agli anni '90 l'economia mondiale è stata retta dal gargantuesco flusso di miliardi immesso in circolo (slegandolo dalla convertibilità aurea già negli anni '70) dagli USA come strategia per la guerra fredda, e tutte le economie di "stampo occidentale" hanno avuto i loro boom sin dagli anni '50-'60 "dopate" dal piano Marshall.
Il problema è che "trucchetti" di un mondo in cui vigeva ancora la convertibilità aurea non possono più funzionare in un mercato globale e virtuale totalmente slegato da ogni controvalore concreto.
Giulio.1985
00giovedì 21 giugno 2012 12:14
x Dak:
Il Take Over può essere fatto in molti modi e con molte strategie diverse...ma spesso diventa una roba politica e del paese.
sappi che è una cosa molto comune che un paese si metta di mezzo in take over straniero....anzi direi che è la norma:
ad esempio dopo il Fallimento di Alitalia e la nascita di AirItaly....c'era AirFrance che avrebbe voluto iniziare un Take Over, ma il governo italiano si è opposto.
@Basilio
Neo-Keynesiano va bene ma sia Keyns che i Neo-Keynesiani seguono politiche del passato....che per un motivo o per un altro non so se potrebbero essere utili adesso.....certe volte il problema della Macro economia è in Primis il ciclo delle Aspettative e in secondo il Leg-time che un processo prenda piede e anche misure giuste e fatti auspicati che si realizzano, ma non avvenuti in tempi giusti e ben concatenati tra loro portano più disastri che il laize affair, ovvero il fare niente e lasciare al mkt aggiustare le cose....è un caos in poche parole :D
@Kost
i trucchetti di cui parli funzionavano bene quando gli USA avevano la Bilancia dei pagamenti e la bilancia commerciale in positivo, se ben mi ricordo Macro-History....
dopo la crisi petrolifera degli anni 70, si capì che la convertibilità non era più sostenibile, pertanto a Bretton woods (se non erro) si decise di cambiarla, e la Federal Reserve divenne qualcosa di diverso da prima.
(spero di aver toccato i punti salienti, ma ho scritto di "getto" quindi potrei non essere stato compleatamente esatto ed aver sbagliato qualcosa, stasera a casa dò una spolverata ai vecchi tomi e mi autocorreggerò nei prossimi giorni se ho detto qualcosa di sbagliato. :)
Xostantinou
00giovedì 21 giugno 2012 12:24
Si, esatto, sotto Truman ed Eisenhower le politiche del Piano Marshall funzionavano perché gli USA avevano un'economia in ascesa vertiginosa ed una bilancia spaventosamente in attivo, mentre dopo Kennedy ci si rese conto che il boom economico europeo e la politica militare della Guerra Fredda stavano assorbendo più capitali di quanti ne producesse l'economia americana...e questo costrinse la FED a slegare dalla conversione aurea in quanto ormai erano in circolo più $ di quanti non ne riuscissero a coprire in oro...l'alternativa era ovviamente tagliare le uscite (improponibile all'epoca) o svalutare (altrettanto disastroso).
GlaucopideSophia1
00martedì 17 luglio 2012 18:33
il paradosso del risparmio

Un aumento della propensione a risparmiare da parte delle famiglie non provoca un aumento del risparmio e degli investimenti (come previsto dalla teoria neoclassica), ma soltanto una riduzione del reddito, mentre risparmio e investimento rimangono invariati


Esempio numerico

se c = 0.8 α = 5
e ∆I0 = 100


500 = _1__ 100
(1-0.8)

s = 1-c

S = sY

S = 0.2 x 500 = 100



se c = 0.5 α = 2


200 = _1__ 100
(1-0.5)

S = 0.5 x 200 = 100
Giulio.1985
00mercoledì 18 luglio 2012 11:37
I modelli neoclassici, come quasi tutti i modelli non possono rappresentare completamente veritiera della realtà!
GlaucopideSophia1
00mercoledì 12 settembre 2012 22:25
Riflessione personale sul economia italiana
Stavo riflettendo su uno dei grandi problemi italiani, ovvero i sindacati.

Questi non fanno mai il bene dei lavoratori , ma cercano solamente di tenere la posizione di potere acquisita.

Vi faccio qualche esempio, spesso i sindacati lottano per un aumento di salari, senza considerare la situazione del impresa, se da un lato è vero che il dipendente medio italiano ha un potere d'acquisto inferiore a quello delle sue controparti europee, ma dal altro anche le nostre aziende pagano in tasse e oneri sociali percentuali talmente alte da non essere nemmeno paragonabili a quelli dei loro omologhi, ciò rende le richieste dei sindacati semplicemente folli, se le aziende incrementano gli stipendi o diminuiscono le ore (mantanendo però gli stessi stipendi, portando in questo modo comunque ad un incremento di costi e ad un calo della produttività) finiscono nei migliore dei casi di non guadagnare (e allora che serve avere un attività?) o peggio fallire .
Un altro esempio è il licenziamento, i contratti a tempo indeterminato non vanno di moda perchè il datore non può licenziare, e questo a lungo andare crea problemi.
Il primo timore di un datore di lavoro è che il dipendente , non potendo essere più licenziato, inizi a non fare il suo dovere, provocando quindi perdite e aumento di costi, chiaramente questo non succede sempre, saranno il 30% dei casi o forse meno, però per il datore di lavoro è una questione importante , i soldi che può perdere sono i suoi, e a nessuno piace perdere soldi.
Ci sono comunque altri motivi che mostrano la necessita del licenziamento per un impresa.
Oggi se l'azienda va in crisi riesce a lincenziare solo quando rischia la bancarotta, il che non ha senso , bisognerebbe poter intervenire prima (se intervieni prima magari ne licenzi solo 10, invece se intervieni dopo deli licenziarne magari 70 o se propio chiudi vanno tutti a casa), se poi in crisi è solo un settore è una tragedia !
Ma ci sono anche altri casi, ad esempio un azienda si modernizza , prima aveva 90 operai, ma ora con i nuovi macchinari riesce a mantenere una produzione pari o superiore con soli 70 operai, quei venti in esubero non potendo essere rimpegati nel processo produttivo che fanno? la cosa più logica è licenziare quei 20 , sarebbero un costo alto da mantenere, invece in italia non puoi licenzarli, per cui le aziende sono spinte a non modernizzarsi, ma un giorno pagheranno a caro prezzo questa scelta .
Un esempio simile è quando l'azienda si accorge di poter produrre lo stessa quantità con meno personale, perchè diavolo deve mantenere dei dipendenti che non li servono ?
Ci sarebbero molti altri casi in cui il licenziamento avrebbe senso, ma in italia il posto fisso è visto dallo stato come un mezzo sociale per occupare (questa è la sua politica anche nella amministrazione pubblica), non vogliono capire che non siamo in un regime stalinista , ma nel capitalismo, senza flessinilità il capitalismo non può funzionare.

Un ultima cosa riguarda il fatto che più dipendenti hai più gli oneri sociali salgono , oneri che però non saranno di alcuna utilità ai dipendenti e saranno utilizzati per mantenere altri (i celebri uffici statali dove uno lavora e nove dormono).

Negli altri stati i sindacati cercano di fare accordi inteligenti con le aziende e magari lottano insieme contro i governi incompetenti, qui succede l'incontrario e rischi di far fallire tutti.

Ora come si può migliorare, secondo me devi dare la possibilità di libero licenziamento tranne nel caso di motivazione discriminatoria, infatti le aziende non licenziano per divertimento, lo fanno solo per motivi economici o disciplinari (che poi alla fine rientrano nei motivi economici), i giudici non devono più avere voce in capitolo (tranne per la discriminatoria), il mercato in questo modo sarà più flessibile, è poi necessario diminuire i costi della pubblica amministrazione e decrementare di molto le tasse e gli oneri, nel peggiore dei casi la persona riceverà gli stessi servizi pubblici odierni ,nel migliore avrà un ritorno maggiore, inoltre le aziende avranno meno costi e allo stesso tempo potranno incrementare di un po lo stipendio ai lavoratori.
Xostantinou
00giovedì 13 settembre 2012 01:01
Giusto Glauco...appena ho un attimo integro con un paio di mie riflessioni.
dak28
00giovedì 13 settembre 2012 14:18
Secondo me invece molte delle cose che hai detto sono sbagliate, però adesso non ho tempo per rispondere, lo faccio dopo ;)
Xostantinou
00giovedì 13 settembre 2012 19:57
Come si evince dal tuo discorso, Glauco, quello che vediamo è un delicatissimo gioco di incastri ed equilibri che non può dare altro che peggioramenti per entrambe le parti in causa (lavoratore ed azienda) se si vanno a toccare questi parametri senza prima mettere mano all'unico vero parametro che decide tutto, ovvero la pressione fiscale determinata dallo Stato.

La pressione fiscale è il "motore immobile" sul quale si regge tutto questo sistema.

Questo sistema è un equilibrio maledetto di costi, diretti ed indiretti, per l'azienda, e di potere d'acquisto del salario del dipendente.

L'azienda deve sostenere spese dettate da un'infinità di voci, dalle materie prime/prodotti che usa, all'energia ed alle apparecchiature, al marketing, ai servizi accessori (come il commercialista o l'avvocato), all'infinità di tasse e gabelle poste dallo Stato.
Il costo del lavoro è quindi per l'azienda solo una delle innumerevoli voci di spesa, a fronte delle entrate che sono una voce unica e, tolte ancora una volta le tasse, devono andare a coprire tutte le voci precedentemente elencate, avanzando un utile.
Il lavoratore, quando riceve la busta paga, questa è già "netta", visto che le detrazioni vengono già fatte dallo Stato attraverso l'imprenditore (vedasi ad es. i contributi previdenziali).
La principale lamentela del lavoratore è quindi quella della cifra ricevuta come compenso troppo esigua per affrontare il costo della vita.

Ciò che, in questo paese, si fa troppo spesso finta di non vedere, è che anche l'imprenditore ha le stesse esigenze (offrire una vita dignitosa alla famiglia) ma, IN PIU', è suo onere economico anche la gestione dell'impresa, con tutti i costi citati sopra.
A meno che non si parli di grossi colossi come società per azioni et similia, quindi entità spersonalizzate, l'azienda coincide con il bilancio privato dell'imprenditore o della sua famiglia, ovverosia significa che l'imprenditore non percepisce mai una quota fissa e garantita ogni mese, bensì i suoi guadagni oscillano come quelli della sua azienda, perché quelli stessi sono.
Se per un periodo l'azienda va in perdita, non è come l'operaio che continua lo stesso a percepire la sua mensilità stabilita da contratto, bensì l'imprenditore PERDE soldi che deve prelevare dal PROPRIO conto in banca per saldare i conti e non fallire.

In italia va molto di moda, soprattutto tra i lavoratori dipendenti ed i loro sindacati, l'immagine mitizzata del "padrone capitalista che si arricchisce sulle spalle dei lavoratori", ignorando però che, soprattutto nella realtà lavorativa del bel paese, le cose non sono affatto così, visto che il 90% delle imprese italiane sono costituite da piccole e medie imprese e da lavoro autonomo/artigiano.

Va però detto, per amor del vero, che nei confronti imprenditoria-sindacato italiani, l'unico interlocutore ritenuto "degno" è proprio quella Confindustria che rappresenta quel 10% di grande industria spersonalizzata.

Quindi è ovvio anche che le lotte sindacali in questo ambito siano inutili, visto che NON migliorano la posizione del 90% del mondo del lavoro italiano e si accaniscono contro quella piccola nicchia di grandi colossi industriali i quali, in questo mondo globalizzato, sono infinitamente più potenti dei sindacati nazionali e possiedono sempre l'arma di ricatto della delocalizzazione.
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