00 08/04/2011 09:08
Basilio II, così come i suoi predecessori Giovanni I Tzimiskes e Niceforo II Phokas, avevano dalla loro una forza che i successori non avranno: erano amati dal popolo e dall'esercito, proprio grazie a questi provvedimenti volti ad arginare gli abusi dell'aristocrazia terriera.
Guarda al regno di Basilio II, ci furono ben tre rivolte capeggiate dai due Bardas, ma in nessun caso ebbero la forza per sconfiggere Basilio II, perché? Facendo leva sull'odio dell'aristocrazia e delle truppe fedeli agli Strategoi aristocratici, avrebbero dovuto avere una forza tale da schierare un esercito sufficiente (in fin dei conti l'aristocrazia terriera governava praticamente tutta l'Asia minore...parliamo di quasi 2/3 della potenza economica e militare dell'Impero) a sconfiggere Basilio II e le truppe a lui fedeli (teoricamente solo i Tàgmata, che erano legati personalmente ai Basileis...circa 40-50.000 uomini in tutto).
Questo non successe perché in questo periodo la struttura thematica era ancora integra, lo stato era gestito da funzionari statali, non era ancora iniziato "l'appalto" ai nobili delle funzioni amministrative come la riscossione dei tributi, così come i nobili non erano autorizzati ufficialmente a crearsi un proprio seguito armato (quello che porterà al sistema semi-feudale della Pronoia).
I nobili in quest'epoca erano poco più di ricchi latifondisti con un incarico nell'amministrazione pubblica, ma sia il loro incarico che le il loro patrimonio fondiario erano ancora dipendenti dal potere imperiale (ricordiamo che per il Diritto bizantino la proprietà privata, nel vero senso del termine, non esiste, nessuno "possiede" delle terre, esse sono di proprietà della corona che le cede in amministrazione più o meno perpetua, ma si riserva sempre il diritto di togliere, ridurre o estendere a propria discrezione questa concessione).
Finché i Basileis quindi furono abbastanza potenti ed intelligenti da tenere l'aristocrazia lontana da certi privilegi, fu ancora possibile gestire lo Stato con ottimi risultati, ma, nella Storia reale, già Costantino VIII, fratello di Basilio II, quando salì al trono, totalmente disinteressato alla politica, concesse agli aristocratici di revocare le leggi del fratello, e questo trend fu seguito praticamente da tutti i suoi successori, soprattutto visto che né Costantino VIII né Basilio II ebbero eredi maschi, quindi la continuità dinastica fu proseguita dalle due figlie di Costantino, Zoe e Teodora, che sposarono esponenti dell'aristocrazia anatolica i quali, non appena raggiunto il potere, si affrettarono a varare leggi che favorivano il proprio ceto.
Ci furono alcuni tentativi, tra Basilio II ed i Comneni, di intervenire quando, guardando la situazione dall'alto del soglio imperiale e non dal basso del latifondo, si vide troppo palesemente che ciò stava polverizzando l'intera struttura economico-amministrativa e militare dell'Impero, ma ormai il processo era così avanzato che ogni tentativo di tornare ad un sistema thematico venne stroncato sul nascere dai latifondisti aristocratici.
Visto che ormai lo stato era lasciato a sé stesso dalla lotta per il trono tra aristocrazia terriera anatolica ed aristocrazia burocratica costantinopolitana, l'unica soluzione di una certa qual consistenza la trovarono i Comneni, ovvero dare un senso allo status quo ed istituire il sistema della Pronoia.



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Κωνσταντίνος ΙΑ’ Δραγάσης Παλαιολόγος,
Xρoνoκράτoρ και Koσμoκράτoρ
Ελέω Θεού Βασιλευς και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων.





"Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

"Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

"La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

"Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
Per spalancare la murata porta d'Oro;
E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
Cercherò riposo sui miei antichi confini."

"Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”