Economia romea

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GlaucopideSophia1
00giovedì 6 dicembre 2012 18:07
Qui vorrei trattare alcuni aspetti del economia romea.

Artigiani:

I Romei li chiamavano ergasteriakoi, erano organizzati in mestieri, tutti i ergasteriakoi di un determinato tipo dovevano rimanere in una specifica zona della città.
Le loro botteghe erano chiamate ergasterion, solitamente era divise in due parti, una prima parte che fungeva da negozio dava sulla strada con una sorta di vetrina , era qui che la merce veniva esposta e venduta, il retro invece fungeva sia da magazino che da laboratorio.
Era raro che gli ergasterion fossero di propietà (costavano tra le 6 e le 10 libbre), di solito venivano affittati (si parla di 5, 14, 24 e 38 nomismata al anno, a seconda del tipo di lavoro), i padroni di casa si potevano assicurare così una rendita intorno al 3% (superiore ad affitare la terra ai contadini).
Per essere un ergasteriakoi non bastava possedere le attrezzature, ergasterion e le abilità, era anche necessario iscriversi al albo (un po come da noi lo devono fare i liberi professionisti), solitamente queste botteghe potevano rendere fra i 20 e i 50 nomismata l'anno (stiamo parlando quindi di persone del ceto medio che potevano vivere con una discreta agiatezza), chiaramente i guadagni dipendevano dal sucesso e dal lavoro che si faceva, c'era chi si era arricchito così tanto da potersi comprare un posto in senato.
Gli ergasteriakoi potevano avere dei dipendenti, il cotratto di lavoro poteva durare al massimo 30 giorni e in media un dipendente poteva arrivare a guadagnare 12 nomismata al anno, cifra che permetteva di mantenere dignitosamente una famiglia (considerando i prezzi di allora probabilmente l'operario medio aveva un potere d'acquisto superiore a quello odierno).
Infine c'erano gli schiavi, un padrone poteva aprire una bottega (anche se non era del mestiere) e farla gestire ad uno schiavo (tranne alcuni casi come le banche), c'era chi utilizzava questo sistema per parire più negozzi in città (se invece si trattava di una catena in più città si facevano delle società).
Queste botteghe potevano avere anche degli eserciti di schiavi che lavoravano come se fossero in una fabbrica (spesso era così nei opifici), i costi degli schiavi variavano da 10 nomismata per bambini o schiavi di scarso valore, 20 per una schiavo non qualificato, 30 se era esperto in un mestiere, 50 se era un notaio e 60 se era medico, un eunuco costava 50, ma se era qualificato arrivava a 72.
Il costo di uno schiavo si sarebbe ammortizzato al massimo in 4 anni (facendo il rapporto con il dipendente), ma gli affrancamenti erano frequenti.


Mercanti:

I mercanti devono pagare una tassa del 10% sulle transizioni (kommerkion), per il resto non avevano grandi restrizioni.
Il mercato interno passava spesso attraverso i mercati locali, questi si trovavano nelle polis e nei kastron, c'è ne erano alcuni che non erano permanenti, i così detti "panegyreis" (in pratica delle fiere).
In questi mercati si vendevano prodotti locali, ad esempio i mercanti italiani venivano spesso a comprare olio, vino e cereali, può sembrare strano, ma allora il vino del egeo era molto ricercato, si vinificava in modo diverso da oggi e il vino "greco" era considerato dolce , veniva esportato in europa, in egitto e secondo alcuni anche in india e in cina.
Le olive allora erano molto più importanti rispetto ad oggi, si utilizzavano per la conservazione del cibo, per produrre prodotti come il sapone e anche per le lampade (e non potevo essere coltivate dappertutto...).
Infine i cereali, nel XII secolo l'europa soffriva il fenomeno della sovrapopolazione , per cui l'impero esportava tanto generi alimentari primari.
In questi mercati si poteva trovare anche materiali come il lino, la seta, il legno e altro ancora, ma erano allo stato grezzo, per cui gli italiani li lasciavano ai mercanti romani , che poi li vendevano agli ergasteriakoi e solo dopo venivano comprati dai mercanti steranieri.
A differenza di quello che si pensa i mercanti romei nel XII secolo prosperarono, anche perchè il loro commercio era sempre volto al mercato interno (per cui i mercanti esteri che permettevano di esportare erano i benvenuti), spesso gli stessi mercanti esteri arrivavano per vedere le loro merci agli ergasteriakoi che le rielaboravano e le rivendevano ad altri mercanti esteri (per cui le concessioni comnene non intaccarono molto il ruolo di intermediari).
Spesso i mercanti non vengono citati perchè era la stessa aristocrazia a commerciare, per legge però era rimasta la consuetudine romana che vedeva negativamente queste attività quando erano i patrizi a farle, per cui le fonti cercano di tacere il più possibile sul argomento (ma non ci riescono sempre).
Per ultimo cito il contratto fra mercanti più in uso , il koinonia, un finanziatore affida a un mercante una somma di denaro per un unico viaggio in una determinata regione.

To be continued.
Giulio.1985
00martedì 11 dicembre 2012 14:09
Molto Interessante! Grazie Glauco!
Basilio II Komnenos
00domenica 13 gennaio 2013 22:31
Se riuscite a darmi le fonti mi fate un favore, leggere qui e bello, ma sapere dove le andate a prendere mi darebbe la soddisfazione di leggerle in prima persona.
GlaucopideSophia1
00martedì 15 gennaio 2013 20:27
scusa il ritardo, ora non mi ricordo tutte le fonti, controllo e non appena c'è l'ho ti do la lista.
Giulio.1985
00venerdì 7 febbraio 2014 16:51
Durante il regno di Giustiniano non vi erano anche le Banche o sistemi simili?
Legio XIII gemina
00lunedì 10 marzo 2014 22:37
E' vero che la tecnologia agricola bizantina verso l'XI secolo era ancora ferma a quella romana? Per esempio l'uso dell'aratro leggero, ecc. Non c'è stata una "rinascita del mille" sotto questo aspetto anche a Bisanzio?

Altra domanda, i mulini a vento nell'Impero arrivarono tardi rispetto all'Occidente per quale motivo?
GlaucopideSophia1
00martedì 11 marzo 2014 22:43
Il motivo stà nella produttività di questi metodi, il clima del egeo era nettamente migliore se lo paragoniamo al centro europa , alla francia del nord e alla gran bretania, luoghi in cui vennero utilizzate le nuove tecniche, a bisanzio non c'è n'era bisogno, ricordo uno studio che basandosi su dati archeologici e sulle fonti aveva quantificata la capacità di produzione agricola bizantina di molte volte superiore a quella europea (solo il sud della spagna e il sud italia avevano la stessa produttività), ora non mi ricordo quanto era, te la vado a cercare (pensa però che questi metodi erano ancora utilizzati in parte delle puglia e della sicilia nel 1800 e riuscivano comunque a produrre un notevole surplus).
A causa delle molte fonti d'acqua i mulini a vento erano superflui, sono infatti conveniente solo in luoghi ventosi e privi di fiumi o canali, vennero introdotti dagli occidentali in grecia più per loro consuetudine che per reale bisogno.
Giulio.1985
00mercoledì 12 marzo 2014 10:30
Ricordiamo comunque che durante la massima espanzione dell'impero d'Oriente, l'Egitto era un serbatoio di grano e di nutrimento essenziale per Bisanzio, che poteva scongiurare carestie in altre pronviencie con i suoi raccolti.

anche piu' di due all'anno se ricordo bene :)
Legio XIII gemina
00mercoledì 12 marzo 2014 22:18
Ho ripreso Kazhdan in proposito, lui sostiene che la Grecia e l'Asia Minore fossero anche all'epoca zone semi-aride e che l'aratro leggero in queste regioni era anche funzionale al mantenenimento dell'umidità nel terreno, lasciando solchi poco profondi.

Sempre Kazhdan sostiene riferendosi agli studi di Patlagean che a seguito della perdita di Egitto, Sicilia e Africa il consumo di pane crollò rispetto all'epoca tardoantica favorendo tuttavia la diversificazione delle colture.

Pensavo inoltre alla slavizzazione dell'interno della Grecia, praticamente a quel punto ai Romani rimanevano solo le colture costiere in zona, le città greche si mantenevano comunque con i prodotti dell'interno?

E per esempio le centinaia di migliaia di persone che vivevano a Costantinopoli (nonostante la considerevole contrazione dei secoli bui) con quali risorse alimentari venivano mantenute? A seguito delle invasioni arabe l'Impero si è proiettato verso la Russia meridionale o la produzione rimaneva come dice Glauco sempre prospera e quindi quantomeno sufficiente?
GlaucopideSophia1
00venerdì 14 marzo 2014 22:16
Per chiarire il tutto parto dalla così detta rivoluzione agricola .
Si dice che dopo il 1000 in occidente ci siano state delle innovazioni che abbiano portato a un notevole incremento di produzione.
In occidente si inizia ad abbandonare il grano tenero (coltura principe del periodo romano) in favore di cereali più resistenti ai cambiamenti climatici che necessitassero di minori cure, come la segale e l'avena (in minore misura si coltivò anche l'orzo, la spelta, il miglio), si iniziò anche ad associare a queste culture quella delle fave, dei fagioli (il genere vigna, qulli di moda oggi sono invece originari del america), dei ceci e dei piselli.
Ci fu l'introduzione della rotazione triennale, in cui il terreno veniva suddiviso in tre fascie, nella prima si piantava in autunno i cereali, nella seconda i legumi o avena a primavera e la terza a maggese.
Si introdussero i cavalli al posto dei buoi, l'aratro assimetrico, gli strumenti di ferro (prima molti erano solo di legno) e l'irrigazione.
Tutto bello ,ma la realtà è un altra....
Gli storici che inventarono la "rivoluzione agricola" si sono basati su trattati di agronomia del XIII-XIV secolo, peccato che le altre fonti scritte e i resti archeologici ci dicano che tra IX secolo fino al XV secolo la resa dei terreni agricoli in occidente non è mai mutata significamente ,andando da un minimo di 2:1 a un massimo di 3,5:1 , inoltre tutte queste innovazioni vennero utilizzate solo in nord europa e solo in zone circostritte , non propio una rivoluzione agraria...
Come fu quindi possibile l'incremento di produzione ? semplice , si aumentò solo la superficie coltivata, ma quando secoli dopo questa finì spuntarono carestie ovunque.

Veniamo quindi ai Romei.
Prima di tutto durante l'alto medioevo (soprattutto dopo il IX secolo) viene sviluppata un intensa rete di mulini ad acqua, inoltre già dal VII secolo veniva coltivato il grano duro, molto più resistente di quello tenero.
Veniva utilizzato l'arato leggero e la rotazione biennale che prevedeva una divisione in due del terreno , la prima parte era coltivata a grano in autunno, la seconda parte con legumi in primavera.
La produzione annua di grano è stimata da 5,3 q/ha (cioè un rapporto di 4:1) a 6,6 q/ha (che era per altro la produzione media della grecia nel 1920, quindi molto buona).
Di conseguenza i romei non avevano bisogno di sperimentare nuove tecniche dato l'alta produttività per i tempi ,nel XII secolo arrivarono perfino ad esportare grano (o farina), vino e olio in italia (alle fiere agricole non era raro trovare mercanti italiani, spagnoli e francesi), e se vengono fino in grecia con i costi di allora per prendere prodotti simili vuol dire che ne valeva la pena.

Per quanto riguarda la diminuzione di grano consumato, è dovuta al passagio dal grano tenero a quello duro, passaggio avvenuto prima della perdita del egitto.
A quei tempi l'anatolia non era ancora una zona semiarida, erano state costruite dighe e canali per evitarlo, lo diviene con i turchi interessati soprattutto al allevamento, diciamo che era sicuramente meno produttiva delle coste e delle zone intorno a grandi fiumi, ma non la si può definire semi-arida.

Sulla slavizzazione ci sarebbe da fare un lungo discorso, il numero di slavi insediati nel territorio era notevole, ma sappiamo che non superava quello della popolazione autoctona, inoltre erano suddivisi in piccole tribu contadine, quindi ci troviamo davanti ad una situazione complicata in cui è difficile dire cosa era romano e cosa no , diciamo che nelle valli si trovavano in genere le popolazioni slave (che con il commercio furono in parte romanizzate senza un intervento militare), sulle alture rimanevano invece popolazioni romanizzate.
Le città greche si mantennero abbastanza (ebbero un calo demografico soprattutto causato dalla peste), intorno a loro avevano comunque il controllo di un adeguato territorio, inoltre continuarono i contatti commerciali con le zone slavizzate.
Su costantinopoli, nei secoli bui l'anatolia occidentale (la provincia d'asia romana) era sufficiente a mantenerla, bisogna considerare che in quel periodo la popolazione cittadina era scesa a 70000 abitanti, nel XI e XII secolo era di nuovo salita a 400000 o più, ma a quel epoca l'impero controllava saldamente l'egeo e non c'erano problemi (importazioni di grano dalla russia non sono mai citate dalle fonti), in quel periodo thessalonica superava i 100000 abitanti e in anatolia e grecia erano diverse le città tra i 20000 e i 35000 abitanti, ciò testimonia l'ottima produttività agricola.

Legio XIII gemina
00sabato 15 marzo 2014 11:29
Tutto molto chiaro e preciso, grazie!
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