ENERGIA NUCLEARE

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Xostantinou
00mercoledì 16 marzo 2011 17:48
italiani sospesi tra Fukushima ed il referendum

POTETE, E DOVETE! [SM=g6794] , COMMENTARE LIBERAMENTE E TRANQUILLAMENTE IN QUESTA DISCUSSIONE, NON SENTITEVI INTIMIDITI, PURCHÉ SI RISPETTI LA SEGUENTE PREMESSA:

QUESTA E' UNA DISCUSSIONE DI CARATTERE TECNICO, NON HA ALCUNA FINALITÀ POLITICA, QUI SI VUOL DISCUTERE DEGLI EVENTI OCCORSI ALL'IMPIANTO NUCLEARE DI FUKUSHIMA IN SEGUITO AL SISMA ED ALLO TSUNAMI E DELLA REALE UTILITÀ DELL'ENERGIA NUCLEARE COME FONTE DI ENERGIA, DELLA SUA SFRUTTABILITÀ IN SICUREZZA, DEL SUO RAPPORTO COSTI-BENEFICI E, SOPRATTUTTO, DELLA SUA IPOTETICA SOSTITUZIONE CON FONTI ENERGETICHE PULITE E RINNOVABILI.

QUINDI, IL PRIMO CHE SI AZZARDA A STRUMENTALIZZARE QUESTA DISCUSSIONE PER SCOPI POLITICI E/O PER FARE FLAME E POLEMICHE INUTILI, SAPPIA CHE VERRÀ IMMEDIATAMENTE ED INSINDACABILMENTE SBATTUTO FUORI DA QUESTA COMUNITÀ, COME DA REGOLAMENTO.

ERGO, CERCHIAMO DI DISCUTERE DA PERSONE CIVILI E MATURE.

GRAZIE A TUTTI PER LA COMPRENSIONE.
Xostantinou
00mercoledì 16 marzo 2011 17:51




Nucelare/ Ecco perché l'Italia non può fermarsi
Mercoledí 16.03.2011 16:32

affaritaliani.libero.it/green/nucelare160311.html



Cari lettori, ho deciso di scrivere questo articolo conscio di espormi al pubblico ludibrio per fare chiarezza sul mare di imprecisioni e castronerie scientifiche che ho letto negli ultimi giorni sulla questione nucleare.
Faccio una premessa: questo articolo è molto lungo perchè il tema in oggetto neccessita di un trattamento più che esaustivo. Il fatto è che pur rispettando il diritto che ognuno di noi ha di accettare o meno una tecnologia come quella nucleare, sono convinto sia necessario informare correttamente le coscienze votanti di casa nostra.
Il dibattito sul nucleare in questi giorni si fa sempre più acceso, specialmente nel Belpaese dove ahimè, prossimamente ci accingeremo a votare un referendum sul nucleare. E questo (sfortunatamente, dico io) proprio a ridosso dello tsunami emotivo scatenato dai fatti del Giappone.

Innanzitutto facciamo una precisazione: votare contro il nucleare al referendum non significa votare contro le esistenti centrali nucleari di prima e seconda generazione (che peraltro non esistono in Italia).
Votare contro il nucleare significa votare contro l'implementazione di una tecnologia per lo sfruttamento della forza dell' atomo che si basa su principi di funzionamento totalmente differenti da quelli implementati nelle vecchie centrali. Le vecchie centrali rimarrebbero comunque in funzione, con tutti i pericoli (ma sono scarsi anche in quel caso) che ne derivano. Non commettiate l'errore di pensare che il referendum possa allontanare le centrali che i francesi hanno costruito intorno a noi. Sapete quante sono? Tante, tantissime, più di quante possiate immaginarvi. Guardate il grafico a fondo pagina di questo report: www.world-nuclear.org/education/uran.htm

Il referendum quindi non va contro quelle vecchie centrali e gli eventuali pericoli da esse rappresentati (ricordatevelo!), ma va contro l'implementazione di centrali di terza e quarta generazione, costruite per esempio per autospegnere la reazione in caso di incidente nucleare.
Cosa significa? Significa che nelle vecchie centrali (tra le quali molte di quelle giapponesi, per intenderci), una volta innescata la reazione nucleare nel materiale fissile, tutto ciò che l'uomo può fare è di cercare di "tenerla a bada", soffocando la reazione con diversi stratagemmi. Nel caso dell'incidente di Cernobyl per esempio, il core nucleare è sfuggito al controllo umano per una serie di concause (principalmente dovute ad errori nell'interpretazione dei parametri di raffreddamento del nucleo) e da qui la catastrofe che tutti conosciamo.
Le centrali di terza o meglio ancora di quarta generazione sono diverse a partire dal principio di funzionamento. Il core è progettato con la tendenza allo spegnimento. Per tenerlo acceso è necessario il continuo intervento umano. In caso di malfunzionamento o di catastrofe, la centrale si spegnerebbe senza alcun problema e non vi è modo che possa sfuggire al controllo degli operatori. Funziona tutto al contrario quindi: se l'operatore umano o i sistemi di raffreddamento funzionano, allora la reazione nucleare avviene. Se vi ne a mancare il corretto funzionamento di una qualsiasi delle parti di controllo che stanno intorno al reattore (meccanica o umana), il reattore si spegne. Niente botto, niente nube radioattiva, niente olocausto nucleare.

Se l'Italia fosse un paese serio, il referendum sul nucleare, vista l'importanza del tema, sarebbe stato accompagnato da una tavola rotonda trasmessa a reti unificate, dove esperti del campo avrebbero avuto la possibilità di rispondere in diretta, e senza tema di smentita, alle preoccupazioni dei più così come alle più strampalate teorie olocaustiche dei meno. Teorie che oltre ad essere strampalate hanno il difetto di trovare alloggio nella bocca di alcuni nostri politici. Dico nella bocca e non nella testa perchè se voi pensate che i politici italiani posseggano la caratura morale per dire ciò che effettivamente pensano, vi fate delle ricche illusioni. Essi cavalcano solo ed esclusivamente l'onda elettorale, per poter perseguire i propri interessi di breve periodo a scapito degli interessi di lungo periodo di tutta la popolazione italiana. Non credo di dovervi dimostrare nulla in questo senso.

Un'altra informazione che sfugge ai più è la natura "pulita" delle centrali di quarta generazione. Significa che queste nuove centrali bruciano anche più del 90% del carburante fissile. Che altro? Significa efficenza elevata, ma significa anche una marea in meno di scorie. Anzi ZERO scorie. A questo punto verrebbe da dire che, pur bruciando il 90% del combustibile nucleare, una centrale nucleare di 4^ generazione produce comunque un 10% di scorie: www.21stcenturysciencetech.com/articles/spring01/react...

Vero, ma sono scorie diverse. Le scorie delle vecchie centrali, impiegano circa 10.000 anni a perdere radioattività. Le scorie delle nuove centrali impegano solo 200 anni a diventare innocue. Duecento anni su scala geologica ma anche umana sono un battito di palpebre e la loro gestione sarebbe immensamente più semplice delle vecchie scorie.
Ma c'è qualcosa d'altro di cui la gente non è informata. Quelli che dicono di NO alle centrali nucleari di nuova generazione sull'onda emotiva del preservamento dell'ambiente a vantaggio dei propri figli, non sanno che le centrali nucleari di 4^ enerazione aiuterebbero paradossalmente a consumare le scorie nucleari prodotte dalle vecchie centrali, risolvendoci un annoso problema.

Ma quanto io personalmente sono pro o contro il nucleare? In linea di principio il sistema non mi piace perchè si basa sul consumo di risorse non rinnovabili. Però visto che il mondo non funziona su linee di principio ma su fatti pratici, preferisco essere pragmatico.
Oggi il nucleare è l'unica fonte di approvvigionamento di energia capace di soddisfare le presenti richieste di energia (che continuano a crescere).
E le fonti rinnovabili? Gran cosa, si arriverà ad usare quelle un giorno, ma non oggi.
Per il semplice motivo che messe tutte insieme non sarebbero capaci di fornire nemmeno la metà dell' energia che richiede il nostro stile di vita.
Attenzione, sto parlando di tecnologie a disposizione e non di prototipi su carta la cui realizzazione è lungi dall' essere immediata.

Analizziamole quindi, però facendo lo sforzo di analizzarle in un contesto tutto italiano, proprio perchè i ragionamenti in linea di principio sono solo fumo.


ENERGIA EOLICA

FATTIBILITA' GEOGRAFICA: L'Italia non è l'Olanda o la Danimarca. Abbiamo certamente delle zone ventose, ma il territorio italiano non si presta in toto.
Il rumore delle pale è fastidioso nelle ore notturne.
FATTIBILITA' POLITICA: l'italiano medio ha la memoria corta.
Egli si è dimenticato che i primi oppositori contro l'implementazione di pale eoliche in Italia sono stati proprio i Verdi e gli esponenti della LAV.
I Verdi perchè dicevano che le esigenze di manutenzione delle pale imponevano la costruzione di strade di servizio di cemento in zone magari incluse in parchi naturali (non ho mai capito il perchè avessero scartato immediatamente l'idea di farle sterrate). Quelli della LAV perchè effettivamente le pale eoliche ogni tanto affettano qualche piccione. Sempre per ricordare la mentalità dell'italiano medio, l'Italia è il paese che ha deciso di osteggiare la costruzione del ponte sullo stretto di Messina, preferendo mantenere la Sicilia in una condizione di degrado, piuttosto che disturbare le fasi dell'accoppiamento delle alici.
RAPPORTO COSTO/CAPACITA' PRODUTTIVA: scarso, scarsissimo.
Una pala di grandi dimensioni può nella migliore delle ipotesi arrivare a rifornire di energia un quartiere.
FATTORE GREEN: elevato, una volta prodotte le pale rimangono in funzione, senza inquinare per parecchio tempo, a parte il succitato inquinamento acustico.


ENERGIA IDROELETTRICA

FATTIBILITA' GEOGRAFICA: elevata.
L'Italia è piena di fiumi e valli. Però per produrre tutta l'elettricità di cui abbiamo bisogno con l'idroelettrico dovremmo riempire tutti i nostri fiumi e le nostre valli di dighe di cemento.
FATTIBILITA' POLITICA: la diga va bene a tutti come soluzione, tranne agli abitanti dei paesi nei dintorni.
E non hanno tutti i torti perchè in caso di cedimento strutturale dovuto per esempio ad un terremoto, l'onda di piena generata dal crollo della diga spazzerebbe tutto e tutti. Ricordate la tragedia del Vajont? www.vajont.net/
RAPPORTO COSTO/CAPACITA' PRODUTTIVA: elevato.
Le centrali idroelettriche costano tantissimo ma sono capaci di rimanere in funzionamento per più di cento anni.
FATTORE GREEN: l'impatto ambientale di una diga è devastante.
Intere valli vengono trasformate, tutta la fauna e la flora circostante vengono eliminate.


SOLARE

FATTIBILITA' GEOGRAFICA: buona, sopratutto al centro sud Italia.
Attenzione però, Messina non è il Sahara!
FATTIBILITA' POLITICA: elevata, tanto i pannelli li pagano i cittadini.
RAPPORTO COSTO/CAPACITA' PRODUTTIVA: scarsissimo.
Un pannello solare non è in grado di produrre nemmeno il 100% dell' acqua calda necessaria ad una abitazione con 4 persone. Nè tantomeno è in grado di produrre elettricità a sufficienza.
Il concetto è bellissimo ma sino a che l'efficenza media di un pannello si attesta intorno al 15% di conversione di luce in energia, la diffusione sarà scarsa, visti anche i costi parecchio elevati (nonostante gli incentivi statali, che sono una presa per il giro, perchè i soldi dello stato arrivano sempre dalle nostre tasche).
FATTORE GREEN: medio.
Una volta installati durano in media solo 15-20 anni e vanno rimpiazzati con nuovi pannelli il cui costo sia produttivo che in termini di bilancio ecologico sono elevati.


ENERGIA DELLE MAREE

FATTIBILITA' GEOGRAFICA: nulla, l'Italia non possiede il tipo di grandi maree necessarie per far funzionare quella tecnologia.
FATTIBILITA' POLITICA: ma per favore! In 30 anni non abbiamo saputo terminare l'installazione del MOSE a Venezia...
RAPPORTO COSTO/CAPACITA' PRODUTTIVA: buono, se avessimo le maree della Nuova Zelanda.
FATTORE GREEN: medio, la manutenzione è costosa e verrebbe effettuata comunque con mezzi a motore.


BIOCARBURANTI

FATTIBILITA' GEOGRAFICA: buona.
L'Italia è un territorio eminentemente agricolo.
FATTIBILITA' POLITICA: nulla.
I nostri agricoltori scendono in piazza sparando letame per protestare contro le quote latte, figuriamoci cosa farebbero in caso di riqualificazione forzata delle colture, e non a torto, visto che tra l'altro questo azzererebbe la produzione agricola per uso umano e dell'allevamento del paese, costringendoci ad essere totalmente dipendenti dalle importazioni estere.
RAPPORTO COSTO/CAPACITA' PRODUTTIVA: nessuno lo ha ancora ben capito.
FATTORE GREEN: medio, i biocarburanti inquinano meno, ma inquinano.


ENERGIA DA PUNTO ZERO/ENERGY OVERRUN

FATTIBILITA' GEOGRAFICA: altissima!
L'Italia è il paese perfetto, zeppo di creduloni pronti a credere alla prima corbelleria scientifica.
FATTIBILITA' POLITICA: ancora più alta!
I politici italiani pur di far mastellianamente contenti i propri elettori, sarebbero capaci di stanziare fondi pubblici per la ricerca in quel senso, pur sapendo che stanno gettando i quattrini al vento.
RAPPORTO COSTO/CAPACITA' PRODUTTIVA: nulla.
E' una bufala. Non può funzionare perchè con le tecnologie di oggi non siamo in grado di estrarre grosse quantità di energia dal punto zero (ribollio quantico).
Gli stessi scienziati sono peraltro discordi sulla quantità di energia che eventualmente potremmo sottrarre al vuoto cosmico.
FATTORE GREEN: elevatissimo. Non funzionando non inquina e dura tantissimo. Perfetto per alcuni creduloni di mia conoscenza.


Inoltre, se dovessimo costruire installazioni che utilizzino tutte queste forme di energia alternativa, non saremmo comunque in grado di sostenere il fabbisogno energetico nazionale. Ricordatevelo però quando andate a votare!
Per spiegare il paradosso del nucleare io uso in genere il paragone con i treni superveloci. Esso sono considerati oggi il mezzo più efficente ed ecologico del pianeta. E non a torto. Però la gente si dimentica che prima delle attuali motrici superefficenti (tipo freccia rossa), c'erano i locomotori a motore diesel. E prima di quelli c'erano i locomotori che bruciavano carbone ed inquinavano tantissimo, uccidendo forse più dell'atomo.
Eppure nessuno nel mondo civilizzato si sognerebbe oggi di mettere al bando i locomotori di nuova generazione (tranne in Italia, dove i Verdi preferiscono bloccare la costruzione dei tunnel per l'alta velocità, mantenendo lo status quo di una rete viaria su gomma congestionata da autocarri diesel).
Perchè mai con il nucleare non si può usare lo stesso atteggiamento?

Per concludere, una domanda che nessuno si prende la briga di fare più:
quale è il costo sociale del non essere autonomi dal punto di vista energetico?

La risposta ce la danno proprio i giapponesi che entrarono in guerra il 7 dicembre 1941 perchè le loro scorte di petrolio stavano esaurendosi. Furono piegati da una bomba nucleare americana e nonostante ciò, impararono la lezione e si dotarono immediatamente di centrali nucleari, per evitare di dover fare un' altra guerra per l'approvigionamento energetico.

Una nota: l'incidente della centrale di Fukushima non rappresenta una sconfitta del nucleare ma una sua vittoria.
Il fatto è che la gente tende a decontestualizzare l'episodio dimenticandosi che è avvenuto su un isola che ospita un totale di 55 centrali nucleari quasi essenzialmente di prima e seconda generazione (vecchie 40 anni, di terza ce ne sono in attività solo 5 ed altre 5 in via di completamento) colpita da un terremoto colossale e devastata da uno Tsunami di proporzioni bibliche. Cionostante non è ancora avvenuto nessun olocausto nucleare. Devo necessariamente dare credito a questa riflessione all'eccellente Oscar Giannino.

Certo, c'è una terza via ed è quella della riduzione dei consumi.
Io e mia moglie possiediamo un' auto ibrida.
Ciononostante quando guido io l'ibrida, riesco a scendere su strade extrraurbane a 3,3 litri per 100 km mentre la mia compagna non scende mai sotto i 6,5 litri per 100 km.
Eppure guidiamo la stessa autovettura. La differenza è che io pongo attenzione a come guido, lei no.
Lei è anche quella che lascia la lampada sul suo comodino perennemente accesa, anche di giorno e anche se fuori di casa. Io corro dietro tutto il tempo a tutta la famiglia spegnendo le luci che loro lasciano accese.
Sono tutte persone intelligenti a casa mia eppure mi guardano come se fossi un alieno. La verità è che a nessuno oggi interessa fare mezzo passo indietro.
Eppure basterebbe porre un minimo di attenzione per ridurre i nostri consumi anche del 40% senza dover cambiare drammaticamente il nostro stile di vita.

Ed è forse questa la risposta più immediata a tutte le nostre domande.

Roberto Preatoni
Xostantinou
00lunedì 21 marzo 2011 14:59
Illustre Signor Presidente,

noi sottoscritti, fondatori dell’Associazione Galileo 2001, per la libertà e dignità della Scienza, sentiamo il dovere di sottoporre alla Sua attenzione la difficile situazione energetica che penalizza il nostro Paese; una situazione figlia di alcune scelte irresponsabili e di lunghi anni di scarso interesse politico e di disinformazione mass-mediatica. Circostanza ancora più grave è il fatto che si prospettano oggi ai cittadini soluzioni immaginifiche e in aperto contrasto con le conoscenze economiche, scientifiche e tecnologiche, allontanando così le scelte dotate di prospettive concrete.

Non crediamo di fare retorica nel sostenere che l’energia è il nutrimento della civiltà e che senza energia e senza un suo impiego oculato una civiltà può solo scomparire: più precisamente, non la produzione d’energia, ma la disponibilità di energia, abbondante, economica, sicura e amministrata con competenza, è una condizione essenziale per il benessere e lo sviluppo di un Paese, ed è ciò che genera competitività e occupazione e, conseguentemente, progresso civile.

A causa dell’elevata dipendenza energetica (importa oltre l’80% dell’energia primaria che consuma) e del conseguente elevato costo dell’energia (quella elettrica, al netto delle imposte, costa agli italiani quasi il 40% in più rispetto alla media europea), l’Italia sta perdendo terreno nel confronto economico con i partners europei, assieme ai quali dovrebbe invece perseguire una più armonica strategia energetica comune:


1. Oggi, il cittadino spagnolo usufruisce del 10% in più d’energia primaria rispetto al cittadino italiano, l’inglese del 25% in più, il francese del 40% in più e il tedesco arriva al 65% in più. Simili percentuali valgono anche per la sola energia elettrica: rispetto al cittadino italiano, si va dal 10% in più utilizzati dal cittadino spagnolo al 55% in più utilizzati dal tedesco.

2. L’Italia è il Paese europeo con la maggiore produzione d’energia elettrica da gas naturale e petrolio – fonti costose e inquinanti – e con la maggiore importazione diretta d’energia elettrica (51 miliardi di chilowattora nel 2003, contro i 2 miliardi di kWh che importò il Regno Unito, 1 miliardo di kWh che importò la Spagna, e i 10 e 66 miliardi di kWh che esportarono, rispettivamente, la Germania e la Francia); circostanza, questa, che crea anche rischi alla sicurezza dell’approvvigionamento, come i black-out del recente passato hanno evidenziato.

3. La totalità dell’energia elettrica importata in Italia proviene dalle centrali nucleari d’Oltralpe. Mentre – giova ricordare – nel 2003, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna produssero, rispettivamente, 420, 157, 85 e 60 miliardi di KWh elettrici dagli oltre 100 reattori nucleari in esercizio in quei Paesi.

A fronte di questa situazione oggettiva e dell’urgenza di un’azione, vi sono responsabili politici e organi d’informazione che vanno diffondendo l’illusione che sia seriamente possibile affrontare il dissesto energetico facendo ricorso alle varie nuove forme di sfruttamento dell’energia solare rinnovabile: l’eolica, la solare termica o fotovoltaica, e i biocombustibili (che sono, tutte, forme dirette o indirette d’energia dal sole). Oppure, facendo ricorso a tecnologie futuribili, oggi prive di prospettive di concreta realizzabilità sia nel breve che nel medio termine.

Noi riteniamo che i cittadini debbano ricevere piena informazione, fornita con onestà e senza pregiudizi ideologici: essi devono conoscere le conseguenze, per sé e per i propri figli, delle scelte adottate in tema di politica energetica e, soprattutto, non devono essere illusi con promesse che la scienza più accreditata e la tecnologia più avanzata non possono contribuire a sostenere.

Ferma restando la sua capitale importanza in tutti i processi vitali, per i bisogni energetici dell’umanità l’energia solare rinnovabile, in tutte le sue varie forme, non è certamente l’energia del presente: essa ha soddisfatto il 100% del fabbisogno umano dalla notte dei tempi fino a un paio di secoli fa, mentre oggi il contributo energetico dal sole, se si esclude la fonte idroelettrica, è – in Italia come nel mondo – inferiore all’1%. Né si vedono ragioni per ritenere che nel futuro l’energia solare possa dare contributi sostanziali: in particolare, è improbabile, se non illusorio, che le forme d’energia solare diverse da quella idroelettrica possano offrire contributi veramente significativi al fabbisogno energetico del nostro Paese. La fonte eolica lo ha già dimostrato nel Paese – la Germania – che più d’ogni altro v’ha investito: assai modesto è infatti il contributo elettrico che proviene dalle più di 15.000 turbine eoliche ivi installate: circa 3% dall’eolico contro il 30% da nucleare (la cui potenza installata è, in Germania, quasi uguale a quella eolica). Il solare termico produce solo aria o acqua calda, e a questo scopo il mondo usa meno del 10% dell’energia che consuma, di cui la porzione maggiore è consumata dalle zone che meno possono servirsi del solare termico; e, infatti, esso contribuisce nel mondo per meno dello 0,001%, anche perché è molto più conveniente utilizzare l’energia dalla rete del gas o elettrica cui ogni edificio deve comunque essere connesso. Quanto al solare fotovoltaico, per produrre con questa tecnologia meno dell’1% dell’energia elettrica consumata dagli italiani, i soli pannelli fotovoltaici (senza installazione, trasformatori, ed eventuali accumulatori) costerebbero la proibitiva cifra di più di 10 miliardi di euro, e vi sono valide ragioni tecniche per dubitare che questi costi possano significativamente abbattersi. Il Paese va anche chiaramente informato sulle reali prospettive dei biocombustibili: quando si tenga conto dell’energia necessaria nei processi agricolo e industriale per produrli, l’energia netta da essi ottenuta è di modesto rilievo. In ogni caso, assumendo le più favorevoli condizioni, per risparmiare meno del 5% del solo petrolio che consumiamo, bisognerebbe coltivare a biomassa l’intera superficie della pianura padana (oltre 45.000 kmq).

Il mondo produce oggi da tutte le nuove fonti rinnovabili messe insieme – geotermia, rifiuti, biomassa, eolico, e solare termoelettrico e fotovoltaico – meno del 2% dell’energia elettrica che consuma. Quanto a produzione da queste fonti, l’Italia è già al terzo posto in Europa con 11 miliardi di kWh prodotti nel 2003 (il 10% dell’intera produzione europea da queste fonti); nonostante ciò, l’energia elettrica così prodotta copre meno del 4% dell’energia elettrica consumata dal Paese.

La fusione nucleare e l’idrogeno, spesso citate come tecnologie a portata di mano, sono ancora allo stato potenziale. La prima è tuttora limitata allo stadio di ricerca con prospettive a lungo termine. Quanto all’idrogeno – che non è una fonte d’energia perché esso non esiste sulla Terra nella forma utilizzabile come combustibile – la sua produzione richiede una quantità d’energia molto superiore a quella da esso ricavabile, e per questa ragione il suo utilizzo su larga scala è vincolato anche alla disponibilità di energia abbondante, economica e sicura.

Oggi, quella disponibilità alternativa alle fonti fossili – inquinanti e sempre più costose – è offerta solo dalla tecnologia nucleare da fissione. Una tecnologia ormai ben collaudata, che trova largo e sicuro impiego nella maggior parte del mondo industrializzato, e che non può pertanto continuare ad essere esclusa dalle strategie energetiche del nostro Paese.

Teniamo a precisare che con questa nostra critica noi non proponiamo di sospendere, fermare o rallentare le ricerche sulle energie rinnovabili; ricerche che potrebbero portare, in un futuro pur lontano, alla scoperta, che nessuno può naturalmente escludere, di nuovi metodi d’impiego di queste forme d’energia. Questa nostra critica invita solo a non alimentare speranze, vicine o illusorie, sulla soluzione di quel grande problema che è la situazione energetica del Paese e che ha bisogno di essere responsabilmente affrontato.

Le chiediamo pertanto, Signor Presidente, di farsi promotore – nei modi che vorrà considerare più adeguati – di azioni che consentano la diffusione di quella informazione franca e trasparente che è condizione necessaria perché un Paese possa dirsi veramente democratico.

Certi della Sua considerazione, porgiamo i nostri più cordiali saluti e, con l’occasione, anche i migliori auguri per le imminenti festività e il nuovo anno.

Renato Angelo RICCI, Presidente

Giorgio SALVINI, Presidente Onorario
Umberto VERONESI, Presidente Onorario

Franco BATTAGLIA, Vice Presidente Vicario
Carlo BERNARDINI, Vice Presidente
Tullio REGGE, Vice Presidente
Umberto TIRELLI, Vice Presidente

Angela ROSATI, Segretario Generale

Silvio GARATTINI, Direttore Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”
Gian Tommaso SCARASCIA MUGNOZZA, Professore Emerito di Genetica Agraria, Comitato Nazionale Biotecnologie
Giorgio TRENTA, Presidente Associazione Italiana di Radioprotezione Medica
Paolo VECCHIA, Presidente ICNIRP

Stefano AGOSTEO, Ordinario di Strumentazioni nucleari, Politecnico di Milano
Alessandro BAILINI, Ingegnere Nucleare, Politecnico di Milano
Claudia BALDINI, Vice Presidente Associazione Bioetica di Ravenna
Lanfranco BELLONI, Ricercatore di Fisica, Università di Milano
Argeo BENCO, Fisico, già Presidente Associazione Italiana di Radioprotezione
Alessandro BETTINI, Ordinario di Fisica Generale, Università di Padova
Giuseppe BLASI, Architetto, Presidente Associazione ProgettAmbiente
Mirko BRESSANELLI, Ingegneria Nucleare, Politecnico di Milano
Tullio BRESSANI, Ordinario di Fisica Sperimentale, Università di Torino
Giovanni CARBONI, Ordinario di Fisica Generale, Università di Roma-Tor Vergata
Diego CATTANEO, Ingegnere Elettronico, Politecnico di Milano
Arrigo CIGNA, già ricercatore ENEA
Leopoldo CONTE, Ordinario di Fisica Medica, già Presidente Associazione Italiana di Fisica Medica
Leone CORRADI DELL’ACQUA, Ordinario di Scienza delle Costruzioni, Politecnico di Milano
Guido FANO, già Ordinario di Metodi Matematici della Fisica, Università di Bologna
Rodolfo FEDERICO, Ordinario di Fisiologia Vegetale, Università di Roma-Tre
Gianni FOCHI, Professore di Chimica, Scuola Normale Superiore di Pisa
Paolo FORNACIARI, Ingegnere, Presidente Comitato Italiano Rilancio del Nucleare
Renato GIUSSANI, Ingegnere, Direttore MIND
Roberto HABEL, Comitato di Presidenza, Società Italiana di Fisica
Alberto LANZAVECCHIA, Economista, Università di Parma
Carlo LOMBARDI, Membro del Comitato Scientifico ENEA
Lelio LUZZI, Ricercatore Impianti Nucleari, Politecnico di Milano
Giorgio MOLINARI, Ordinario di Elettrotecnica, Università di Genova
Stefano MONTI, Ingegnere nucleare, ENEA
Giovanni V. PALLOTTINO, Ordinario di Elettronica, Università di Roma-La Sapienza
Matteo PASSONI, Ingegnere Nucleare, Politecnico di Milano
Ernesto PEDROCCHI, Ordinario di Energetica, Politecnico di Milano
Carlo PELANDA, Docente di Politica ed Economia Internazionale, University of Georgia, Athens GA, USA
Aulo PERINI, Medico Radioprotezionista
Guido PIZZELLA, Ordinario di Fisica, Università di Roma-Tor Vergata
Norberto POGNA, Dirigente di ricerca, CRA-Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura
Francesca QUERCIA, Geologo, Agenzia per la Protezione dell’Ambiente
Niccolò RIGHETTI, Ingegnere Nucleare
Alceste RILLI, Ingegnere nucleare, AIN
Roberto ROSA, Fisico Nucleare
Valeria RUSSO, Ingegnere Nucleare, Politecnico di Milano
Francesco SALA, Ordinario di Botanica e Direttore Orti Botanici, Università di Milano
Sandro SANDRI, Fisico
Alberto SILVESTRI, Ingegnere nucleare, ENEA
Giorgio SIMEOLI, CNR
Elena SOETJE BALDINI, Segretario Associazione Bioetica di Ravenna
Ugo SPEZIA, Ingegnere nucleare, Segretario Generale AIN
Carlo STAGNARO, Direttore Ecologia di Mercato, Istituto “Bruno Leoni”
Francesco TROIANI, Fisico, ENEA
Roberto VACCA, Ingegnere, Scrittore
Giulio VALLI, Ingegnere nucleare, ENEA
Vincenzo VAROLI, Ordinario di Elettronica Industriale, Politecnico di Milano
Franco VELONÀ, Ingegnere nucleare, Politecnico di Bari
Xostantinou
00mercoledì 23 marzo 2011 19:18
Dr. Josef Oehmen
Pubblicato il Marzo 13, 2011



Ripeto, non c’e’ stato e *non* ci sara’ nessun significativo rilascio di radioattività dai reattori danneggiati Giapponesi.

Con il termine “significativo” intendo un livello di radiazioni piu’ alto di quello che avreste ricevuto da – diciamo – un volo di lunga distanza, o bere un bicchiere di birra che proviene da alcune zone con alti livelli di radiazione naturale di fondo.

Ho letto ogni comunicato stampa sulla vicenda dopo il terremoto. Non c’è stata una sola relazione che è stata accurata e priva di errori (e parte di questo problema è anche una debolezza nella comunicazione Giapponese in crisi). Per “non esente da errori” non mi riferisco al giornalismo tendenzioso anti-nucleare – che è abbastanza normale in questi giorni. Per “non esente da errori” intendo errori evidenti per quanto riguarda la fisica e le leggi naturali, così come alla mis-interpretazione grossolana dei fatti, a causa di una evidente mancanza di comprensione fondamentale e di base del modo in cui vengono costruiti e gestiti i reattori nucleari. Ho letto un rapporto di tre pagine sulla CNN, dove ogni singolo paragrafo conteneva un errore.

Dovremo spiegare alcuni fondamenti, prima di entrare nei dettagli di quello che sta succedendo.

Gli impianti di Fukushima sono i cosiddetti reattori ad acqua bollente, o BWR in breve. I reattori ad acqua bollente sono simili a una pentola a pressione. Il combustibile nucleare riscalda l’acqua, l’acqua bolle e crea il vapore acqueo, quindi il vapore alimenta le turbine che generano l’elettricità, poi il vapore viene raffreddato e condensato nuovamente in acqua, l’acqua e’ inviata di nuovo al combustibile nucleare per essere riscaldata. La pentola a pressione funziona a circa 250 ° C.

Il combustibile nucleare è l’ossido di uranio. L’ossido di uranio è una ceramica con punto di fusione molto elevato di circa 3000 ° C. Il combustibile è prodotto in pellet (piccoli cilindri della dimensione di mattoncini Lego). Tali pezzi vengono poi messi in un lungo tubo in zircaloy con punto di fusione di 2200 ° C, e sigillato ad arte. L’intero assemblaggio viene chiamato barra di combustibile. Queste barre di combustibile vengono poi messi insieme per formare pacchetti più grandi, e un certo numero di questi pacchetti vengono poi inseriti nel reattore. Tutti insieme questi pacchetti sono indicati come “il nucleo”.

L’involucro in zircaloy e’ il primo contenimento. Esso separa il combustibile radioattivo dal resto del mondo. Il nucleo è poi inserito negli “apparecchi a pressione”. Questa è la pentola a pressione di cui abbiamo parlato prima.

I recipienti a pressione sono il secondo contenimento. Questo è un pezzo robusto di pentola, destinato a contenere in modo sicuro il nucleo da temperature di diverse centinaia di °C. Inclusi gli scenari dove il raffreddamento possa essere ripristinato a un certo punto.

L’intero “hardware” del reattore nucleare – il contenitore a pressione e tutti i tubi, pompe, il liquido riserva refrigerante (acqua), vengono poi inglobati nel terzo contenimento. Il terzo contenimento è sigillato ermeticamente (a tenuta d’aria), diversi strati del piu’ resistente acciaio esistente. Il terzo contenimento è progettato, costruito e testato per un unico scopo: contenere, a tempo indeterminato, un completo collasso e fusione del nucleo. A tal fine, un bacino di grandi dimensioni e spessore di calcestruzzo è stato versato alla base del recipiente a pressione (il secondo contenimento), che è pieno di grafite, dentro tutto il terzo contenimento. Questo è il cosiddetto “acchiappa nucleo”. Se il nucleo si scioglie e gli apparecchi a pressione bruciano (e si sciolgono alla fine), esso catturera’ il combustibile fuso e tutto il resto. E’ costruito in modo tale che il combustibile nucleare verrà sparpagliato, in modo che possa raffreddarsi.

Questo terzo contenimento è poi circondato dall’edificio del reattore. L’edificio del reattore è un guscio esterno che dovrebbe reggere alle condizioni atmosferiche avverse esterne, ma non dall’interno (questa è la parte che è stato danneggiata nell’esplosione, ne riparleremo piu’ avanti).

Fondamenti delle reazioni nucleari: Il combustibile di uranio genera calore dalla fissione nucleare. I grossi atomi di uranio sono divisi in atomi piu’ piccoli. Questo genera calore e Neutroni (una delle particelle che formano un atomo). Quando il neutrone colpisce un altro atomo di uranio, questo si divide, generando altri neutroni e così via. Questo si chiama la reazione nucleare a catena.

Ora, il fatto di accoppiare molte barre di combustibile una vicina all’altra porterebbe rapidamente a surriscaldamento e, dopo circa 45 minuti a una fusione delle barre di combustibile. Vale la pena ricordare, a questo punto che il combustibile nucleare in un reattore non può *mai* provocare un esplosione nucleare del tipo di una bomba nucleare. Costruire una bomba atomica in realtà è abbastanza difficile (chiedete all’Iran).

A Chernobyl, l’esplosione è stata causata da accumulo di pressione eccessiva, esplosione dell’idrogeno e rottura di tutti i contenimenti, spingendo il materiale fuso alla fuoriuscita nell’ambiente (una “bomba sporca”). Perché questo non e’ accaduto e non accadrà Giappone, lo spiegheremo piu’ avanti.

Al fine di controllare la reazione nucleare a catena, gli operatori del reattore utilizzano le cosiddette “canne moderatrici”. Le aste moderatrici assorbono i neutroni e annientano istantaneamente la reazione a catena. Un reattore nucleare è costruito in modo tale che, quando funziona normalmente, si farebbero rientrare tutte le aste moderatrici. L’acqua di raffreddamento poi trasporta via il calore (e lo trasforma in vapore e poi elettricità), alla stessa velocità in cui il nucleo lo produce. E si dispone di molta libertà intorno a tutto il punto di funzionamento standard di 250° C. La sfida è data dal fatto che dopo aver inserito le aste e fermare la reazione a catena, il nucleo conserva ancora la produzione di calore. L’uranio ha “interrotto” la reazione a catena. Ma un certo numero di elementi radioattivi intermedi creati dall’uranio durante il suo processo di fissione, in particolare gli isotopi di cesio e iodio, vale a dire le versioni di questi elementi radioattivi che eventualmente si suddividono in piccoli atomi e non sono piu’ radioattivi. Tali elementi continuano a decadere e a produrre calore. Poiché non vengono piu rigenerati dall’uranio (l’uranio smise di decadere dopo che le aste di moderatrici sono state inserite), ricevono via via sempre sempre meno, e così il nucleo si raffredda in una questione di giorni, fino a quando quegli elementi intermedi mediamente radioattivi sono estinti. Questo calore residuo è la causa dei mal di testa sperimentati in questi giorni.

Quindi, il primo “tipo” di materiale radioattivo è l’uranio in barre di combustibile, più gli elementi intermedi mediamente radioattivi che l’uranio divide per fissione, e anche all’interno delle barre di combustibile (cesio e iodio). Vi è un secondo tipo di materiale radioattivo creato, fuori le barre di combustibile.

La grande differenza principale da mettere in primo piano: Questi materiali radioattivi hanno una brevissima emi-vita, il che significa che decadono molto velocemente e scissi in materiali non radioattivi. E con “veloce” intendo dire secondi. Quindi, se questi materiali radioattivi vengono rilasciati nell’ambiente, sì, la radioattività viene rilasciata, ma no, non è pericolosa, per nulla. Perché ? Con il tempo che passa in cui avreste detto R-A-D-I-O-N-U-C-L-I-D-I , saranno gia’ diventati innocui, poiché saranno stati suddivisi in elementi non radioattivi. Tali elementi radioattivi sono l’N-16, l’isotopo radioattivo (o una versione) di azoto (aria). Gli altri sono i gas nobili, come lo Xenon. Ma da dove vengono ? Quando l’uranio si divide, si genera un neutrone (vedi sopra). La maggior parte di questi neutroni colpirà altri atomi di uranio e manterra’ la reazione a catena nucleare attiva. Ma alcuni lasceranno la barra di combustibile e colpiranno le molecole d’acqua o l’aria che e’ nell’acqua. Poi, un elemento non radioattivo potra’ “catturare” il neutrone. Essa diventa radioattiva. Come descritto in precedenza, procedra’ rapidamente (secondi) a sbarazzarsi di nuovo del neutrone per tornare al stato originario incontaminato.

Questo secondo “tipo” di radiazioni è molto importante quando si parla di radioattività che viene rilasciata nell’ambiente in seguito.

Che cosa è successo a Fukushima ? Cercherò di riassumerne i fatti principali.

Il terremoto che ha colpito il Giappone è stato 7 volte più potente del peggior terremoto per cui la centrale nucleare è stata costruita (la scala Richter opera in maniera logaritmica, la differenza tra il grado 8,2 a cui gli impianti sono stati costruiti per resistere e quello di 8,9 che si e’ verificato, e’ di 7 volte, e non 0,7 ). Quindi , questo e’ il primo urrah’ ! che va all’ingegneria Giapponese, tutto quanto ha resistito.

Quando il terremoto ha colpito con la scossa di 8.9, i reattori delle centrali nucleari sono andati tutti in arresto automatico. In pochi secondi dopo che il terremoto e’ iniziato, le aste di moderazione erano state inserite nel nucleo e la reazione nucleare a catena dell’uranio era stata fermata. Ora, il sistema di raffreddamento ha il compito di portare via il calore residuo. Il carico di calore residuo è di circa il 3% rispetto al carico termico in condizioni operative normali. Il terremoto ha distrutto l’alimentatore esterno del reattore nucleare. Questo è uno degli incidenti più gravi per una centrale nucleare e, di conseguenza, un “black out” di un impianto riceve molta attenzione durante la progettazione di sistemi di backup. L’energia e’ necessaria per mantenere le pompe di raffreddamento al lavoro. Dal momento che la centrale era stata spenta, non può produrre l’elettricità per sé.

Le cose stavano andando bene per un’ora. Una serie di vari gruppi elettrogeni diesel di emergenza entro’ in funzione per fornire l’elettricità che era necessaria. Poi arrivò lo tsunami, molto più grande di quanto le persone avevano previsto durante la costruzione della centrale elettrica (fattore 7). Lo tsunami ha messo fuori uso tutti i multipli set di generatori diesel di backup.

Quando si progetta una centrale nucleare, gli ingegneri seguono una filosofia chiamata “Difesa di profondità”. Ciò significa che prima di tutto ogni cosa dev’essere costruita per resistere alla peggiore catastrofe che si possa immaginare, e quindi a progettare gli impianti in modo tale che si può ancora gestire il fallimento dei sistemi (che si pensava non potesse mai accadere) uno dopo l’altro. Uno tsunami che spazza via tutta la potenza energetica di riserva in un colpo solo è un tale scenario.

L’ultima linea di difesa è sigillare tutto nel terzo contenimento (vedi sopra), che manterra’ tutto , qualunque sia il caos, aste moderatrici dentro o fuori, nucleo fuso o meno, all’interno del reattore. Quando i generatori diesel erano “andati” gli operatori del reattore passarono all’alimentazione di emergenza dalle batterie. Le batterie sono state concepite come uno dei backup per i backup, per fornire energia per il raffreddamento del nucleo per 8 ore. E lo hanno fatto. Entro le 8 ore, un’altra fonte di alimentazione doveva essere trovata e collegata alla centrale elettrica. La rete elettrica era interrotta a causa del terremoto.

I generatori diesel sono stati distrutti dallo tsunami. Allora sono stati portati dei generatori diesel mobili con i camion. Qui e’ quando le cose cominciarono ad andare male sul serio. I generatori di alimentazione esterna non potevano essere collegati alla centrale elettrica (i connettori non si adattavano). Così, dopo le batterie andate in esaurimento, il calore residuo non poteva essere portato più via.

A questo punto gli operatori degli impianti cominciarono ad attuare le procedure di emergenza che sono in atto per un “evento da perdita di raffreddamento”. E’ di nuovo un passo lungo sulla linee di “Difesa di profondità”. Il potere di sistemi di raffreddamento non avrebbe mai dovuto fallire completamente, ma lo ha fatto, e quindi ci si e’ “ritirati” nella prossima linea di difesa. Tutto questo, per quanto scioccante ci possa sembrare , è parte della formazione giorno per giorno che si attraversa come un operatore, fino alla gestione di una fusione del nocciolo. E’ stato a questo punto che la gente ha cominciato a parlare di fusione del nocciolo. Perché alla fine della giornata, se il raffreddamento non può essere ripristinato, il nucleo alla fine fonde (dopo ore o giorni), e l’ultima linea di difesa, l’acchiappa nucleo e il terzo contenimento , entrano in gioco.

Ma l’obiettivo in questa fase è stato quello di gestire il nucleo mentre si stava riscaldando, e garantire che il primo contenimento (i tubi in zircaloy che contengono il combustibile nucleare), così come il secondo contenimento (la nostra pentola a pressione) rimanessero intatti e operativi per il più a lungo possibile, per dare il tempo ai tecnici di riparare i sistemi di raffreddamento. Poiché il raffreddamento del nucleo è un grosso problema, il reattore ha un certo numero di sistemi di raffreddamento, ciascuno in più versioni (il sistema di pulizia dell’acqua del reattore, la rimozione del calore di decadimento, il raffreddamento del nucleo di isolamento del reattore, il raffreddamento dei sistemi di standby , e il sistema di raffreddamento d’emergenza del nucleo). Quale abbia fallito o meno , e quando, non è chiaro ancora.

Quindi immaginiamo la nostra pentola a pressione sul fuoco, la fiamma e’ bassa, ma accesa. Gli operatori usano qualunque capacita’ dei sistemi di raffreddamento possano disporre per eliminare il calore il più possibile, ma la pressione inizia ad aumentare. La priorità è ora quella di mantenere l’integrità del primo contenimento (mantenere la temperatura delle barre di combustibile sotto i 2200 ° C), così come quella del secondo contenimento , la pentola a pressione. Al fine di mantenere l’integrità della pentola a pressione (il secondo contenimento), la pressione deve essere rilasciata di volta in volta. Poiché la capacità di fare questo in una situazione di emergenza è così importante, il reattore è dotato di 11 valvole di sfiato della pressione. Gli operatori hanno quindi iniziato a rilasciare il vapore di scarico di volta in volta per controllare la pressione. La temperatura in questa fase era di circa 550° C. Questo è quando i rapporti di “fuga di radiazioni”, hanno cominciato ad arrivare.

A questo punto credo di aver già spiegato perché far fuoriuscire il vapore è teoricamente la stessa cosa di rilasciare radiazioni nell’ambiente, ma anche perche’ non era e non e’ pericoloso. L’azoto radioattivo, nonché i gas nobili non rappresentano una minaccia per la salute umana. A un certo punto nel corso della ventilazione della pressione, è avvenuta l’esplosione. L’esplosione ha avuto luogo al di fuori del terzo contenimento (la nostra “ultima linea di difesa”), tra l’edificio del reattore. Ricordate che l’edificio del reattore non ha alcuna funzione nel mantenere contenuta la radioattività.

Non è ancora del tutto chiaro che cosa è successo, ma questo è lo scenario probabile: Gli operatori hanno deciso di sfogare il vapore del recipiente a pressione non direttamente nell’ambiente, ma nello spazio tra il terzo contenimento e l’edificio del reattore (per dare alla radioattività nel vapore più tempo per estinguersi). Il problema è che alle alte temperature che il nucleo aveva raggiunto a questo punto , le molecole di acqua sono in grado di “dissociarsi” in ossigeno e idrogeno – una miscela esplosiva. E lo ha fatto, esplodendo al di fuori del terzo contenimento , danneggiando l’edificio esterno del reattore tutt’intorno. E’ stato quel tipo di esplosione, ma all’interno del recipiente a pressione (perché era stato progettato male e non gestito correttamente da parte degli operatori), che porto’ all’esplosione di Chernobyl. Questo non è mai stato un rischio di Fukushima.

Il problema della formazione di idrogeno-ossigeno è uno dei grattacapi di quando si progetta una centrale elettrica (se non siete sovietici, almeno), per cui il reattore è costruito e gestito in un modo che non può accadere all’interno del contenimento. E’ successo al di fuori, cosa non prevista, ma e’ uno scenario possibile e quindi OK, perché non rappresenta un rischio per il contenimento. Così la pressione era sotto controllo, sotto forma di vapore è stata scaricata.

Ora, se mantenete a bollire la pentola, il problema è che il livello dell’acqua di tendera’ a scendere e scendere. Il nucleo è coperto da diversi metri d’acqua, al fine di consentire il passare di un certo periodo di tempo (ore, giorni) prima che venga esposto. Una volta che le aste iniziano ad essere esposte al vertice, le parti esposte raggiungono la temperatura critica di 2200° C dopo circa 45 minuti. Questo è quando il primo contenimento , il tubo di zircaloy, fallirebbe. E questo ha iniziato ad accadere. Il raffreddamento non potrebbe essere ripristinato prima che ci fosse qualche danno (molto limitato, ma pur sempre danno) alla carcassa di alcuni dei carburanti. Il materiale nucleare era ancora intatto, ma il guscio di zircaloy che lo circonda aveva iniziato a fondere.

Cio’ che e’ successo a questo punto e’ che alcuni dei sottoprodotti del decadimento dell’uranio – cesio e iodio radioattivi – hanno iniziato a mescolarsi con il vapore. Il grande problema, l’uranio, era ancora sotto controllo, perché le aste di ossido di uranio erano sicure fino a 3000° C. E’ confermato che una piccola quantità di cesio e iodio è stata misurata nel vapore che è stato rilasciato in atmosfera. Sembra che questo è stato il segnale di “via libera” ad un importante piano B. Le piccole quantità di Cesio, che sono state misurate hanno fatto capire agli operatori che il primo contenimento di una delle barre da qualche parte stava per cedere.

Un piano A sarebbe stato quello di ripristinare uno dei sistemi di raffreddamento regolare nel nucleo. Perché cio’ e’ fallito non è chiaro. Una spiegazione plausibile è che lo tsunami ha portato via/inquinato anche tutta l’acqua pulita necessaria per i regolari sistemi di raffreddamento. L’acqua utilizzata nel sistema di raffreddamento è molto pulita, demineralizzata (come quella distillata). Il motivo per cui viene utilizzata acqua pura è l’attivazione di cui sopra dai neutroni dell’uranio: l’acqua pura non si attiva molto, rimane quindi praticamente libera-da-radiazioni. Sporcizia o sale in acqua assorbiranno i neutroni piu’ velocemente, facendola diventare più radioattiva. Questo non ha alcun effetto sul nucleo – non importa da cosa viene raffreddato. Ma rende la vita più difficile per gli operatori e i meccanici quando hanno a che fare con acqua attivata (cioè leggermente radioattiva).

Ma il piano A era fallito – i sistemi di raffreddamento disattivati e acqua pulita non disponibile – quindi il piano B è entrato in azione. Questo è ciò che appare come quello che e’ accaduto: Al fine di evitare una fusione del nucleo , gli operatori hanno iniziato ad utilizzare l’acqua di mare per il suo raffreddamento. Non sono del tutto sicuro se hanno allagato la nostra pentola a pressione con essa (il secondo contenimento), o se hanno inondato il terzo contenimento, immergendo la pentola a pressione. Ma questo non è rilevante per noi. Il punto è che il combustibile nucleare è ormai raffreddato. Perché la reazione a catena è stato arrestata molto tempo fa, vi è solo poco calore residuo che viene prodotto in questo momento.

La grande quantità di acqua di raffreddamento che è stata utilizzata e’ sufficiente a smaltire quel calore. Perché è un sacco di acqua, il nucleo non produce piu’ sufficiente calore per produrre alcuna pressione significativa. Inoltre, l’acido borico è stato aggiunto all’acqua di mare. L’acido borico è un “asta di controllo liquida”. Qualunque decadimento sia ancora in corso, il Boro catturera’ i neutroni e accelerara’ ulteriormente il raffreddamento del nucleo.

L’impianto è andato vicino a una fusione del nucleo. Ecco lo scenario peggiore, che è stato evitato: se l’acqua del mare non avrebbe potuto essere usata per il trattamento, gli operatori avrebbero continuato a sfogare il vapore d’acqua per evitare l’accumulo di pressione. Il terzo contenimento sarebbe poi stato completamente sigillato per permettere alla fusione del nucleo di accadere senza il rilascio di materiale radioattivo. Dopo il tracollo, ci sarebbe stato un periodo di attesa per i materiali mediamente radioattivi in decadimento all’interno del reattore, e permettere a tutte le particelle radioattive a stabilirsi su una superficie all’interno del contenimento. Il sistema di raffreddamento sarebbe stato ripristinato alla fine, e il nucleo fuso raffreddato ad una temperatura gestibile. Il contenimento sarebbe stato ripulito all’interno. Poi sarebbe iniziato il lavoro di rimuovere il “pantano” del nucleo fuso dal contenimento, e successivo imballaggio del materiale (ora di nuovo solido) del carburante pezzo per pezzo in contenitori di trasporto per essere avviati agli impianti di trasformazione. A seconda del danno, l’intero blocco dello stabilimento sarebbe quindi stato riparato o smantellato.



morgsatlarge.wordpress.com/2011/03/13/why-i-am-not-worried-about-japans-nuclear-r...

www.businessinsider.com/japan-reactors-pose-no-risk-2011-3-1#ixzz1...
Xostantinou
00mercoledì 8 giugno 2011 13:51
L'ENERGIA NUCLEARE: IL PUNTO SULLO STATO DELLA RICERCA
Intervista a Stefano Monti, ENEA

titano.sede.enea.it/Stampa/skin2col.php?page=eneaperdettagliopa...



1) Quale ruolo avrà il nucleare in vista di un aumento progressivo della domanda mondiale di energia?

Le organizzazioni mondiali più autorevoli hanno previsto che, a fronte della prevista triplicazione della richiesta mondiale di energia elettrica entro il 2050, la capacità elettronucleare installata dovrà anch'essa triplicare entro il 2050. Di qui, la necessità di progettare e realizzare fin da adesso impianti di III generazione in grado di far fronte allo scenario previsto per i prossimi decenni.

2) Quali sono le attuali prospettive di ricerca sul nucleare?

Verso il 2015, dovrebbero essere disponibili i reattori denominati Small Modular Reactor (SMR), ovvero reattori di potenza decisamente inferiore a quella dei grandi impianti di III generazione attualmente disponibili sul mercato quali EPR e AP1000 e particolarmente interessanti per le loro potenziali caratteristiche di facilità di costruzione e trasporto, ridotto rischio economico-finanziario ed elevata sicurezza. Originariamente inteso come possibile risposta alle esigenze dei Paesi ad economia emergente, con restrizioni sulla rete elettrica nazionale e sulle disponibilità economiche per l’investimento, il concetto degli SMR sta ora riscuotendo l’interesse anche di grandi nazioni, quali gli Stati Uniti, ove sono presenti operatori elettrici di limitata dimensione, che comunque sono interessati alla produzione per via nucleare per poter mantenere un bilanciato mix produttivo. Uno dei progetti più interessanti di SMR è Iris (International Reactor Innovative & Secure), reattore sviluppato da un consorzio internazionale di cui fanno parte istituzioni, tra cui l’ENEA, e imprese italiane (Ansaldo Nucleare, Mangiarotti Nuclear, ATB Riva Calzoni, SAIPEM). Più a lungo termine, si prospettano i sistemi nucleari cosiddetti di IV generazione su cui si sta concentrando la R&S a livello internazionale ma che non saranno disponibili sul mercato prima del 2040-2050.

3) A che punto è la ricerca sul nucleare di IV Generazione?

La IV Generazione di reattori è ancora in fase di ideazione. Nel 2000 è stato istituito il Generation IV International Forum (GIF) composto da dieci Paesi al fine di sviluppare sistemi nucleari che potranno essere operativi fra 30 o 40 anni. Il forum ha definito i requisiti di base che i nuovi progetti dovranno rispettare:
sostenibilità: massimo utilizzo del combustibile e minimizzazione dei rifiuti radioattivi;
economicità: basso costo dell’impianto e livello di rischio finanziario equivalente a quello di altri impianti energetici;
sicurezza e affidabilità: i sistemi di quarta generazione dovranno avere una bassa probabilità di danni gravi alla parte del reattore più “delicata”, il cosiddetto nocciolo, e tollerare errori umani anche gravi. Non dovranno richiedere piani di emergenza per la difesa della salute dei cittadini, non essendoci uno scenario credibile per il rilascio di radioattività fuori dal sito;
resistenza alla proliferazione e protezione contro attacchi terroristici.
I Paesi che hanno aderito subito a questa iniziata, lanciata dagli Stati Uniti, sono Argentina, Brasile, Canada, Corea del Sud, Francia, Giappone, Gran Bretagna, Sud Africa, Svizzera, a cui si è aggregata successivamente l’Euratom, in rappresentanza dell’Unione Europea. Russia e Cina sono entrati a fare parte del GIF recentemente, in considerazione dei loro vasti programmi di utilizzo dell’energia nucleare.
Sempre in ambito internazionale, i sistemi di IV generazione ed i relativi cicli del combustibile sono studiati anche nelle altre due iniziative parallele al GIF e precisamente:
INPRO International Project on Innovative Nuclear Reactors and Fuel Cycle della IAEA;
GNEP, Global Nuclear Energy Partnership lanciata nel 2006 dall’amministrazione USA.
L’Italia è membro effettivo di entrambe le iniziative.
In Europa i sistemi nucleari di IV generazione e, in particolare i sistemi a spettro neutronico veloce per l’ottimale utilizzo delle riserve naturali di uranio e la minimizzazione dei rifiuti radioattivi, sono sviluppati nell’ambito delle iniziative legate al cosiddetto Strategic Energy Technology Plan (SET-Plan) e sotto l’egida della European Sustainable Nuclear Energy Technology Platform (SNETP), ovvero il luogo di tutti gli stakeholder europei del settore nucleare. La relativa iniziativa European Sustainable Nuclear Industrial Initiative (ESNII), incentrata sullo sviluppo delle tecnologie di quarta generazione, è ritenuta necessaria per abbreviare il time to market dei reattori veloci a ciclo chiuso di quarta generazione.
I principali sistemi nucleari, facility sperimentali e attività di R&S della ESNII sono già stati stabiliti da una task force europea di SNETP che vede la partecipazione anche di organizzazioni italiane quali Ansaldo Nucleare ed ENEA.

4) A vent’anni dal referendum sul nucleare l’Italia continua ad investire sulla ricerca sul nucleare?

L’Italia, al pari degli altri paesi dell’Unione Europea, partecipa da tempo allo sviluppo di reattori di quarta generazione tramite l’Euratom ma, da un paio d’anni, beneficia anche di un programma di R&S sul nuovo nucleare finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico e portato avanti nell’ambito di un Accordo di Programma fra questo stesso ministero e l’ENEA. A breve è atteso anche il lancio di programmi nazionali di R&S di più ampio respiro sia in riferimento all’art. 38 della legge 99 del 23 luglio 2009, sia nell’ambito del nuovo Programma Nazionale di Ricerca del MIUR.

5) Oltre al nucleare di IV Generazione, è in fase di rilancio il nucleare da fissione con il progetto Inpro (International Project on innovative Nuclear Reactors and Fuel Cycles). In cosa consiste?

Sulla spinta dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, si è sviluppata un’altra iniziativa internazionale per il rilancio dell’energia nucleare da fissione: il progetto Inpro (International Project on Innovative Nuclear Reactors and Fuel Cycles). L’obiettivo del progetto è assicurare che l’energia nucleare sia disponibile per soddisfare il fabbisogno energetico. Sono allo studio soluzioni per la sicurezza, la competitività economica, la gestione dei rifiuti radioattivi e la non proliferazione. Il programma di lavoro di Inpro è organizzato in tre fasi: la prima – già completata – prevedeva una selezione di linee guida, criteri e metodologie per una valutazione dei concetti innovativi proposti e i requisiti posti dagli utilizzatori. La fase attuale prevede l'esame di sistemi e tecnologie resi disponibili da alcuni Stati membri, a fronte dei criteri precedentemente selezionati. Nella fase finale si studierà l’avvio di un progetto internazionale, identificando le tecnologie più appropriate per la realizzazione negli Stati membri.
A Inpro partecipano Stati Uniti, Argentina, Brasile, Bulgaria, Canada, Cina, Repubblica Ceca, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Corea, Olanda, Pakistan, Russia, Sud Africa, Spagna, Svizzera, Turchia, con il contributo della Commissione Europea.



UN FOCUS SULLE CENTRALI NUCLEARI: COSTI E TEMPI DI PRODUZIONE E SMALTIMENTO DELLE SCORIE



Quanto inquina una centrale nucleare? Come si pensa di risolvere il problema dei rifiuti radioattivi?

L’eventuale impatto ambientale prodotto da una centrale nucleare può derivare principalmente dalla gestione dei rifiuti radioattivi. L’emissione di radioattività nell’ambiente circostante durante il normale funzionamento di un impianto nucleare è irrilevante, in quanto inferiore al fondo naturale e non esistono emissioni di altra natura.
Per dare la dimensione del problema dei rifiuti radioattivi, ogni anno vengono prodotti circa 40.000 m3 di rifiuti radioattivi (90 cm3 per persona) nell’Unione Europea a 25, dove l’energia nucleare contribuisce per più del 30% del fabbisogno complessivo di energia elettrica. La maggior parte di questi (circa 36.000 m3 per anno) sono rifiuti a bassa e media attività, la cui radioattività decade a valori trascurabili nel giro di qualche secolo. La quantità rimanente (circa 4.000 m3 per anno) è rappresentata da rifiuti ad alta attività e lunga vita, la cui radioattività impiega da migliaia a centinaia di migliaia di anni per decadere a valori trascurabili. Per l'isolamento di questi rifiuti in un lasso di tempo così ampio è necessario ricorrere a barriere naturali, come le formazioni geologiche ad elevata profondità (600-800 metri e oltre), che devono presentare adeguate caratteristiche di stabilità ed impermeabilità, in grado di assicurare l'isolamento del rifiuto dalla biosfera per periodi paragonabili all'età del giacimento, solitamente milioni di anni. Presentano queste caratteristiche i giacimenti salini e argillosi e alcuni tipi di rocce granitiche. Nell’Unione Europea si discute da tempo della possibilità di individuare un sito geologico comune, ma il discorso è ancora a uno stadio preliminare per motivi prevalentemente di consenso pubblico e di policy degli Stati Membri. Considerato il volume limitato di rifiuti ad alta attività e lunga vita, questa è la soluzione che molti Paesi europei considerano praticabile. Nei vari Programmi Quadro Euratom la Commissione Europea ha previsto fondi ingenti per i programmi di ricerca comunitari per lo smaltimento geologico e per i programmi su “Partitioning” e “Transmutation”, che hanno l’obiettivo, tra l’altro, di minimizzare drasticamente la produzione di rifiuti ad alta attività nei sistemi nucleari di futura generazione (Generation IV e Accelerator Driven System).

Occorre paragonare la quantità di rifiuti prodotti dal nucleare con quella prodotta da altre fonti energetiche. Tenendo conto dei rifiuti radioattivi di bassa, media e alta attività, il nucleare produce circa 0,055 cm3 di rifiuti radioattivi per kWh contro, ad esempio, 0,18 kg di rifiuti solidi non radioattivi per kWh prodotto da carbone o lignite (questo il valore medio ma in alcuni Paesi si arriva anche a 0,25 kg/kWh e oltre). Altri dati significativi sono i seguenti, riferiti ai volumi di rifiuti annuali nell’Unione Europea:

Rifiuti industriali: 1000 milioni di m3

Rifiuti industriali tossici: 10 milioni di m3

Rifiuti radioattivi (totale): 40 mila m3

Rifiuti radioattivi ad alta attività: 4 mila m3.

Quanto costa costruire una centrale nucleare?

Il costo medio attuale di una centrale nucleare è di circa 2500-3000 Euro/kW elettrico installato, ovvero il costo in conto capitale di una centrale da 1000 MWe elettrico è di circa 3 miliardi di Euro. Il costo dell’EPR da 1600 MW elettrico (il reattore europeo di III Generazione fornito dalla franco-tedesca Areva) viene valutato attualmente, nei paesi occidentali, da 4 a 4,5 miliardi di euro.
Quanto tempo è necessario per realizzare una centrale nucleare?
Gli attuali reattori di III Generazione (AP1000 Westinghouse, EPR Areva) hanno un tempo di costruzione di circa 50 mesi. Ma va tenuto conto che prima della costruzione è necessario acquisire alcune autorizzazioni sia per il sito sia per la costruzione e la messa in funzione esercizio dell’impianto. Questi tempi definiti dipendono dalle legislazioni e regolamenti nazionali per cui ci si può riferire a casi concreti recenti, quali quello finlandese, quello britannico e, infine, proprio quello italiano. In Finlandia il processo decisionale per la realizzazione di un nuovo impianto nucleare implica sei successivi stadi, che vanno dalla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per la costruzione ed esercizio dell’impianto al rilascio di una licenza di esercizio da parte del Governo. Nel caso dell’impianto EPR di Olkiluoto 3, l’iter è iniziato nel 1998 con il lancio della VIA da parte delle utility interessate (a quel tempo erano ancora in ballo due possibili siti), ha attraversato il suo culmine con l’approvazione della nuova centrale da parte del Governo finlandese nel maggio del 2002 (la licenza alla costruzione è stata poi rilasciata nel 2005) e si concluderà nel 2011-2012 con la messa in funzione dell’impianto: complessivamente 13-14 anni, ma l’impianto sconta il fatto di essere il First-of-a-Kind, cioè il primo impianto EPR mai costruito al mondo. Il governo britannico, ad inizio 2008, ha annunciato la costruzione di 8 centrali nucleari di III Generazione, fra cui l’EPR già più volte menzionato. Il target di EDF è di mettere in rete il primo impianto EPR britannico nel 2017-2018. Infine, il nuovo programma nucleare italiano avviato con l’approvazione della legge 99 del 23 luglio 2009 riguardante “Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” e con il relativo Decreto attuativo dell’art. 25 della medesima legge approvato nel 2010, prevede la messa in rete della prima centrale nucleare di III generazione all’orizzonte del 2020.

Si può definire "sicura" una centrale nucleare?

Certamente sì, se comparata con altre attività umane, in particolare con la produzione di energia da altre fonti. Considerando l’intero ciclo di ogni fonte energetica (ciclo del combustibile, fabbricazione dei componenti e del sistema, esercizio, decommissioning) autorevoli studi internazionali hanno dimostrato che l’energia nucleare si posiziona tra quelle meno pericolose, anche nei confronti delle rinnovabili, sempre a parità di energia prodotta. Un indice significativo della sicurezza è il rischio di incidente e le conseguenti fatalità. La figura seguente, elaborata dalla Nuclear Energy Agency sulla base di dati dell’ENSAD - Energy-related Severe Accident Database del Paul Scherrer Institute Svizzero, fornisce le fatalità, espresse in morti per GWe per anno, in vari tipi di impianti per la produzione di energia, installati in paesi OECD e non-OECD, nel periodo 1969-2000. Come si può vedere, le fatalità dovute ad incidenti in impianti nucleari (ultima voce in basso nella figura) sono di gran lunga inferiori a quelle dovute alla produzione di energia da qualsiasi altro tipo di impianto.

Xostantinou
00mercoledì 8 giugno 2011 13:56
SVILUPPO DI METODOLOGIE PROBABILISTICHE PER L'ANALISI DI AFFIDABILITA' DEI SISTEMI DI SICUREZZA PASSIVI DI IMPIANTI NUCLEARI

Intervista a Luciano Burgazzi, ricercatore dell'Unità FPN-FISNUC, premio "Eccellenze ENEA 2008"



Il “nucleare sostenibile”, che assicuri la minimizzazione della quantità di scorie, della loro radio tossicità e un elevato grado di sicurezza degli impianti, è l’obiettivo su cui sono impegnati ricercatori di tutto il mondo. Nel nostro Paese il mantenimento della cultura e delle competenze nel settore nucleare è affidato a ENEA, responsabile del presidio scientifico e tecnologico nazionale.
Nell’ambito della ricerca condotta in ENEA sull’intera filiera nucleare, gli studi di Luciano Burgazzi si sono concentrati sull’analisi di affidabilità dei nuovi sistemi di sicurezza previsti nei reattori nucleari di prossima generazione, mettendo a punto delle metodologie in grado di verificare, già in fase progettuale, il grado di sicurezza che tali sistemi possono garantire, anche nelle più severe condizioni incidentali. La rilevanza scientifica dei suoi lavori è stata riconosciuta a livello internazionale e premiata nell’ambito di “E2- Eccellenze ENEA 2008”.
Trovare soluzioni per elevare il grado di sicurezza dei reattori nucleari è uno degli scopi fondamentali su cui è attualmente impegnata la ricerca internazionale. Burgazzi, ci parli delle caratteristiche di questi nuovi reattori e in particolare di come vengono affrontati i problemi relativi alla sicurezza.
I reattori attualmente in esercizio sono i cosiddetti reattori di seconda generazione con qualche esemplare di terza generazione (ABWR ad esempio), ma sono già allo stadio industriale gli impianti di terza generazione avanzata, (EPR ed AP1000 ad esempio), molto più efficienti dei precedenti, poiché sfruttano meglio il combustibile, sono dotati di una vita più lunga (fino a 60 anni) e, soprattutto, utilizzano nuovi sistemi di “sicurezza intrinseca”, che non richiedono l’intervento dell’uomo, i cosiddetti “sistemi passivi”: in caso di malfunzionamento si attivano in modo automatico meccanismi di sicurezza che non richiedono l’intervento dell’uomo, perché sfruttano leggi fisiche come la gravità, lo scambio di calore tramite convezione e conduzione, la circolazione naturale dei fluidi. La loro affidabilità risulta pertanto superiore rispetto ai “sistemi attivi” impiegati nei precedenti reattori, i quali necessitano di energia per essere avviati e dell’intervento immediato degli operatori.
I sistemi di sicurezza passivi vengono adottati in particolare per il raffreddamento di emergenza del “nocciolo” (la parte del reattore dove brucia il combustibile) e per la rimozione del calore residuo prodotto. Nei reattori AP1000 e ESBWR, in caso di indisponibilità dei sistemi di refrigerazione normali, è prevista la presenza di un circuito nel quale il fluido caldo si muove per circolazione naturale, in grado di funzionare senza pompe o altri apparati che richiedano energia elettrica o idraulica, e costituito da uno scambiatore di calore collegato al sistema di refrigerazione primario e posizionato in una piscina interna di raffreddamento.
Nel 2000, un gruppo di Paesi (Argentina, Brasile, Canada, Francia, Giappone, Sud Africa, Corea del Sud, Stati Uniti, Gran Bretagna e Svizzera, a cui si è aggiunta in seguito l’Unione Europea) ha dato vita al IV Generation Forum, un comitato di esperti incaricati di individuare le tecnologie per i reattori di quarta generazione, che rispondessero ai seguenti requisiti: semplicità e economia di gestione, elevata sicurezza, produzione di una minima quantità di scorie, elevata resistenza alla proliferazione e possibilità di essere impiegati non solo per generare energia elettrica, ma anche per produrre acqua dolce dall’acqua del mare e per estrarre idrogeno dall’acqua, processi che richiedono temperature più elevate rispetto a quelle raggiunte dagli attuali reattori.
Le tecnologie nucleari più promettenti scelte dagli esperti del IV Generation Forum includono l’impiego di metalli liquidi (sodio e piombo), gas (Elio ad alta temperatura), acqua (allo stato supercritico), sali fusi. Anche tutte queste tipologie di reattori prevedono l’implementazione dei sistemi passivi al fine della semplificazione del progetto e del miglioramento delle prestazioni, nonché dell’incremento della sicurezza. È importante sottolineare che si tratta di soluzioni molto innovative la cui messa a punto e disponibilità non avverrà comunque in tempi brevi.

Perché è importante l’utilizzo delle metodologie di analisi da lei proposte?

L’inclusione dei sistemi passivi nei progetti dei reattori di recente concezione ha richiesto che la loro valutazione in termini di affidabilità avvenisse nell’ambito dei relativi studi di sicurezza, prima dell’avvio del processo di industrializzazione.
Per tale motivo, negli anni recenti, vi è stato uno sforzo da parte di enti di ricerca, università, organismi di controllo ed organizzazioni internazionali per lo sviluppo di metodologie per l’analisi preventiva del grado di affidabilità dei sistemi di sicurezza passivi. Questo aspetto, unito alla mancanza di dati sperimentali e/o di esercizio relativi alle prestazioni di tali sistemi, soprattutto se si tratta di sistemi a circolazione naturale, ha stimolato la crescita di un nuovo filone di ricerca a livello internazionale.
Rispetto ai precedenti studi di affidabilità, che consideravano solo i malfunzionamenti meccanici e/o elettrici dei vari componenti di un sistema di sicurezza (per esempio di una pompa o di una valvola), con queste nuove metodologie è possibile analizzare le condizioni di stabilità dei principi fisici sui quali si basa il sistema passivo previsto dal progetto. Viene affrontata, cioè, la mancata risposta del sistema causata dal venir meno, o dal degrado, dei requisiti che assicurano tale stabilità.
Questo comporta essenzialmente l’identificazione delle possibili cause che possano compromettere il funzionamento atteso da parte del sistema e la valutazione, in termini probabilistici, dell’attitudine del sistema a fronteggiare tali fattori di rischio.

Quali sono stati i riscontri da parte della comunità scientifica?

Le metodologie concepite e sviluppate in ENEA, in maniera completamente autonoma, hanno avuto ampi riconoscimenti a livello internazionale e sono state oggetto di numerose pubblicazioni su autorevoli riviste internazionali del settore (es. Science Direct e Nuclear Technology).
Esse vengono utilizzate per progettare e realizzare sistemi di sicurezza passivi sempre più affidabili e l’ENEA è diventato un punto di riferimento per quanto riguarda l’analisi di affidabilità di questi sistemi.

Ci parli della sua attività di ricercatore.

La mia attività di ricercatore è concentrata soprattutto sull’analisi di rischio e di sicurezza di impianti complessi come gli impianti nucleari, dove trova maggiormente applicazione il PSA (Probabilistic Safety Assessment). In particolare ho avuto l’incarico di eseguire analisi di sicurezza e di affidabilità sia di impianti nucleari di potenza che di impianti sperimentali non di potenza. In tale ambito ha trovato spazio anche lo sviluppo di metodi innovativi che trovano applicazione nella analisi di sicurezza con l’approccio probabilistico: questo ha riguardato, oltre ai metodi per la valutazione della affidabilità dei sistemi passivi altri aspetti, come ad esempio, l’inclusione degli effetti di invecchiamento nei modelli di affidabilità dei componenti.
Vorrei sottolineare che l’interazione continua e lo scambio di conoscenze con la comunità scientifica nazionale e internazionale impegnata su queste tematiche, sono stati elementi indispensabili per il conseguimento dei risultati. Mi riferisco ai centri di ricerca italiani, Università di Pisa e Politecnico di Milano, al CEA francese e ai gruppi di lavoro internazionali di organismi come l’OECD e IAEA, di cui faccio parte.

Ci dica, infine, quando saremo in grado di produrre energia con i reattori di nuova generazione?

L’operazione commerciale dei reattori di terza generazione avanzata (tipo EPR ed AP1000) è prevista intorno agli anni 2010-2013. Invece l’orizzonte temporale per la costruzione dei reattori di quarta generazione si sposta verso il 2030-2040.



LA QUALIFICAZIONE DI SISTEMI E COMPONENTI IN AMBITO NUCLEARE

Intervista alla Dott.ssa Stefania Baccaro, Direttore Impianto di irraggiamento Calliope di ENEA

1) In cosa consiste il processo di qualificazione nucleare?

Il processo di qualificazione nucleare è uno dei principi cardine della progettazione e della realizzazione delle centrali nucleari e consiste nel sottoporre tutti i sistemi, i componenti e le strutture rilevanti ai fini della sicurezza nucleare, ad un complesso sistema di prove sperimentali. Le prove vengono effettuate, alle specifiche condizioni ambientali dovute ad un incidente o ad un rischio esterno, per verificare che i componenti continuino a svolgere con la massima affidabilità, le funzioni per le quali sono stati progettati, in modo da mantenere sotto controllo la centrale in qualunque condizione.

2) Quali sono le procedure da seguire per il processo di qualificazione?

Il processo di qualificazione nucleare è regolato da norme internazionali che prescrivono procedure dettagliate alle quali sottoporre i componenti e sistemi. Il metodo con minor margine di incertezza è costituito dalle prove di tipo. La sequenza delle prove previste per la qualificazione nucleare prevede, dopo l’acquisizione dei dati di base attraverso una strumentazione di misura, prove di invecchiamento (si riproducono gli effetti provocati da agenti fisici) e prove incidentali (simulazione di sisma, caduta d’aereo e incidente base di progetto).

3) In che modo i laboratori e le strutture ENEA supportano l’industria italiana nel difficile processo di qualificazione nucleare?

I laboratori e gli impianti per le qualifiche nucleari già operanti presso i Centri di Ricerca ENEA, alcuni unici in Italia e tra i pochi in Europa, sono in grado di fornire alle imprese interessate a partecipare alla realizzazione delle centrali nucleari molte delle qualifiche previste dalle normative, allineandole agli standard internazionali. In particolare, presso il Centro Ricerche ENEA della Casaccia (Roma), sono concentrati, in un unico sito, un complesso di importanti laboratori ed infrastrutture sperimentali di prova.

4) In quali laboratori e impianti si realizzano le prove?

Le prove vengono effettuate nel Laboratorio di Prove Dinamiche ed Ambientali, nel Laboratorio di Compatibilità Elettromagnetica, nell’Impianto di Irraggiamento Gamma “Calliope” e nell’Impianto “Vapore” .
Nel Laboratorio di Prove Dinamiche ed Ambientali si effettuano prove termiche, sismiche, per la qualifica a vibrazioni e di caduta e urti secondo le normative nazionali ed internazionali vigenti. Nel laboratorio per la qualifica sismica, le prove su tavola vibrante sono di fondamentale importanza per comprendere il comportamento dinamico delle strutture reali sotto l’azione dei carichi sismici, consentendo anche la validazione dei modelli numerici, fornendo i valori degli smorzamenti, delle frequenze critiche e dei principali modi di vibrare della struttura. Il laboratorio è dotato di due tavole vibranti, tra le più grandi d’Europa, a 6 gradi di libertà. Gli impianti per la qualifica a vibrazione consistono in Shaker elettrodinamici per verificare la sicurezza a fronte delle sollecitazioni vibratorie previste durante l’esercizio in condizioni normali e anomale. Presso il laboratorio possono inoltre essere effettuate prove di caduta ed urti per la qualifica di componenti e sistemi per applicazioni industriali e nucleari, per il trasporto ferroviario e per l’industria aerospaziale.
Laboratorio di Compatibilità Elettromagnetica è dotato di una camera semianecoica per misure di compatibilità elettromagnetica ad una distanza di 3 metri dalla sorgente di radiazione, nella gamma di frequenze comprese tra 10 kHz e 18 GHz. La strumentazione e gli impianti in dotazione consentono l’esecuzione di misure di emissione radiata e condotta, di immunità radiata e condotta e di compatibilità elettromagnetica (EMC/EMI), in conformità alle norme civili, militari ed avioniche. Le infrastrutture sperimentali del laboratorio vengono utilizzate anche per misure di caratterizzazione elettromagnetica di materiali e di antenne.
L’Impianto di Irraggiamento Gamma “Calliope” è utilizzato per attività di ricerca e servizio. Le principali applicazioni riguardano l’irraggiamento di materiali, componenti e sistemi per qualifiche in condizioni che riproducono l’ambiente radioattivo ostile nel quale i dispositivi si troveranno a lavorare, come impianti nucleari, acceleratori di particelle e applicazioni spaziali. Le prove, effettuate secondo le normative nazionali ed internazionali vigenti, sono corredate da certificazione relativa. Annessi all’impianto, sono presenti laboratori altamente specializzati per la determinazione degli effetti pre - e post-irraggiamento, mediante caratterizzazione delle proprietà chimico-fisiche dei materiali e componenti.
L’impianto “Vapore” consente di effettuare prove termo meccaniche e fluidodinamiche su componenti e sistemi di impianti nucleari e convenzionali. L’impianto è costituito da un pressurizzatore per impianti nucleari che funge da generatore di vapore e serbatoio di accumulo. Alimenta, con portate regolabili di vapore saturo o acqua satura, componenti e sistemi tipici dei circuiti primari e secondari di impianti nucleari e di impianti convenzionali, riproducendo le sollecitazioni di processo e le condizioni ambientali necessarie per la qualifica funzionale delle apparecchiature in prova.
Xostantinou
00giovedì 9 giugno 2011 16:28
UN NUOVO RESOCONTO DAL GIAPPONE
Perchè da nuclearista per niente convinto voto NO al referendum…
giovedì 9 giugno 2011



Io non so se il nucleare sia o meno una fonte di energia conveniente i termini economici. Trovo che sia un dibattito per specialisti e persone che hanno studiato la questione. Il punto è che ritengo con buona cognizione di causa che una condizione analoga alla mia la si possa trovare nella stragrande maggioranza delle persone che accorreranno al seggio ad esprimere in modo netto il loro SI, in virtù di un unica, particolarmente sentita argomentazione: “il nucleare è pericoloso”.

Io ritengo, e passerò il resto dell’articolo ad argomentarne il perchè, che la produzione di energia nucleare non sia più pericolosa rispetto a molte altre fonti di energie, e comunque non sufficientemente pericolosa da generare questo plebiscitario impeto a votare per cancellarne l’utilizzo. Mi sento pertanto titolato a votare NO senza una completa conoscenza dei pro e dei contro altri dal tema sicurezza, per compensare almeno uno degli innumerevoli voti a favore parimenti privi di tale conoscenza. Fair enough, direbbero gli inglesi.

Presenterò dunque alcune delle osservazioni che mi hanno indotto a considerare esagerato ed allarmistico il comportamento della stragrande maggioranza dei miei concittadini a riguardo del tema nucleare.



Roma è (sempre stata) più radioattiva di Tokyo

Il dubbio lo coltivo come scelta da una vita, e dunque ne ho anche sul nucleare. L’incidente alla centrale giapponese di Fukushima ha stratificato però, le mie certezze su un punto: del nucleare si ha una paura irrazionalmente eccessiva.

Prova ne è il fatto che in tantissimi ritengono e hanno ritenuto pericolosa o pericolossima la permanenza o la visita temporanea nella città di Tokyo, a più di 250 km di distanza dalla sorgente delle radiazioni. Ebbene, Tokyo non era e non è pericolosa, tanto che Roma per tutta la durata della crisi, fatte salve alcune ore del 15/3, ha registrato una radioattività nell’aria di molto superiore (0,25 microSv/h contro 0,05-0,10 microSv/h). In questi due ultimi mesi, se avete vissuto a Tokyo, avrete assorbito circa 0,35 mSv in meno che se fossi stati a Roma.

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In tutte le prefetture del Giappone, escluse alcune aree di quella di Fukushima, ovvero la zona di esclusione di 20 km attorno alla centrale ed alcune localizzate aree fuori da questo perimetro, la radioattività nell’aria è assolutamente innocua per la salute, con valori tutti sotto agli 0,10 microSv/h (a Roma va sempre peggio).

Cibo e acqua: raramente illegali, mai nocivi

Una volta assicuratomi, numeri alla mano, che l’aria del Giappone non era poi cosi pericolosa come appariva dall’Italia, ho iniziato a interessarmi delle allarmanti notizie che giungevano di falde acquifere contaminate dalle radiazioni e cibo di terra e di mare potenzialmente nocivo.

Scopro così che nei controlli sul cibo effettuati periodicamente dal governo giapponese, e prontamente riferiti nei semiquotidiani aggiornamenti sul sito dell’agenzia atomica internazionale (AIEA), solo una percentuale del 5-10% dei prodotti esaminati presentava valori di contaminazione superiori ai limiti legali. Controlli sul cibo prodotto, attenzione, non commercializzato, stanti le restrizioni in essere in gran parte delle zone colpite.

Mi sono dunque posto la domanda: “e ti pare poco?mangiala tu l’insalata radioattiva sfuggita per caso a controlli e restrizioni”. Ho trovato la mia risposta nella definizione dei limiti legali. Che sono fissati assumendo che ci sia un consumo continuativo di ogni determinato prodotto per un periodo di un anno. Ok, puoi essere sfigato una volta, due, 5, 10. Non 100, o 200, o 365.

E l’acqua? I numeri chiave, definiti analogamente, sono 300 Bq/L per lo iodio e 200 Bq/L per il cesio, le uniche particelle radioattive rilasciate nelle fughe dalla centrale. Cercateli in questa tabella relativa all’acqua di Tokyo, per capire quanto siamo lontani da qualunque ragionevole rischio. E lo saremmo anche se i valori registrati fossero 10 o 100 volte maggiori.


Fukushima: la paura fa più male delle radiazioni

Ok, nessun rischio a lungo termine da cibo e acqua, e nemmeno dall’aria, almeno al di fuori da zona di esclusione e qualche sfigata località un pò più lontana. Ma quelli che stavano in queste aree? Che ne sarà di loro? E gli eroi di Fukushima 50, la task force di operai Tepco che i media hanno consacrato essere composta da sole 50 persone, possibilmente destinate a morte certa, rimasta per giorni da sola a combattere per stabilizzare la centrale?

Iniziamo dai primi. Si tratta di 170000 persone che vivevano entro il raggio di 20 km dalla centrale e che sono state tutte evacuate da quest’area entro due giorni dal disastro. Le uniche notizie che ho reperito scorrendo la voce di wikipedia sul disastro, parlano di una decina di persone contaminate, una delle quali per circa 0,04 Sv. Per quanto riguarda i lavoratori alla centrale, al 14 Aprile (ma è estremamente verosimile che le cose siano rimaste tali essendo state interrotte da tempo le fughe radioattive), in 28 risultavano avera assunto dosi superiori a 0,1 Sv, soglia legale in vigore al momento del disastro per i lavoratori della centrale. Nessuno di essi superava però gli 0,25 Sv, il nuovo limite legale imposto dal governo per permettere alla Tepco di operare nella legalità nelle nuove condizioni.

Come si vede da questa tabella, nessuna di queste dosi risulta essere tuttavia in grado di provocare alcune effetto diretto sulla salute, come l’avvelenamento da radiazione che ha ucciso molti dei 65 morti direttamente attribuibili al disastro di Cernobyl, in Ucraina.

Direttamente, perchè, com’è noto, assorbire determinate dosi di radiazioni può aumentare il rischio di contrarre tumori di varia natura. Determinate dosi, ma quanto determinate? Fondamentalmente nessuno lo sa con certezza. C’è chi dice che la soglia sia 0,1 Sv, c’è chi dice che basta vivere accanto a una centrale nucleare per accrescere il rischio di leucemia, e c’è chi lo smentisce, dopo attenta analisi…

Molta incertezza e alcuni capisaldi. Meno ne assorbi meglio è. In dieci anni, se vivi a Roma, ne assorbi poco meno di 0,03 Sv, quindi ragionevolmente, non ha senso preoccuparsi sotto gli 0,03 Sv, una preoccupazione moderata fino a 0,1 Sv, crescente sopra questa soglia.

Con questi numeri in mente, scopriamo che per effetto delle radiazioni, ma grazie alla pronta evacuazione e alle misure di sicurezza, nessuno è morto per gli effetti diretti, mentre per quelli indiretti una trentina di persone potrebbero avere leggermente accresciuto il rischio di tumori.

Morti sicuri e quantificabili sono invece stati prodotti dalla paura delle radiazioni, manifestatasi nella forma di un’evacuazione d’emergenza approssimativa e inutilmente caotica, di un ospedale nella cittadina di Futaba, nei pressi della centrale. Là, abbandonati dal personale in fuga, costretti nell’evacuazione a innumerevoli peripezie per la chiusura di strade intorno alla centrale, sono morti 45 pazienti, per lo più anziani, morti per fuggire da un modesto aumento della probabilità di contrarre un tumore un giorno…



Fukushima e Cernobyl: un confronto istruttivo

A questo punto della storia, ogni volta che da giornali e amici, veniva innalzata l’icona di morte di Cernobyl per esaltare la portata del disastro nucleare giapponese, una certa perplessità aveva iniziato ad assalirmi.

Cosi’, dopo aver precisato che anche se gli è stato assegnato lo stesso, massimo, livello di impatto, a Cernobyl, e non a Fukushima, è esploso un reattore nucleare disperdendo nello stesso istante, e non diluendole nel tempo, una quantità di radiazioni che a Cernobyl è stata circa 10 volte maggiore di Fukushima, la cui area circostante è stata evacuata in due giorni, rispetto a un mese complessivo per quella di Cernobyl, si può passare alla lettura istruttiva della voce di wikipedia sul disastro di Cernobyl.

Prima di farlo, fate nella vostra testa una stima del numero di vittime indirettamente (tumori sviluppati negli anni successivi all’incidente) causate dall’esplosione.

Alle 65 vittime dirette, tutte facenti parte dei soccoritori delle prime ore, vanno dunque aggiunti un numero imprecisato di vittime. Quante? E’ un eufemismo dire che lo si sappia con certezza.



4000 morti, molti dei quali ancora vivi

Il rapporto Onu, prodotto dopo 20 anni di studio, nel 2005, parla di “di 6000 casi di tumore alla tiroide”, “molto probabilmente da attribuirsi all’esposizione alle radiazioni”. E per la quasi totalità curati, stante un tasso di guarigione di oltre il 90% per questo tipo di tumore. Circa 500 morti per colpa di Cernobyl dunque? Non è così semplice. Perchè sebbene il rapporto dica esplicitamente che

“escludendo questo incremento, non vi è evidenza di ulteriore impatto per la salute pubblica attribuibile all’esposizione di radiazioni due decenni dopo l’incidente. Non vi è evidenza scientifica di un incremento di incidenza di tumori né del tasso di mortalità né nell’insorgenza di patologie che potrebbero essere collegate all’esposizione alle radiazioni”;

“pur tuttavia stima in aggiuntive 4.000 morti presunte in eccesso per leucemie e tumori su un arco di 80 anni, morti che non è stato né sarà possibile rivelare epidemiologicamente, distinguere statisticamente rispetto a fluttuazioni casuali.” 4000 morti in 80 anni, a 25 anni dall’incidente, fanno 4000 morti, la maggior parte dei quali ancora vivi…

Ovviamente non c’è solo il rapporto Onu, e su Cernobyl sono circolate negli anni stime e controstime che vanno dal raddoppio di quelle dell’Onu fino ai 30-60mila morti, sempre stimati su epoche bibliche, prodotto dai Verdi al parlamento europeo. Sull’estremo versante del catastrofismo, Greenpeace, che ha parlato, senza crederci nemmeno troppo, di circa 6 milioni di morti.

E’ con questi numeri in mente, che quel furbacchione di Beppe Grillo ha partorito una trovata geniale, asserendo sicuro: “il picco di mortalità deve ancora esserci“. Quella della sua onestà intellettuale, era evidentemente già sopraggiunta.



Percezione, narrazione, realtà

E però. La percezione comune del problema, quella che porterà una valanga di cittadini informati e consapevoli a depositare nell’urna le schede del terzo quesito con una croce sul SI, è e rimane profondamente diversa da quella che ho provato a rappresentare.

Parte può forse essere dovuta alla valanga di inesattezze, sensazionalismo spicciolo, descrizioni approssimative, vere e proprie topiche, quando non proprio menzogne consapevoli finalizzate a vendere la propria merce editoriale reclamizzando fini del mondo prossime venture. Per fortuna in Giappone non c’erano solo gli inviati di Repubblica, ma anche tanti italiani sensati, e l’onnipresente e benedetta Report, che ha raccontato una storia diversa di quello che è accaduto in Giappone.

Non per questo possiamo esimerci dal menzionare il muro della vergogna del giornalismo mondiale, una raccolta prodotta in Giappone delle peggiori perle del terrorismo mediatico che ha alimentato la paura atomica. Corriere della Sera e Repubblica, col pessimo inviato Giampaolo Visetti, hanno fatto la parte del leone.



Conclusione: il rischio, la paura e la razionalità

Arrivato alla fine delle evidenze raccolte, rimangono alcune, pacate, banali, considerazioni.

- Nessuna attività umana è esente da rischi, neppure l’estrazione di energia da reazioni di fissione nucleare.

- Non tutti i rischi sono uguali, alcuni sono più concreti, altri lo sono meno. Il rischio per l’utilizzo di energia nucleare lo è meno di tantissimi altri, a partire dall’utilizzo di altre forme di energie come il petrolio, causa di inquinamento e guerre.

- La paura è del tutto inutile a compiere scelte razionali, delle quali si nutre la nostra civiltà, la capacità della nostra specie di scegliere per il meglio sulla base di ciò che è meglio, per quanto se ne sa, nei limiti delle proprie capacità di analisi.

- Un terremoto del 9 grado della scala Richter è un evento raro. Un onda di Tsunami alta 15 metri è un evento rarissimo. Queste due sciagure hanno ucciso 30000 persone e spazzato via interi villaggi. Il disastro alla centrale di Fukushima non ha avuto conseguenze minimamente comparabili, grazie al funzionamento delle misure di sicurezza e alla non disastrosità intrinseca di un rilascio di una certa quantità di radiazioni.



Andrea Pisauro, contaminato da piccolo…
Xostantinou
00mercoledì 15 giugno 2011 19:40
Nucleare, sotto la Lanterna è già nata la quarta generazione
di Andrea Macco

«Con il piombo-bismuto pronti a costruire centrali fin da ora»

Centrali Nucleari di quarta generazione tra 10, 20 o 30 anni? Assolutamente no, si parte subito. È stato firmato in questi giorni un accordo tra la Russia e la Del Fungo Giera Energia per la realizzazione del primo prototipo di centrale di Quarta Generazione raffreddata al piombo-bismuto. In cambio del progetto scientifico (coperto già da alcuni mesi da molti brevetti, elaborato dalla staff di Luciano Cinotti, ingegnere genovese) i russi apriranno i loro archivi segreti sulla tecnologia legata ai sistemi raffreddati al piombo sviluppata per i sottomarini. «Ora resta solo un dettaglio da definire - ha rivelato Luciano Cinotti dal Canada, dove si trova in questi giorni per una missione scientifica - quale sarà la potenza di questo primo reattore prototipo. Ma io credo che sarà già una potenza considerevole, tanto che pare limitato definirlo un semplice prototipo». Pare che l'accordo tra la società per cui lavora Cinotti, la Del Fungo Giera Energia (nata da soli 3 anni) e la società russa Nikiet (colosso esperto in produzione di turbine) preveda la realizzazione di 20 nuove centrali «Generation IV» a sostituzione di vecchi impianti sovietici. Ma su questo Cinotti si tiene cauto: «Il progetto mi sento di dire che è senz'altro fattibile, ma su quale sarà la richiesta e soprattutto su chi ordinerà le nostre centrali ancora non si sa molto: siamo aperti a tutti quelli che saranno interessati. A me interessa solo che il progetto funzioni bene».
C'è da fare un po' di chiarezza circa la tempistica di realizzazione delle Centrali di IV Generazione, centrali che - ricordiamo - sono caratterizzate dall'utilizzare anche Uranio 238 anziché il solo 235 (ovvero, scorte pressoché illimitate di carburante), dall'avere un reattore «veloce» (non viene cioè messa né grafite ne acqua per rallentare i neutroni che danno luogo alla fissione, ciò porta ad una efficienza di produzione superiore) e dal poter bruciare le scorie che esse stesse producono. Il punto saliente sta nel fatto che esistono differenti filiere di Centrali Nucleari. A differenziare i vari progetti non è tanto il principio di funzionamento del reattore, quanto il sistema di raffreddamento. Le centrali tradizionali (di terza generazione) sono infatti raffreddate ad acqua, le nuove invece utilizzeranno impianti a gas (progetto portato avanti in particolare dalla Cina) oppure a metalli-liquidi (progetto portato avanti dall'Europa e dagli Stati Uniti). Tra i metalli liquidi si distinguono a loro volta altre due filiere: quella del sodio e quella del piombo-bismuto. Fino ad oggi le principali risorse in termini di ricerca e sviluppo (così si orienta ad esempio la scelta della genovese Ansaldo Nucleare) sono state investire nel Sodio. In pochi hanno creduto al Piombo. Ma tra questi c'è Luciano Cinotti. «Mentre chi lavora al Sodio parla di poter realizzare la prima centrale non prima del 2020, noi siamo in grado di partire già ora. Se un anno fa ero ancora incerto sulla effettiva potenzialità di questa filiera, oggi assicuro la sua fattibilità. Infatti abbiamo abbattuto anche i costi».
E su questo punto Cinotti spiega le ragioni del successo: «Anziché mantenere soluzioni classiche, ne ho cercate di nuove, che mi hanno permesso di ridurre le dimensioni dell'impianto e, dunque, i tempi di sviluppo e realizzazione e, in definitiva, i costi. Ma sia chiaro, non è una gara a chi progetta la centrale migliore: di fronte alla crisi energetica che incombe ogni filiera dovrà dare il suo contributo».

www.ilgiornale.it/genova/nucleare_sotto_lanterna_e_gia_nata_quarta_generazione/28-05-2008/articolo-id=264895-page=0-co...



La Del Fungo Giera in pole per costruire un minireattore sperimentale di ultima concezione raffreddato al piombo - Ansaldo apre una contesa legale sulla titolarità dei brevetti e sulla violazione dei patti del consorzio europeo Elsy
di Federico Rendina

www.intesasanpaolo24.com/NR/exeres/D352D6A7-FD1F-46F8-96BE-1C5B667C...

Pronti allo sbarco nel nucleare russo per cercare il Rinascimento del nucleare italiano. La buona notizia è che a Mosca ci danno credito. Riconoscono persino i nostri primati tecnologici nel salto verso il nucleare di quarta generazione. E così le avances degli scienziati della Del Fungo Giera, piccola ma ben dotata new entry della ricerca sull'atomo (si veda Il Sole 24 Ore del 22 maggio), prendono le prime forme operative.
Le bozze dei patti esistono: un minireattore sperimentale di quarta generazione raffreddato al piombo dovrà dimostrare, entro un paio di anni, le virtù della nuova tecnologia: sicurezza intrinseca (tutto si spegne automaticamente se qualcosa non funziona) e un "ciclo" del combustibile in grado di risolvere un mare di problemi, visto che promette di usare come carburante perfino le scorie prodotte dai reattori di oggi.
Il closing del grande affare è vicino. Ma per concretizzarlo i russi vorranno fare un giro di orizzonte più vasto. Vorranno garanzie e impegni anche dalle nostre istituzioni, già negli incontri bilateriali del G-8 in Giappone. Ed ecco l'intoppo.
Al di là dell'intraprendenza della Del Fungo il nucleare italiano, annientato da vent'anni nelle sue strutture operative ma ancora ricco di scienza, si presenta all'appuntamento pericolosamente diviso. E l'affare rischia di andare a monte.
Il problema nasce proprio dalle virtù tecnologiche esibite ai russi dalla Del Fungo, grazie alla collaborazione di un genio indiscusso della materia: Luciano Cinotti, ex stratega della ricerca di Ansaldo Nucleare fino al 2005. Ma è proprio Ansaldo, la grande impresa italiana a controllo pubblico (Fimeccanica), ben dotata di storia e di strutture industriali, ad aver sollevato la questione.
Con un paio di lettere, che annunciano azioni legali, Ansaldo energia contesta alla Del Fungo Giera una serie di illeciti. Su due fronti. Il primo: la titolarità dei brevetti e esibiti dalla Del Fungo, proprio quelli che hanno convinto i russi ad aprire un corposo credito all'azienda italiana. Il secondo: la violazione dei patti alla base del consorzio europeo Elsy (European Lead Cooled System), il programma di ricerca sui reattori di quarta generazione raffreddati al piombo (esattamente quel che si propone la nascente joint in Russia) al quale entrambe le imprese italiane partecipano con un ruolo di primo piano.
«I patti del consorzio Elsy – afferma Giuseppe Zampini, amministratore delegato di Ansaldo Energia – prevedono la partecipazione congiunta agli accordi internazionali sia sul fronte della ricerca sia nelle attività industriali, con regole e vincoli molto precisi sulla condivisione e divulgazione delle informazioni relative all'attività del consorzio». Quanto ai brevetti depositati dalla Del Fungo sulla base delle scoperte delle ricerche scientifiche di Luciano Cinotti, Zampini lancia un altolà: «abbiamo tutti i motivi per credere che quei brevetti siano attribuibili all'attività svolta in Ansaldo. In questo caso la proprietà intellettuale sarebbe a tutti gli effetti nostra».
«Azioni legali? Vadano pure avanti. Siamo convinti della nostra correttezza e totale buona fede. La verità – incalza Domenico Libro, amministratore delegato di Del Fungo Giera Energia – è che quei brevetti derivano dalle attività di ricerca sul nucleare di quarta generazione che Ansaldo non ha permesso all'ingegner Cinotti di finalizzare. Attività sulle quali noi abbiamo creduto e sulle quali abbiamo investito. Se Ansaldo crede di poter dimostrare di aver subito un danno vada pure in tribunale. Ma se sarà invece dimostrato un danno ad una società che ha messo in piedi contratti multimiliardari dovrà subirne le conseguenze». I legali sono al lavoro.
Dietro la vicenda, al di là della contesa sui brevetti, c'è una profonda differenza di interessi e di strategia. Ansaldo Energia è una grande struttura industriale, che continua ben lavorare nel nucleare all'estero ma che ha perso la sua testa migliore. Del Fungo Giera Energia non ha una struttura industriale specifica (il gruppo nasce e si sviluppa nel trasporto ferroviario) e punta tutto su un manipolo di scienziati capitanati da un uomo, Cinotti, il cui valore scientifico è apertamente riconosciuto. Un genio («capace di ingegnerizzare i sogni dei fisici» dicono all'Enea) che i capitani della Del Fungo sono riusciti ad affiancare ad un luminare della fisica nucleare, Elio Calligarich.
Priorità assoluta alla ricerca e alla sperimentazione sulla quarta generazione? Grande impegno a riattivare anche in Italia il nucleare di terza generazione come quello delle centrali Epr in costruzione in Francia e in Finlandia? il nodo sta qui. Un nodo scientifico. Ma anche, e forse soprattutto, una questione di interesse economico e industriale. Ansaldo non vede l'ora di riattivare le sue strutture produttive sul nucleare italiano. E conta molto, moltissimo, sulla promessa di un rapido rinascimento dell'atomo formulata dal Governo in carica. «Operazione essenziale alla ricerca sul nucleare di quarta generazione, che rimane effettivamente l'obiettivo da perseguire con decisione, anche se la meta si colloca in un orizzonte di decenni e non certo di anni. Ecco perché senza la terza generazione, laboratorio indispensabile, la quarta si allontana. E così avremo perso anche il nuovo treno» incalza Zampini.
«Nessun ostacolo. Men che mai da parte nostra. Ma guai a negare la realtà dei fatti: la costruzione in tempi brevi di centrali nucleari con l'attuale tecnologia si presenta impervia dal punto di vista della accettabilità sociale e non meno impervia dal punto di vista finanziario, mentre il vero rinascimento nucleare italiano è proprio nel nostro potenziale sulla quarta generazione, di assoluta avanguardia mondiale» afferma Domenico Libro. Tempi operativi? «Lasciateci fare l'accordo in Russia e in qualche anno dimostreremo che il nuovo nucleare non è un sogno così lontano» azzarda Libro.




ECONOMIA
Nucleare/ Cinotti (Del Fungo Giera Energia): Nessun contrasto atomo- fonti rinnovabili
Lunedí 27.11.2006 09:23

affaritaliani.libero.it/economia/nuclearerinnovabili_p...

L'Italia dipende per l'86% del suo fabbisogno energetico dall'estero. I combustibili fossili diventano sempre più costosi e difficili da procurare nell'attuale contesto internazionale.Ogni tanto torna d'attualità l'opzione nucleare,archiviata alla fine degli anni '80, sull'onda emotiva seguita all'incidente di Chernobyl e dopo il referendum del 1987.

L'opposizione alla costruzione di centrali atomiche è molto forte nell'opinione pubblica, tanto che i primi a non credere al ritorno del nucleare nel nostro paese sono proprio gli esperti italiani che lavorano all'estero ai progetti di sviluppo di queste tecnologie. Al di là delle posizioni su questo tema, alcuni elementi colpiscono l'osservatore: l'assoluta avversione della gente anche a quasi tutte le altre soluzioni, ipotizzate a breve e lungo termine per fronteggiare il problema energetico, una scarsa propensione al risparmio di elettricità, peraltro poco incoraggiata dallo Stato e l'assenza di misure incisive per promuovere le fonti rinnovabili.

Inoltre se davvero, come sostengono molti imprenditori, l'Italia paga la bolletta più alta d'Europa e il caro tariffe penalizza le nostre aziende perché la Confindustria non fa una battaglia più decisa per il nucleare? Montezemolo & C non ritengono l'atomo un’alternativa realmente credibile al petrolio o a viale dell'Astronomia non c'è accordo sulle scelte energetiche?
Per contribuire al dibattito pubblico su questi temi, abbiamo intervistato il professor Domenico Coiro del Dipartimento di Progettazione Aeronautica dell'Università Federico II di Napoli (vedi box), sulle prospettive dell'energia ricavata dalle correnti marine.E abbiamo chiesto a Luciano Cinotti, Ingegnere Nucleare di Del Fungo Giera Energia cosa farebbe se domani cadessero i vincoli che impediscono il ritorno dell'atomo in Italia.

La risposta di Cinotti è stata: procedere con cautela alla ricerca di un nucleare da fissione con impianti più moderni, senza nessun pregiudizio nei confronti delle energie rinnovabili. Anzi, visto che il nucleare non ritornerà prima del 2020-2025, una crescita delle fonti alternative è auspicabile per ridurre la dipendenza dal petrolio. Il vero avversario delle rinnovabili non è l'atomo: Germania, Usa e Giappone investono molto sulle nuove forme di energia, ma si garantiscono larga parte della loro produzione col nucleare e col carbone. Solo così possono permettersi di finanziare il fotovoltaico che oggi costa circa 10 volte di più delle fonti tradizionali. E la fusione nucleare? "Siamo ancora molto lontani e non è affatto detto che sia più sicura.", taglia corto Cinotti.

L'intervista

Ingegner Cinotti, quanto nucleare serve all'Italia?
"20 centrali per raggiungere il 50% di produzione di origine nucleare, lasciando poi spazio all'idroelettrico, alle fonti rinnovabili e al gas soprattutto per i periodi in cui si registrano i picchi di richiesta energetica."

Dove costruiamo queste 20 centrali ?
"Si tratterebbe, grossomodo, di localizzare 4-5 siti. Normalmente negli impianti le centrali si concentrano a gruppi di 2-4, i francesi sono arrivati persino a sei per sito. Un reattore ha bisogno di essere raffreddato e normalmente questa operazione richiede la presenza di acqua. Quindi la scelta del sito ricade su posti vicino al mare o localizzati in prossimità di grandi fiumi."

L'Italia però è un paese a forte vocazione turistica, s'immagina le proteste, magari strumentali, con slogan tipo "no alle centrali sulle spiagge"?
"Dell'acqua si potrebbe anche fare a meno,utilizzando per il raffreddamento un condensatore a secco. In questo caso l'impianto diventa più costoso. Utilizzando un'altra soluzione, la torre di raffreddamento, che consuma meno acqua, si può collocare una centrale vicino a laghi o fiumi di grandezza più modesta. La scelta potrebbe anche cadere su di una piccola isola dalla quale potremmo trasportare l'elettricità via cavo."

Ma lei ci vivrebbe vicino a una centrale?
"Se si tratta di centrale nucleare sì, perché gli standard di sicurezza sono molto rigidi.Davanti ad altri tipi di impianti , avrei qualche preoccupazione in più. Le centrali a carbone addirittura non sono neppure esenti da rilasci radioattivi."

Quanto costa il ritorno al nucleare?
"Circa 2 miliardi di euro a impianto, rilanciare il nucleare con 20 centrali costa quanto una Finanziaria: 40 miliardi."

E chi è disposto a metterci i soldi?
"Con questo investimento avremmo il 50% del fabbisogno nazionale di energia elettrica a prezzi di produzione bassissimi per 60 anni. E, secondo me, i privati sarebbero interessati a finanziare questa spesa, visto il costo della bolletta energetica."

Quali sono le difficoltà principali di carattere tecnico-organizzativo da affrontare in caso di ritorno all'atomo?
"Oggi manca un ente di controllo ben attrezzato come era in passato per cui è difficile gestire un grande programma basato sul nucleare.
Il problema è forse ovviabile attraverso una cooperazione con gli altri paesi UE, facendosi sostenere anche da autorità di sicurezza europee. Oggi bisogna cercare di sviluppare i piani energetici in un contesto europeo. Ma c'è un'altra difficoltà."

Quale?
"Le attuali centrali sono di vecchia concezione: gli impianti oggi in funzione sono per lo più reattori di generazione 2, progettati cioè 30-40 anni fa.
Solo ora si iniziano a costruire centrali di generazione 3, ma in molti casi questi reattori sono presenti solo a livello di progetto e la loro realizzazione inizierà solo tra alcuni anni. Io lavoro alla generazione 4.
In prospettiva, dovendo ipoteticamente rilanciare il programma nucleare italiano, sarebbe interessante aspettare che entrino in funzione nuovi impianti dotati di diverse soluzioni tecnologiche e poi valutare quale sia la strada migliore da seguire."

Quanto tempo si dovrebbe attendere?
"Sarebbe opportuno aspettare 5-6 anni prima di iniziare la costruzione delle centrali.
Certo, si potrebbe anche scommettere su una soluzione tecnologica e iniziare fin da oggi la realizzazione degli impianti. Ma, tenuto conto del contesto italiano, sarebbe corretto avere un po' di cautela. Tra 10 anni potremmo avere la prima centrale e poi, scaglionate, una o due all'anno. Del resto i francesi ne hanno inaugurate anche 5-6 all'anno."

Possiamo azzardare una data in cui l'Italia potrebbe essere un paese nucleare?
"In base al programma che ho indicato, intorno al 2020.
Per raggiungere questo obbiettivo ci vuole però una presa di coscienza e delle decisioni a livello nazionale che siano indipendenti dal naturale avvicendamento dei governi. Servono delle condizioni di stabilità e certezza che permettano agli investitori di gestire una tecnologia di per sé vantaggiosa, ma impraticabile senza tali condizioni. Indipendentemente dall’aspetto nazionale, l’industria ha l’interesse a valorizzare le proprie risorse nel contesto
internazionale, come peraltro sta già facendo."



La centrale sicura esiste già
di Francesco Ruggeri da l'altrogiornale.com

La centrale nucleare sicura esiste già. Un prototipo da 300 megawatt dell'impianto tanto atteso dall'umanità, quello di quarta generazione che elimina per sempre il pericolo di incidenti e disinnesca il problema delle scorie, è perfettamente in funzione da 6000 ore, oltre otto mesi, in uno stabilimento in Russia. E sta raggiungendo la sua massima efficacia di utilizzo grazie alla tecnologia di una ditta milanese. Il cui amministratore delegato, Domenico Libro, nell'attesa di un secondo impianto firmato a quattro mani con lo stato russo, garantisce chiavi in mano per il 2014 il primo reattore commerciale di questo tipo sul mercato globale: tra poco più di cinque anni.

Sottolineando che si autofinanzia col mero risparmio sullo smaltimento delle scorie. E che l'Italia potrebbe entrare a pieno titolo nel gruppo dei Paesi che ne controllano il combustibile. Senza contare l'addio anticipato alle proteste del popolo no-nuke, rinfocolate dagli eventi di Fukushima. Ma alla task force del nostro governo, impegnata a rilanciare il piano nazionale per le centrali atomiche, di tutto questo ne sanno qualcosa? Bisogna ammetterlo. Noi italiani proprio non ci sappiamo vendere. In un Paese normale, di fronte alla notizia del secolo -ossia la creazione, col nostro fondamentale contributo, della cornucopia che soddisfa praticamente senza rischi la fame di energia- i grandi media dovrebbero dispiegare aperture a iosa e titoli a nove colonne. Se non altro per comunicare al resto del mondo lo storico passo in avanti.

Ma probabilmente questa storia la leggerete solo qui. Anche perchè agli altri mezzi d'informazione è sfuggita sotto il naso, o come si dice l'hanno bucata. Qualche giorno fa, su un paio di testate per addetti ai lavori, è infatti apparso l'annuncio di una joint-venture tra l'azienda italiana Del Fungo Giera Energia e l'Enea di zar Putin, Rusatom o Nikièt. Sembrava però si trattasse dei soliti studi molto futuribili, e un po'velleitari, sulla possibile sperimentazione di alcune metodiche nel nucleare civile di ultima generazione. I test non dovevano cominciare prima di diversi mesi, e per un eventuale abbozzo di reattore ci sarebbero comunque voluti anni. E invece un impianto pilota autofertilizzante raffreddato al solo piombo c'era già, e ha effettuato ad oggi l'equivalente di 250 giorni di prove pratiche. Dimostrando dal vero la piena operatività del progetto.

Adesso addirittura migliorata dalle soluzioni degli scienziati italiani, validate da Rus Euratom. Nel frattempo in Italia si è continuato a parlare di centrali sicure come di una chimera. Quasi roba da fantascienza, attesa per il 2030. Il ministro Scajola, appena pochi giorni fa, ha affermato che avremmo dovuto accontentarci della tecnologia di terza generazione, ancora imperfetta, sviluppata in Francia e negli Usa. In quanto, a suo dire, "le centrali di quarta generazione sono solo degli studi, e gli esperti garantiscono che non potranno essere realizzate prima del 2100". Che vi sia un difetto di comunicazione è evidente. Forse chi ci stava lavorando non voleva farsi troppa pubblicità per non avvantaggiare la concorrenza. Eppure alla Del Fungo non hanno certo agito di nascosto. Lo staff a cui si devono i geniali brevetti, che stanno facendo compiere un salto qualitativo ai prototipi russi, è guidato dall'ex ricercatore capo di Ansaldo Nucleare, l'ingegner Luciano Cinotti, insieme al collega Elio Calligarich. Come dire il fior fiore della ricerca nazionale.

Il progetto faceva parte del pacchetto dei 100 presentati da tutto il continente all'apposito bando indetto dall'Euratom nel 2001. Una gara in cui Cinotti e la Del Fungo hanno non a caso prevalso. Ecco perchè i russi, pur maestri assoluti nella gestione dell'atomo, li hanno chiamati a perfezionare una tecnica di base nata con i sommergibili nucleari dell'ex Urss. Quindi elaborata da Nikièt negli ultimissimi anni con una prima serie di reattori al piombo-bismuto, i Brest. Il confronto col nuovo modello (al piombo senza bismuto) è tuttavia improponible. Merito anche e soprattutto dei brevetti italiani, che ne ottimizzano l'efficacia. Il rivoluzionario raffreddamento del reattore col piombo liquido impedisce a priori qualunque rischio di incendio, esplosione, effetto vuoto e di boiling, e mette al riparo dai malfunzionamenti dei precedenti sistemi di sicurezza. Il piombo infatti non brucia a contatto con l'aria e non esplode con l'acqua. Al contrario del sodio con cui si raffredderanno le nuove centrali francesi e americane, caldeggiate da Enel ed Enea. Inoltre le scorie prodotte sono riutilizzate dal reattore stesso. Scompare così la necessità di smaltire e/o stivare e riconvertire enormi quantità di rifiuti radioattivi. Restano i semplici prodotti di fissione, con un rapporto di uno a cento rispetto ad ora e tempi infinitamente più brevi di decadimento (100-300 anni), rispetto ai 100.000 anni canonici. Mentre uranio, piuttosto che plutonio e attinidi minori (nettunio, americio, curio), vengono riciclati automaticamente nel ciclo combustibile. La loro natura autofertilizzante, sommata all'assenza di acqua e grafite, consente a questi reattori una straordinaria velocità, con un utilizzo della materia prima di 100 volte superiore.

Calano dunque in maniera drastica i costi di gestione e realizzazione, anche in virtù del minore spazio richiesto dall'impianto (meno della metà rispetto a oggi), e della possibilità di utilizzare anche l'uranio 238, con scorte praticamente illimitate rispetto al 235. L'abbandono delle tradizionali tecniche di arricchimento dell'uranio o di recupero del plutonio, mette per giunta al riparo da eventuali reimpieghi a fini militari. La sperimentazione e la produzione degli apparati del nuovo reattore russo-italiano prendono le mosse dalla gigantesca fabbrica Izbrskie Zavody, dove lavorano 60.000 persone. L'area, come spesso accade in Russia, viene difesa con protocolli militari top secret. Ma al nostro Ministero dell'istruzione e a quello dell'università (nonchè all'Enea), dello sviluppo di una tecnologia al piombo con l'apporto di Cinotti e soci non dovrebbero essere all'oscuro. Dato che in quel settore specifico, i tre enti citati hanno financo stabilito un accordo di programma proprio con la Del Fungo.

Se ancora sino a un anno fa il prof.Cinotti si dichiarava incerto sugli esiti finali della pionieristica filiera al piombo, oggi può finalmente proclamarsi "certo della sua fattibilità". La Del Fungo Giera ha sede a Milano in via Durini, a un civico di distanza dal quartier generale dell'Inter. Una telefonata non costa nulla, ma a volte può cambiare la storia (energetica) di un intero Paese.



Il reattore nucleare rivoluzionario di Luciano Cinotti

Una centrale nucleare che si autoalimenta con le proprie scorie, una fabbrica segreta a San Pietroburgo e uno scienziato irrintraciabile.

Gli ingredienti della spy story energetica che potrebbe farci dire addio al vecchio atomo - Giappone, cos'è successo finora 31 marzo 2011 di Emanuele Perugini Uno scienziato italiano in fuga, una società che da Milano si trasferisce prima a Mosca, poi a Londra e infine a New York, un sito web non aggiornato, una fabbrica militare top secret alle porte di San Pietroburgo e, infine, un reattore nucleare che potrebbe rappresentare la svolta ai fabbisogni energetici delle grandi potenze industriali.
A questi ingredienti manca solo una spia cinese, e poi il cocktail del giallo internazionale con accenti fantascientifici è servito.
A dirla tutta, la storia del reattore nucleare di quarta generazione sembra più una fiction, a metà strada tra Alias e Simon Templar, dove al posto della fusione fredda c’è un reattore che è capace di autoalimentarsi bruciando i suoi stessi residui radioattivi e al posto della macchina di Rambaldi c’è però la macchina di Cinotti.
Già, perché tutta la storia parte proprio da questo nome: Luciano Cinotti.
Non si tratta di un personaggio a metà strada tra Leonardo e il Conte di Cagliostro, ma di un solidissimo ingegnere nucleare che ha sulle spalle anni di ricerche con l’ Ansaldo di Genova e una borsa piena di brevetti in un particolare settore della tecnologia nucleare, quella cioè dei reattori di quarta generazione raffreddati a piombo fuso. Perché la storia del nucleare di quarta generazione non è fiction, ma una solida realtà che siamo in grado di raccontare. Il reattore infatti esisterebbe e avrebbe alle sue spalle almeno un paio di anni di attività e sarebbero in corso le prove di collaudo in Germania. Ma tutto è circondato dal più stretto riserbo e dalla discrezione, alimentando intorno a questo progetto un alone di mistero.
La storia di Luciano Cinotti e quella di Elio Calligarich, fisico dell’ Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, si sono intrecciate qualche anno fa con quella di Domenico Libro, amministratore delegato di una società, la Del Fungo Giera Energia, che aveva già avviato una serie di collaborazioni con il mondo della ricerca nel settore del nucleare. Cinotti a quel tempo era a capo della sezione nucleare di Ansaldo Energia che a sua volta era capofila per lo sviluppo di un progetto di ricerca su un particolare tipo di reattore veloce raffreddato a piombo fuso. Proprio nell’ambito di quelle ricerche, Cinotti ha acquisito una serie di brevetti e di conoscenze che lo hanno fatto diventare, molto probabilmente, il più importante scienziato al mondo su questo particolare tipo di reattore.
Per la verità queste tecnologie non sono del tutto nuove. I reattori veloci raffreddati a piombo sono un vecchio gioiello della marina militare russa. Proprio questi erano i reattori che alimentavano i sommergibili d’assalto della marina russa, quelli che per intenderci davano la caccia in pieno oceano Atlantico al colosso Ottobre Rosso. Navi formidabili che grazie a questi reattori della potenza di 155 Megawatt raggiungevano in immersione anche i 44 nodi di velocità.
Il problema era che si trattava di macchine piccole, che andavano bene per i sommergibili, ma non per le grandi centrali elettriche. I russi però hanno anche continuato a non si sono fermati sullo sviluppo di questa filiera tecnologica e di reattori superveloci, loro li chiamano “ fast breeder reactor”, ne hanno realizzati almeno due: uno sulle rive del Caspio, che oltre a produrre elettricità viene usato per alimentare un potente dissalatore e un altro sugli Urali, a Beloyarsk. Si tratta di impianti con potenza maggiore, ma che ancora devono essere sviluppati per poter concorrere sul mercato internazionale.
Anche in Occidente si conosce già la tecnologia dei reattori superveloci. Solo che invece del piombo fuso, quelli occidentali usavano sodio. Un esempio è il reattore francese Super Phénix.
Che l’industria nucleare russa stia puntando su questa tecnologia non è un mistero. “ I nostri fast breeder reactor – ci aveva raccontato due anni fa a Roma Evgenii Velnichov, uno dei massimi esperti nucleari russi, quello che, per intenderci, al tempo di Chernobyl, coordinò gli interventi di messa in sicurezza della centrale e ora lavora allo sviluppo di Iter, il reattore a fusione nucleare – sono la risposta alle vostre esigenze di sviluppo. Sono sicuri, sono più economici e soprattutto sono puliti”. Perché, invece di produrre scorie, le bruciano e anzi si autoalimentano proprio eliminando quelle scorie che nei normali reattori a fissione rappresentano il principale problema di gestione.
Ai russi però mancava ancora qualcosa per poter definitivamente lanciarsi sul mercato internazionale. Da un lato servivano le conoscenze occidentali in materia di protocolli di sicurezza e dall’altro serviva semplificare il progetto del loro reattore troppo complesso per poter essere esportato chiavi in mano. Ecco che allora sono arrivati Luciano Cinotti e Domenico Libro. Che hanno portato in dote i brevetti tanto cercati dai russi. Proprio nel momento in cui, era il 2008, il governo italiano aveva appena dichiarato di voler tornare al nucleare e di aver stabilito un’alleanza di ferro con la Russia, Cinotti e Libro hanno chiuso un accordo con la russa Nikiet (un'agenzia equivalente al nostro Enea) per la realizzazione del nuovo reattore nucleare di quarta generazione. Per mesi abbiamo cercato Libro e lo stesso Cinotti al telefono e abbiamo anche strappato la promessa all’amministratore delegato di portarci in Russia per vedere e toccare con mano il prototipo del reattore, anche se prima occorreva farsi dare i permessi dalle autorità militari russe.
“ Il reattore funziona - disse Libro nel 2009 - e ha più di ottomila ore di attività”. Il cantiere dove sarebbe stato realizzato potrebbe essere quello della grande fabbrica di Izorsky Zavod alle porte di San Pietroburgo, una fabbrica storica della marina militare russa in cui sono stati costruiti i reattori destinati ai sommergibili della Flotta del Nord. Da allora però le tracce dei due si sono perse nel mistero fitto della taiga russa.
Fino a Natale scorso, quando, accidentalmente nel corso di una cena, un giovane ricercatore italiano (ennesimo cervello in fuga) ci racconta la sua storia e ci spiega che ora lavora in Germania, presso un importante centro di ricerca dove le industrie di tutto il mondo portano i loro reat! tori nucleari (o meglio alcune loro parti) per essere collaudate. Così chiacchierando tra un fritto di pesce e un vermentino, ecco che spunta di nuovo fuori il nome di Cinotti e del suo reattore rivoluzionario. " Posso scrivere un articolo?", chiedo al giovane ricercatore. “ No assolutamente no, anzi io non ti ho detto niente”, ci racconta, assicurandosi che eventualmente non avremmo mai citato neanche il nome del centro tedesco che fa questo tipo di lavoro. Intanto però il reattore di Cinotti è tornato alla luce dopo oltre due anni di oblio. Sul sito della Del Fungo Giera Energia le notizie sono davvero scarne. E i russi hanno annunciato che il loro nuovo fast breeder reactor sarà pronto nel 2014. Forse per saperne di più dovremo aspettare altri tre anni.



Se la cosa vi ha incuriosito, leggete questo PDF:
www.mi.infn.it/~alimonti/press/docs/Pres_Cinotti.pdf
Xostantinou
00mercoledì 20 luglio 2011 18:50
Xostantinou
00martedì 16 agosto 2011 22:25
Le falsità sul nucleare
di Carlo Cerofolini

ragionpolitica.it
venerdì 14 gennaio 2011

Spesso quando si assiste a convegni o si leggono libri sull'energia, ci si rende conto che, più o meno direttamente, l'obbiettivo finale che hanno è quello di demonizzare il nucleare a prescindere e di magnificare le fonti rinnovabili e soprattutto il fotovoltaico (Fv). Questo però non prima di aver preso a demolire il sistema di sviluppo legato al libero mercato che viene accusato sia di creare disastri immani al nostro Pianeta, sia di essere responsabile della crisi economica attuale, guerre e fame nel mondo comprese. Crisi economica che comunque, spesso, viene considerata come benvenuta, perché finalmente permette di smascherare la menzogna legata ad un consumismo senza limiti, non più sostenibile e che irrimediabilmente ci porterà alla rovina, e quindi così potremo ravvederci (sic). Dopo di che si entra nello specifico dell'argomento e si fanno una serie di affermazioni (temerarie) di questo tipo:

-I referendum del 1987 hanno sancito che gli italiani non vogliono l'energia nucleare.
-Le riserve di combustibile nucleare sono scarse e quindi il nucleare avrà vita breve.
-Le scorie nucleari sono un grave problema irrisolto.
-Dopo l'incidente di Chernobyl del 1986 si è capito che il nucleare non è sicuro.
-L'Italia non possiede le competenze per il ritorno al nucleare.
-La costruzione delle centrali nucleari nel mondo è pressoché bloccata.
-Produrre energia dal nucleare non è conveniente ed il futuro è nel fotovoltaico.

Il bello è che tutte queste roboanti affermazioni non rispondono a verità nella maniera più assoluta, infatti nell'ordine:

1. I referendum del 1987 hanno detto no al nucleare in Italia - Falso!
Gli italiani approvarono nel 1987 solo questi tre punti:
Abrogazione dei contributi di compensazione agli enti locali per la presenza sul proprio territorio di centrali nucleari o a carbone.
Abrogazione dell'intervento statale se il Comune non concede un sito per la costruzione di una centrale nucleare.
Esclusione della possibilità per Enel di partecipare alla costruzione di centrali nucleari all'estero.
Dunque, all'atto pratico, con le tre domande si chiedeva di cancellare solo alcune disposizioni di legge concepite per rendere più facili e rapidi gli insediamenti energetici e nient'altro e quindi non esiste alcun impedimento per il ritorno al nucleare. Il fatto poi che in Italia si sia rinunciato al nucleare nel 1987 - per di più fermando e poi decommissionando due centrali perfettamente funzionanti (Caorso da 860 MWe e Trino Vercellese da 260 MWe) e demolendone un'altra completata per l'80% (Montalto di Castro da 980 MWe) - fu solo una sciagurata decisione politica, non certamente dovuta ai referendum sul nucleare, che niente aveva a vedere con gli interessi nazionali (anzi), perché quest'uscita ci è finora globalmente costata presumibilmente circa 150 miliardi. A proposito della centrale nucleare di Caorso (PC) Giuseppe Recchi, Presidente e a.d. di General Electric (Ge) Sud Europa, in un'intervista, rilasciata a Luca Iezzi su La Repubblica del 21/04/10, ha affermato che l'impianto di Caorso potrebbe essere rimesso in funzione in tempi abbastanza brevi, entro il 2014, con metà spesa (2 miliardi) e metà tempo (2 anni) rispetto a quanto previsto e programmato in Italia riguardo alle future centrali nucleari. Questo però solo se verrà interrotto il decommissionamento in atto di Caorso - che, oltre tutto, costerà altri 500 milioni di euro nelle future bollette - in modo da poter operare sulle strutture esistenti, visto che i lavori di decommissionamento compiuti finora non hanno pregiudicato la possibilità di un ammodernamento della centrale, che potrebbe garantire circa 900 MWe. Inoltre, da studi fatti, risulta che da un punto di vista tecnico la rimessa in funzione di Caorso è ancora fattibile, considerato che attualmente esistono 40 reattori nel mondo dello stesso modello Ge ancora operanti e che detta centrale - che fu completata nel 1978 e fu chiusa definitivamente nel 1990, dopo aver funzionato solo dal 1981 al 1986 - è la più giovane rispetto alla quasi totalità delle centrali attive attualmente negli Stati Uniti. Infine nel rimettere in funzione Caorso - impianto di seconda generazione - si possono applicare senza problemi le tecnologie più avanzate di sicurezza, ecc., tipiche della terza generazione avanzata, così come è stato e viene fatto in molti altri paesi (cfr. Google: riattivare caorso)

2. Scarsità di combustibile nucleare - Falso!
Fra combustibile fissile (Uranio = U-235) e fertile (U-238 e Torio = Th-232) che colpito, con opportune tecnologie, da neutroni diventa fissile (Plutonio = Pu-239 e U-233) le riserve stimate bastano per almeno i prossimi 10.000 anni (cfr. 1 p. 79-84). Se poi consideriamo che l'Uranio può già ora essere recuperato dall'acqua di mare - a costi sostenibili (circa 300-600 $ Usa a Kg) con resine a scambio ionico - che ne contiene 0,003 ppm per un totale di 4 miliardi di tonnellate, e che viene (ri)portato con continuità negli oceani dall'erosione delle coste e dall'apporto dei fiumi, ben si capisce come il combustibile nucleare può essere considerato inesauribile e quindi l'energia nucleare in definitiva è una fonte rinnovabile a tutti gli effetti (cfr. 4 p. 59-60).

3. Le scorie nucleari sono un problema irrisolto - Falso!
In alternativa ai validi e sicuri sistemi di trattamento e confinamento, attualmente usati per le scorie nucleari (cfr. 1 p. 104-108; 4 p. 86-88; 6), va detto che queste consistono per il 95% di uranio (U-238 elemento fertile naturale di partenza, scarsamente radioattivo) e per l'1% da plutonio altamente radioattivo e «longevo», ed entrambi, se opportunamente riciclati, sono perfettamente utilizzabili come combustibile e così ottenere pure energia in reattori a ciclo chiuso (cfr. 1 p. 105-106). Il restante 4% è la componente energeticamente inutilizzabile: ma il 3,5% contiene nuclidi che o sono stabili o dimezzano la loro attività ogni 24 ore, mentre lo 0,4% contiene nuclidi che dimezzano la propria attività in meno di 10 anni. Alla fine, del combustibile spento rimane meno dello 0,1% (principalmente Stronzio = Sr-90 e Cesio = Cs-137), che dimezza la propria attività in circa 30 anni. In definitiva, riciclando uranio e plutonio, queste scorie non riutilizzabili devono essere controllate per soli 100-200 anni - senza problemi - e non centinaia di migliaia di anni. Oppure le scorie nucleari - che hanno alta radioattività e lunghissimi tempi di decadimento - possono essere eliminate quasi totalmente concentrandole in barre da introdurre in una macchina costruita appositamente allo scopo che produce un flusso di protoni ad alta energia (progetto Rubbia), in modo da venire trasformate in scorie che hanno tempi di decadimento di solo qualche centinaio di anni (cfr. 4 p. 83-86). Inoltre se l'energia elettrica che ognuno di noi consuma fosse tutta da fonte nucleare, le scorie già vetrificate annualmente prodotte dal singolo occuperebbero un volume molto modesto, pari cioè a quello di una lattina di birra (cfr. 3 p. 102). Infine va detto che il nucleare si prende cura dei suoi rifiuti più e meglio di come nessuna altra attività umana fa ed in modo assolutamente rispettoso dell'ambiente (cfr. 1 p. 114).

4. Dopo l'incidente di Chernobyl si è capito che il nucleare non è sicuro - Falso!
Per quanto riguarda il grave incidente avvenuto nell'ex Urss nel 1986 alla centrale nucleare di Chernobyl, va detto che questo non è figlio dell'energia nucleare, ma è figlio legittimo del comunismo. Questo disastro è, infatti, potuto accadere sia per la completa mancanza della cultura della sicurezza e dell'individuo - che non c'era e non c'è nei paesi comunisti - sia per l'assenza di un decente livello di organizzazione dell'impresa e delle attività industriali, che anzi era caratterizzato da un'impressionante sciatteria e da un disimpegno personale collettivo. (cfr. 6 p. 86-87). E comunque nessuna di queste pericolose e obsolete centrali RBMK - che producono pure Plutonio per usi militari, che hanno il moderatore a grafite, che si può incendiare, come per altro è avvenuto a Chernobyl, che non hanno doppie pareti di contenimento dell'intera struttura, necessarie per impedire fughe radioattive verso l'esterno, ecc. - è in funzione nel mondo occidentale, tant'è che un incidente simile mai e poi mai da noi sarebbe potuto capitare. Inoltre, considerato che ora siamo già alla terza generazione avanzata di centrali nucleari, molto più sicure di quelle già sicure che avevamo in funzione in Italia oltre 20 fa, nessun pericolo degno di nota può derivare da questa tecnologia. A proposito della sicurezza ed incidenti legati all'energia, va detto che dal 1989 al 2005 - considerando solo i 50 incidenti più gravi nel mondo - i morti sono stati 12.000, mentre i decessi per il nucleare civile, in oltre 50 anni di attività, sono stati inferiori a 65 e quasi tutti proprio a causa dell'incidente di Chernobyl. Questo a dimostrazione che la fonte nucleare è in assoluto il sistema più sicuro conosciuto che c'è per produrre energia elettrica. (cfr. 1 p. 122-125).

5. In Italia mancano le competenze per il ritorno al nucleare - Falso!
Non è vero che le competenze siano andate disperse: le competenze ci sono tuttora perché i nostri tecnici nucleari (oltre 1.500) impediti di farlo in Italia hanno continuato a lavorare all'estero, negli Usa, con il prestigioso Centro di Ricerca delle principali Società elettriche statunitensi, l'Epri di Palo Alto in California, in Francia, in Romania dove l'Ansaldo ha partecipato con l'Aeci canadese alla costruzione della centrale nucleare di Chernavoda e la Sogin per il riavvio della centrale armena di Medzamor. Inoltre vi sono sia Università e Politecnici (Roma, Milano, Pisa, Torino, ecc.) che laureano ingegneri nucleari di ottimo livello sia la Sogin - che gestisce gli impianti nucleari italiani dimessi ed il ciclo delle scorie radioattive - con tutti i suoi tecnici del settore. Infine le industrie italiane sono impegnate per migliorare la sicurezza delle centrali nucleari dell'Europa dell'Est e per mettere in sicurezza l'arsenale nucleare dell'ex Urss (cfr. 3 p. 106-107). Per quanto poi riguarda Enel, va detto che con 11 reattori in servizio in Spagna e Slovacchia, per Enel il nucleare non è certo una novità. Enel è anzi uno dei maggiori operatori europei del settore, con circa 5.500 MW in esercizio e 7.600 MW in sviluppo, con competenze in tutte le principali tecnologie. In particolare:
In Spagna, attraverso la controllata Endesa, gestisce sei reattori del tipo ad acqua in pressione (PWR) e uno del tipo ad acqua bollente (BWR) per un totale di circa 3.600 MW.
In Slovacchia, attraverso la controllata Slovenské Elektrárne, gestisce 4 unità di tipo VVER (la moderna versione ad acqua in pressione di progettazione russa), per un totale di quasi 1.900 MW. Sempre in Slovacchia sta realizzando due nuovi reattori presso la centrale di Mochovce.
In Francia partecipa alla realizzazione della centrale EPR da 1.600 MW a Flamanville e ancora in Francia parteciperà alla realizzazione del secondo EPR francese, prevista a partire dal 2012 sul sito di Penly. Tutte di terza generazione avanzata.
In Romania partecipa al progetto per il raddoppio della centrale di Cernavoda.
In Russia, è impegnata con la società di Stato Rosatom allo sviluppo congiunto di nuove centrali.
In pochi anni quindi Enel ha saputo ricostruire all'estero la cultura e l'esperienza nucleare di cui l'Italia è stata a lungo antesignana e colpevolmente bloccata in questa tecnologia da già menzionate decisioni politiche del 1987. Tant'è che oggi sono più di 3.800 gli specialisti di Enel impegnati nell'esercizio quotidiano di centrali nucleari, oltre a 150 ingegneri specializzati nella progettazione e realizzazione dei nuovi impianti. E così anche lo scambio di competenze e know-how tecnologico è assicurato grazie alla presenza nelle attività di ingegneria e sui vari siti di numerosi tecnici del settore (cfr. Google: enel attività nucleare, ecc.).

6. La costruzione delle centrali nucleari nel mondo è pressoché bloccata - Falso!
Non è vero che non si stanno costruendo centrali nucleari, oltre le due europee (Francia e Finlandia), infatti ben 56 sono in costruzione nel mondo e 134 sono in fase di progettazione (cfr. 4 p. 171). Anche in Svizzera si è deciso di costruire altre due centrali nucleari, in aggiunta alle cinque esistenti, per arrivare ad averne una ogni milione di abitanti, in modo da raggiungere una sufficiente indipendenza energetica. Il fatto poi che, in particolare, dal 1990 ci sia stato quasi un blocco della loro costruzione è dovuto essenzialmente a tre ragioni:
la feroce oscurantista opposizione operata dagli ambientalisti, specie dopo l'incidente di Chernobyl del 1986 nell'ex Urss che, è bene ricordare, fu figlio legittimo solo del comunismo e non del nucleare;
la via via aumentata efficienza o fattore di carico di dette centrali, che è passata dal 50% al 90%, tant'è che le solite 450 centrali nucleari presenti nel mondo hanno aumentato la produzione di elettricità del 50% circa (cfr. 4 p. 47-49, 171);
il costo che ha subito, in crescendo, aumenti notevoli a partire dal 1979 - sulla spinta emotiva del modesto incidente occorso alla centrale nucleare di prima generazione di Trhee Mile Island negli Usa (sindrome cinese) e poi di quello molto più grave di Chernobyl - a causa di sempre più alte misure di sicurezza - note come ridondanza - che vengono richieste per la costruzione delle centrali nucleari stesse (cfr. 5 p. 65-71). Ridondanza che, è bene dire, non è mirata tanto ad elevare il livello di sicurezza, quanto ad aumentare la fiducia della gente e così convincerla della bontà delle soluzioni proposte (cfr. 6 p. 131).
Centrali nucleari che, come prima ricordato, ora (quelle in costruzione) sono di terza generazione avanzata e che, con la ridondanza richiesta, sono non sicure ma super sicure e quindi - è bene ripetere - non rappresentano alcun pericolo per i cittadini, che quindi possono dormire sonni molto tranquilli.

7. Produrre energia dal nucleare non è conveniente ed il futuro è nel Fotovoltaico - Falso!
Premesso che l'energia elettrica per essere adatta agli usi di cui abbiamo bisogno non deve avere neppure uno dei seguenti difetti: diffusa nello spazio, dispersa nel tempo, inaffidabile, intermittente e considerato che l'energia che si ricava dal sole - con il fotovoltaico (Fv) in prima posizione - ha tutti quanti questi quattro difetti, si può affermare che, in definitiva, è in-ser-vi-bi-le (cfr. 1 p. 37; 2 p. 130). Se ad esempio volessimo, con l'uso del Fv, produrre su base annua il 5% di elettricità (KWh) dovremmo installare prodotta da questa fonte ben circa 20.000 MWp (non sempre il sole c'è o splende) del costo, solo d'installazione, di 100 miliardi che in 20 anni - incentivato con il conto energia, pagato da tutti noi sulla voce A3 della bolletta elettrica - diverrebbero 250 miliardi, per poi avere un'energia aleatoria ed inaffidabile e quindi senza poter spengere neppure 1 MWe da fonte convenzionale per non rischiare di andare in black-out (cfr. 2 p. 109-110). Per ancora meglio rendere l'idea dello spreco di denaro che si ha con il Fv il KWh da nucleare costa alla produzione al massimo 4 cts. di euro - compreso il decommissionamento della centrale e la gestione dei rifiuti radioattivi - mentre quello da Fv costa almeno 55 cts. di euro (cfr. 4 p. 153-156; 3 p. 101). Per di più con soli 50 miliardi (il 20% appena dei 250 miliardi riferiti al Fv di cui sopra) si potrebbero costruire almeno 10 centrali nucleari da 1.500 MWe effettivi l'una e che contribuirebbero per ben oltre il 30% del nostro consumo di elettricità e così pure avere una sufficiente indipendenza e sicurezza energetica nazionale (cfr. 2 p. 130-131; 4 p. 154-157). Centrali nucleari che, oltre tutto, hanno un utilizzo di 60 anni, contro i 20 massimo 30 anni del Fv, e quindi così lo spreco legato al Fv come minimo raddoppia. Senza poi contare il fatto che smaltire specie alcuni tipi di pannelli Fv sarà fino a 10 volte più complesso ed oneroso che smaltire le scorie radioattive, che sono solo un problema politico non tecnico, come in precedenza ben evidenziato. Inoltre, è bene sapere, per chi ancora crede alla bufala che i gas serra antropici influenzino significativamente il clima (cfr. 1 p. 167-175; 3 p. 194-201; 4 p. 137-143; 7) , che i grammi di CO2 equivalenti a KWh prodotto per il nucleare sono 11 mentre per il Fv, se i pannelli sono prodotti nella Ue, sono 60 (oltre 5 volte il nucleare), se poi questi sono prodotti in Cina ed una buona parte lo sono - dove l'efficienza energetica è bassa e l'uso del carbone è massiccio - i grammi diventano oltre 400, al pari quindi di una centrale a gas a ciclo combinato (cfr. 4 p. 163). Infine è opportuno evidenziare che se il Fv fosse cosa buona, i cinesi, con la «fame» di energia che hanno, certamente non li venderebbero in grande quantità agli europei ma li userebbero loro.
Concludendo, si può dire che l'energia più pericolosa non è quella nucleare ma, oltre a quella che manca, è pure quella che viene pagata a caro prezzo. Chiedere in proposito informazioni al terzo mondo ed anche all'Italia, soprattutto per il costo, perché per quanto ci riguarda non siamo messi per niente bene, visto che, tra l'altro, importiamo dall'estero elettricità da nucleare per il 12% circa a prezzi maggiorati (il doppio del suo costo di produzione, e così alla Francia in 20 anni abbiamo pagato 20 centrali nucleari), e che paghiamo quella che adoperiamo fino dal 55% al 60% in più rispetto alla media Ue, nella fascia delle utenze maggiormente significative, con un aggravio di spesa valutato in, almeno, otto miliardi annui (cfr. 8), dato che per produrre elettricità usiamo soprattutto il costoso gas (55%), poco l'economico carbone (16%), niente nucleare (0%) e pure spenderemo a breve, con il conto energia, 50 miliardi in 20 anni solo per i previsti 3.000 MWp Fv, che produrranno, su base annua, appena lo 0,8% circa dell'elettricità che consumiamo (cfr. 2 p. 102-104; 4 p. 112). Per di più nella fornace verde di Kyoto e successive filiazioni (riduzione della CO2 antropica), dal 2013 al 2020 dovremmo incenerire almeno 15 miliardi di euro annui, soprattutto se saremo ancora senza nucleare. Tutto questo ovviamente comporta e comporterà grave danno per le famiglie e per la nostra economia. Non per nulla il prestigioso Istituto di Studi e Ricerche Economiche IMD (International Institute for Management Development) di Losanna, per tre anni consecutivi ha classificato il nostro Paese al 30° posto per competitività, alla pari di Grecia e Portogallo, e al 44° posto, su 49 Paesi censiti, per il «caro energia elettrica», con un prezzo dell'energia elettrica per usi industriali, tasse incluse, di 89 millesimi di dollaro Usa al chilowattora, in un campo di variazione compreso tra gli 11 e i 14,3 millesimi (cfr. 8). Stando così le cose è inutile poi lamentarsi se non ci sono le risorse per la ricerca, rilanciare l'economia, intervenire per sanare il dissesto idrogeologico del Paese (occorrono circa 70 miliardi) e quindi impedire frane ed alluvioni che - più volte l'anno ed in maniera ciclica - fanno ingenti danni, per di più con non poche vittime innocenti, ecc., perché se non imboccheremo rapidamente con decisione la via maestra del nucleare - che in Europa è la prima fonte di energia elettrica col il 35%, nei paesi OCSE è al 25% e nel mondo è al 16% (cfr. 3 p. 97-99) - mai usciremo da questo devastante cul de sac. Quindi è importante - anche per sconfiggere la sindrome Nimby - effettuare una massiccia informazione scientificamente corretta e capillare, non autogestita, che convinca le persone ad accettare una scelta razionale fra ciò che può anche non piacere ma che è valido e sicuro, come il nucleare, e ciò che viene presentato in modo accattivante come il futuro, ovvero l'energia ricavata dal sole, ma che, in realtà, porta a un fallimento energetico, economico e pure ecologico (cfr. 9 p. 269-270).

Bibliografia:
(1) Franco Battaglia Energia nucleare? Sì per favore... ed. 21° Secolo 2009
(2) Franco Battaglia L'illusione dell'energia dal sole ed. 21° Secolo 2007
(3) F. Battaglia - R.A. Ricci Verdi fuori rossi dentro - L'inganno ambientalista - ed. Libero-Free 2007
(4) Franco Casali Energia nucleare - Una scelta etica e indifferibile. E le scorie nucleari? - ed. Clueb 2010
(5) Piero Risoluti La paura del nucleare - Da dove viene, quanto costa - ed. Armando 2010
(6) Piero Risoluti I rifiuti nucleari - Sfida tecnologica o politica? - ed. Armando 2003
(7) S. Fred Singer La natura, non l'attività dell'uomo governa il clima ed. 21° Secolo 2008
(8) CIRN - www.giorgioprinzi.it/nucleare/domande/ricorrenti.htm (punto n. 10)
(9) Leonardo Maugeri Con tutta l'energia possibile ed. Sperling & Kupfer 2008
Xostantinou
00lunedì 5 settembre 2011 22:04
Xostantinou
00martedì 20 dicembre 2011 21:18
Cronistoria da più fonti dell’incidente di Fukushima

“Dedico questo lavoro ai giovani italiani, e in particolare a quelli che ancora s’impegnano, nonostante tutto, negli studi sull’energia nucleare pacifica, come i pochissimi (si contano ormai sulle dita di una mano) ingegneri nucleari che nelle residue università italiane ancora orgogliosamente si laureano ogni anno”. E’ quanto ci ha scritto Melo, un ingegnere frequentatore del blog, inviandoci la traduzione del più recente rapporto ufficiale che ricostruisce sulla base di più fonti, la dinamica dell’incidente di Fukushima. Quando Melo è incappato nel documento, grazie alla segnalazione di Alex un altro habitué del blog, ha deciso di tradurlo un po’ per sua conoscenza personale e un po’ per condividere con un pubblico italiano più ampio la cronistoria di quei 4 giorni cruciali. Lo ringraziamo per il suo apprezzato contributo nel quale, per cercare di comprendere e riferire al meglio in italiano, ha messo a frutto la sua esperienza di 28 anni di lavoro in una centrale termoelettrica (seppur non nucleare).

di Melo

A otto mesi dal grande terremoto-maremoto del Giappone del 11 marzo scorso, a WASHINGTON, DC, il Nuclear Energy Institute-NEI ha presentato un rapporto speciale sull’incidente all’impianto nucleare Fukushima Daiichi compilato dall’ Institute of Nuclear Power Operations- INPO, su notizie affidabili assunte dalle più importanti fonti Giapponesi e internazionali. Il rapporto dettagliato e ricco di riferimenti, è stato preparato come parte della risposta integrata agli eventi in Giappone, ed è stato consegnato a dirigenti delle industrie del settore, alla Nuclear Regulatory Commission e ai membri del Congresso degli USA.

Questo rapporto contiene diverse sezioni ed è strutturato in modo da poter essere letto è compreso agevolmente grazie a approfondimenti successivi, a numerosi disegni esplicativi e tabelle, e infine alla sequenza temporale d’eventi, molto dettagliata, di ciascuna delle unità in cui si è sviluppato l’incidente nucleare di Fukushima. In seguito al disastroso evento che ha causato, oltre a 16.000 vittime, 4.000 dispersi e 500.000 abitazioni distrutte, anche i danni ai tre reattori in servizio e la conseguente grave contaminazione radioattiva del territorio. La cronologia di quattro giorni è stata stilata per fornire una base comune dei fatti e informare l’industria e il governo statunitense per le contromisure derivanti dalle lezioni di Fukushima. Ha detto il vice presidente senior della NEI, Tony Pietrangelo: “L’industria dell’energia nucleare degli Stati Uniti s’impegna ad apprendere dall’esperienza giapponese e ad applicare gli insegnamenti per far si che gli impianti di energia nucleare negli Stati Uniti, siano ancora più sicuri; stiamo condividendo questo rapporto con il pubblico più ampio possibile, perché è importante che tutti si lavori sulla medesima serie di fatti nel determinare la risposta più adeguata”. “E’ di fondamentale importanza che impariamo da quest’evento e portiamo i nostri impianti a livelli ancora più elevati di sicurezza e di preparazione”. Le centrali nucleari statunitensi che operano in 31 stati producono il 20 per cento dell’elettricità degli Stati Uniti, con una combinazione unica di produzione 24h/7g, e sono leader del settore affidabilità, con emissioni di anidride carbonica pari a zero, e nella lotta contro l’inquinamento atmosferico.

Il rapporto non fornisce analisi, non trae conclusioni né include raccomandazioni sugli eventi. La maggior parte delle informazioni contenute nel rapporto era già stata rilasciata in precedenza, ma in modo frammentario. L’INPO®, un’organizzazione di settore la cui missione è quella di promuovere i più alti livelli di sicurezza in tutta l’industria nucleare degli Stati Uniti, ha lavorato a stretto contatto con Tokyo Electric Power Co., il gestore della centrale, per sviluppare la cronologia. Le informazioni sono state raccolte da più fonti, compreso il governo giapponese, l’Agenzia internazionale dell’energia atomica, e diverse organizzazioni giapponesi e di sicurezza nucleare.

L’industria dell’energia nucleare degli Stati Uniti ha stabilito un modello di leadership tra le grandi organizzazioni del settore elettrico, tra cui NEI, l’Electric Power Research Institute, i fornitori dei reattori e INPO®, per integrare e coordinare le risposte in atto nel settore nucleare all’incidente di Fukushima Daiichi.

“Questa cronologia non ci dice perché gli eventi si sono evoluti; per una completa analisi delle cause fondamentali probabilmente ci vorranno diversi mesi se non anni, per capire bene. Tuttavia, i fatti presentati in questa sequenza temporale servono a rafforzare le valutazioni indipendenti, dell’industria del settore e dell’NRC, sulla scelta delle priorità della nostra risposta”, conclude Pietrangelo.



Ecco la documentazione tradotta in italiano

www.slideshare.net/newcler/nei-special-report-fukushima-novem...
Xostantinou
00mercoledì 8 febbraio 2012 22:19
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