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Intervista con Andrea Frediani

Ultimo Aggiornamento: 28/11/2009 03:09
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27/11/2009 16:19
 
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link all'intervista originale su www.imperobizantino.it

Le grandi battaglie del Medioevo intervista con Andrea Frediani
di Nicola Bergamo

Titolo: Le grandi battaglie nel medioevo
Autore: Andrea Frediani
Editore: Newton & Compton
Pagine : 512
Isbn 88-541-0739-5
Link di riferimento: www.newtoncompton.com/index.php?lnk=101&ISBN=978-88-541-0739...
Costo: 19,90€

Scrivere un libro sul medioevo non è cosa semplice, soprattutto se viene trattata l’arte e la storia militare. Nell’alto medioevo, specialmente in Occidente, si scriveva poco e come dice Ravegnani in Bisanzio e Venezia, “e quel poco che si produce è spesso confuso e altrettanto di frequente mescola con disinvoltura il vero e il fantastico (1)”. Non è facile quindi poter completare un’opera così importante come quella che andremo ad analizzare, ossia Le grandi battaglie del Medioevo, pubblicato da Newton&Compton, ad opera di Andrea Frediani.
Il libro si presenta bene dal punto di vista grafico, è ben curato nei dettagli ed è arricchito dalle splendide illustrazioni in bianco e nero di Giorgio Albertini. L’opera è divisa per eventi storici che rendono la lettura più agevole e soprattutto più chiara. Non me ne vorrà il lettore se, essendo noi amanti del periodo bizantino, mi limito a recensire tale parte, essendo inoltre formata da un cospicuo numero di pagine.
La sezione dedicata a Bisanzio, è l’ultima ed è trattata in maniera completa, partendo dalla renovatio imperii di Giustiniano, fino alla caduta di Costantinopoli per mano turca nel 1453. Il capitolo dedicato all’impero dei romei si intitola Trionfi e disfatte di Bisanzio; si divide anch’esso in sottosezioni, l’epoca di Giustiniano, gli Arabi, l’apogeo dell’Impero, i Selgiuchidi, la caduta.
Nella prima parte viene descritta la battaglia di Guado Tadino, dove le truppe imperiali si impongono su quelle ostrogote riportando l’Italia nell’area di Costantinopoli. L’evento è descritto nei minimi particolari, la narrazione è fluida e arricchita con una mappa dello scontro. All’interno del capitolo possiamo trovare anche diversi approfondimenti che spiegano in maniera dettagliata gli ostrogoti (con un’ottima tavola di Giorgio Albertini) e la struttura dell’esercito di quel periodo (sempre accompagnato da un altro bel disegno dello stesso autore).
Nella seconda parte, quella dedicata all’invasione Araba, si legge della battaglia presso lo Yarmuk, avvenuta nel 636, dove l’impero perde le regioni orientali a favore della nuova potenza mussulmana. Anche in questo caso il racconto è chiaro e accompagnato da uno schema dello scontro e da un’altra tavola di Albertini. Proseguendo nella lettura troviamo la battaglia sulle mura di Costantinopoli tra il 717 e il 718 dove Frediani spiega la vittoria romea contro gli Arabi e l’utilizzo del fuoco greco, il quale è ampiamente descritto alla fine del paragrafo.
La terza parte è dedicata a quello che è considerato dall’Ostrogorsky “età dell’oro” e dal Norwich come “apogeo”, in cui Bisanzio esce dalla sua fase di trasformazione tardo imperiale per approdare a quella realtà più propriamente romea che gli permetterà una grande fase di espansione nell’area mediorientale. L’autore preferisce inserire solamente due battaglie, forse per il motivo già precedentemente spiegato, per le quali la carenza di fonti non permette una sinossi storica agevole e completa. Ossia, la disfatta di Pliska, dove l’imperatore Niceforo dopo aver saccheggiato la città viene ucciso dalle forze bulgare guidate dal temerario Khan Krum e la conquista di Creta ad opera di un altro Niceforo, Niceforo II Foca. Ambedue gli eventi sono trattati in maniera molto dettagliata, anche in questo caso appaiono le sezioni specifiche, gli schemi delle battaglie, e le tavole di Albertini.
Si giunge quindi alla quarta parte, intitolata “i Selgiuchidi”, nella quale vengono descritte le due grandi battaglie che secondo la storiografia ufficiale sono l’inizio della fine e lanciano l’impero verso la sua completa dipartita, parliamo della sconfitta di Manzikert nel 1071 e quella di Miriocefalo del 1176. Come per gli altri capitoli, anche questo segue la struttura del libro.
L’ultima parte è dedicata alle due cadute, ossia quella per mano cristiana nella quarta crociata del 1204 e quella definitiva per mano mussulmana del 1453.
L’autore conclude il libro proprio con la caduta di Costantinopoli che potrebbe rappresentare effettivamente il vero spartiacque tra medioevo e periodo moderno. L’impero romeo è infatti l’entità che più si è dimostrata longeva per tutto il periodo medievale e forse per questo rappresenta la stessa storia medievale. La caduta della sua capitale e la sua successiva fine, segnano in maniera indelebile l’avvento di una nuova era, che diverrà realtà pochi anni dopo con la scoperta delle Americhe, e il definitivo spostamento del baricentro, dalla ormai “vecchia” area mediterranea, alla “giovane” area atlantica.
Per concludere, il lavoro di Frediani è ammirevole, perché dalla sua penna esce un ottimo libro dove i punti di forza sono la scorrevolezza narrativa, l’abilità descrittiva, e la capacità di abbracciare un intero millennio di storia militare. I disegni di Giorgio Albertini coronano la ricerca storica che è stata fatta per ogni capitolo e lancia “le grandi battaglie del medioevo” verso un sicuro successo editoriale nel campo della divulgazione storica. Per il rovescio della medaglia, possiamo notare purtroppo, ancora l’uso di certa bibliografia ormai superata, soprattutto Gibbon, che vedeva in Bisanzio solamente uno strascico di romanità decadente e che lascia ancora un po’ “l’amaro in bocca”.

Note
1) G. RAVEGNANI, Bisanzio e Venezia, Il Mulino, Bologna, 2006, p. 11

Intervista

D: “Ci spieghi le ragioni che ti hanno spinto a scrivere questo libro?”

R: “Erano anni che l’editore me lo chiedeva, in realtà. Inoltre, sono laureato proprio in storia medievale, e pertanto era fatale che, prima o poi, arrivassi ad analizzare anche le battaglie del periodo medievale, dopo aver presentato quelle dell’età antica.”

D: “Hai avuto difficoltà a muoverti nell’universo delle fonti medievali?”

R: “Visto il mio corso di studi, dovrei essere del mestiere, diciamo così. Tuttavia, il Medioevo è una definizione talmente generica da comprendere uno svariato numero di secoli e di fronti; pertanto, anche di fonti. Se scrivi un libro su Roma, ti trovi ad avere a che fare con un gruppo relativamente ristretto di autori antichi, ampiamente sviscerati e tradotti anche in edizioni commerciali. Ma se si intende redigere un’opera completa sul Medioevo, allora si deve avere a che fare con fonti di ogni genere: arabe, turche, mongole, ispaniche, polacche, scandinave, inglesi, francesi, italiane…”

D: “Hai fatto la scelta di scrivere anche di Bisanzio, ci spieghi il motivo?”

R: “Veramente, io avrei voluto scrivere due volumi indivisibili, uno sull’occidente medievale, e uno sull’oriente. Ma a quanto pare si tratta di un formato non molto vendibile. L’impero bizantino, comunque, attraversa e contrassegna l’intero Medioevo, e lo considero un elemento imprescindibile in qualunque trattazione globale relativa all’età medievale. Senza Bisanzio, il volume sarebbe risultato zoppo…”

D: “Soffermandoci sulla sezione dedicata all’impero romeo, come ti sei mosso riguardo la bibliografia?”

R: “In ambito moderno, è sconfortante constatare quanti pochi studi di ampio respiro esistano sulla storia militare dell’impero. C’è davvero una marcata differenza di attenzione tra la massiccia produzione per l’occidente medievale, e addirittura per i mongoli, e quella relativa a Bisanzio. Il volume di Haldon è una buona eccezione. Poi, tra i moderni è proficuo valersi di Runciman, che probabilmente ha scritto alcune delle pagine più entusiasmanti di storiografia bizantina, mentre l’Ostrogorsky è sempre imprescindibile. Anche il Fuller analizza con dovizia di particolari alcune delle battaglie più importanti. Per quanto riguarda le fonti antiche, sono pochi i cronisti che raccontano in forma dettagliata gli eventi. Su tutti, Procopio, Niceta Coniata, e alcuni dei testimoni delle due cadute di Costantinopoli (su tutti, Goffredo di Villehardouin). In seconda schiera mi sono valso dei grandi compendisti, come Teofane il Confessore, che forniscono notizie utili ma non permettono una ricostruzione analitica dell’evento, e di cronisti minori.

D: “Seguendo la domanda precedente, credi che una fonte come Gibbon sia ancora attendibile e perché?”

R: “Non sempre si consulta una fonte perché è attendibile. A chi racconta la storia, servono anche esempi di stile, ritmo e cadenza. Qualunque appassionato di storia antica e medievale è partito da Gibbon, per poi superarlo, quindi lo ritengo ancora un autore imprescindibile, soprattutto per gli stimoli che fornisce. Ad essere superate sono le sue tesi, non la sua passione per le fonti. E poi, nella bibliografia che ho indicato il principio è quello di fornire al lettore indicazioni su volumi facilmente reperibili e in italiano, che parlino dell’evento trattato”.

D: “Vedendo la lista della battaglie, si può notare che sono più famose le sconfitte delle vittorie, secondo te per quale motivo?”

R: “E’ vero. E’ una considerazione che mi sono posto fin dall’inizio del mio lavoro. Credo che le sconfitte di Bisanzio diano la dimensione della sua solidità e delle sue incredibili capacità di resistenza. Sono proprio le sconfitte che rendono epica la sua epopea. Se pensiamo alla battaglia di Adrianopoli del 378, ci rendiamo conto che l’impero romano è crollato nell’arco di un secolo dopo l’evento, mentre quello bizantino è riuscito a resistere per secoli a disfatte immani come allo Yarmuk, a Pliska e a Manzikert. E poi, in certi casi si tratta di battaglie molto documentate, e io preferisco sempre raccontare scontri di cui abbiamo notizie dettagliate. Per esempio, non avrei voluto inserire Miriocefalo: ma Niceta Coniata pare aver avuto un resoconto da un testimone oculare, per quanto è informato…”

D: “Quale fu, secondo te, il più grande generale e/o imperatore di Bisanzio, dal punto vista militare?”

R: “Belisario ha fatto miracoli con quel poco che gli metteva a disposizione Giustiniano. E se è vero che i vandali erano in piena decadenza, e i goti poco organizzati al momento del suo attacco, i persiani erano un impero potente, eppure ha colto successi anche su quel fronte. Belisario ha avuto una carriera lunga e ha colto vittorie dovunque, a dispetto degli ostacoli che il potere politico gli opponeva. Un po’ come Scipione; quindi è uno dei più grandi generali della storia. Un gradino appena sotto metterei Eraclio, la cui titanica opera ha rimesso in sesto l’impero, chiudendo, di fatto, la secolare lotta contro l’impero persiano. Sul terzo gradino del podio, appaiati, inserirei anche Basilio II, che ha saputo chiudere anche lui un secolare conflitto, quello con i bulgari, e Niceforo Foca, che ha mietuto vittorie e a ripetizione contro gli arabi, seppur in un periodo in cui l’impero poteva mettergli a disposizione ampie risorse e quando i musulmani erano in pieno riflusso (tanto che poco dopo sarebbero stati inglobati dai turchi).”

D: “La strategia romea, è di fatto simile a quella romana? E se si in quali casi?”

R: “Ogni grande impero ha una fase di espansione, cui segue poi una di contenimento, e infine una di decadenza. La differenza risiede soprattutto nei tempi. Direi che l’impero bizantino ha avuto una storia basata essenzialmente sul contenimento, sia per i molti nemici con cui si è dovuto confrontare su vari fronti contemporaneamente, sia per i ripetuti periodi di instabilità costituzionale. Questo non significa che non ci siano state anche fasi di espansione, naturalmente, come nell’epoca di Giustiniano, di Eraclio, di Niceforo II e di Basilio II. L’impero romano ha dovuto sopportare una pressione simile solo nel V secolo (e in parte nel IV), ed essa non è neanche coincisa col periodo di maggior instabilità istituzionale, che è il III secolo. Per il resto, il sistema dei temi – o delle pronoie – e dei tagmata appare una soluzione simile, ma più stabile e radicata nel contesto sociale – direi quindi un’evoluzione -, a quella adottata negli ultimi secoli dell’impero romano, con la divisione tra truppe limitanee e comitatensi. Quindi, la strategia del contenimento è simile, con una chiara distinzione tra truppe stanziali e truppe di manovra.”

D: “Parlaci un po’ dell’armamento romeo, magari similitudini e differenze con i tardo-imperiali ”

R: “Mi pare di poter dire che si riscontra una generale tendenza ad armare più pesantemente il fante, già nella prima età romea, rispetto al tardo impero romano. Lo skutatos dispone di un equipaggiamento difensivo più robusto rispetto al legionario o all’auxilium del V secolo. Sotto Giustiniano, inoltre, si compie il processo di rivalutazione della cavalleria, che solo nell’ultimo periodo dell’impero romano ha ottenuto una certa considerazione, con la creazione di unità specifiche. Le ultime battaglie di Roma, dal Frigido ai Campi Catalaunici, sono ancora battaglie soprattutto di fanti. Le prime battaglie romee, quelle di Belisario, sono battaglie in cui la cavalleria viene impiegata in modo decisivo, e la fanteria è solo di supporto. Il cambiamento appare radicale, anche se, disponendo di informazioni più dettagliate, sono certo che potremmo parlare di modifiche progressive e graduali”.

D: “In conclusione, pensi che si possa dare l’onore delle armi a Costantino XI (o XII) Paleologo per aver difeso Costantinopoli fino alla fine? E perché?”

R: “Il XV secolo è, per l’impero bizantino, il secolo dei cedimenti. Più di un imperatore ha accettato uno stato di vassallaggio nei confronti degli ottomani. Costantino avrebbe potuto accettare le offerte di Maometto e tornarsene al suo despotato di Mistrà; invece, ha scelto di combattere fino alla morte, pur sapendo di non avere speranze. Un po’ come Leonida alle Termopili, e se quest’ultimo è ancora identificato come uno dei grandi eroi della storia, perché non dovrebbe esserlo anche Costantino Paleologo? Non riesco a immaginare un imperatore più degno e più compreso nel proprio ruolo di ultimo sovrano di un impero millenario. Ricordiamoci che Roma ha avuto Romolo Augusto…



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Κωνσταντίνος ΙΑ’ Δραγάσης Παλαιολόγος,
Xρoνoκράτoρ και Koσμoκράτoρ
Ελέω Θεού Βασιλευς και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων.





"Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

"Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

"La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

"Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
Per spalancare la murata porta d'Oro;
E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
Cercherò riposo sui miei antichi confini."

"Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”


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27/11/2009 16:50
 
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Molto interessante :) sarà sicuramente utile per la ricerca storica

Io di Frediani ho solo "Grandi battaglia di Roma Antica" e il romanzo "300 guerrieri"...purtroppo nessuno dei due utili per la mod :(
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27/11/2009 16:58
 
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io il libro ce l'ho, ha ottime note per la creazione delle unità corredate da disegni dell'ottimo Giorgio Albertini...ma a parte questo è un ottimo libro, semplice, leggero ma completo.



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"Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
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Patrikios
Kονόσταυλος τοῦ Λατινικον
28/11/2009 03:09
 
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concordo con Xosta, è un buon libro con molti disegni di unità specifiche e diverse mappe di battaglia molto utili.

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