00 26/04/2011 18:56
1566. Giunge al punto di rottura la delicata situazione familiare interna alla corte spagnola. L'Infante Don Carlos, che sin dall'infanzia aveva dato preoccupanti segni di grave squilibrio mentale, è incarcerato.
Colpevole di innumerevoli violenze, soprattutto sulla servitù, responsabile di comportamenti osceni e blasfemi, Don Carlos raggiunge il colmo congiurando contro il padre. A corte qualcuno lo accusa persino di essere l'amante della matrigna, Elisabetta di Valois.
Filippo II, che l'aveva sempre protetto e perdonato, questa volta non può fare altro che risparmiargli la vita, decretandone la condanna al carcere e l'estromissione dalla linea di successione.
Maria Stuart, che, spaventata e disgustata dai comportamenti del promesso sposo aveva sempre approfittato di tutte le scuse possibili per rinviare le nozze, ora tira un sospiro di sollievo. Ma Filippo, desideroso di assicurarsi definitivamente il possesso delle isole britanniche, si affrettò ad ufficializzare il fidanzamento della ventiquattrenne Maria Stuart con l'undicenne Infante Don Ferdinando, figlio suo e di Maria I Tudor, ora erede ai due troni di Gran Bretagna e Spagna.

Nel 1566 il Sultano Solimano I, detto "il Magnifico", aveva 72 anni e governava l'Impero Ottomano da 46.
Pur soffrendo di gotta nella misura in cui era costretto a spostarsi unicamente portato su una lettiga, egli volle condurre di persona anche la sua tredicesima campagna militare
Nei primi mesi del '66 infatti crebbe la tensione tra Solimano I ed il Sacro Romano Impero. Il Sultano desiderava infatti riprendersi le città precedentemente conquistate dagli Ottomani in Ungheria e Bosnia e, quando i negoziati fallirono, dichiarò guerra a Massimiliano II.
Il 1 maggio 1566 il Sultano lasciava Costantinopoli alla testa di uno dei più grandi eserciti che avesse mai comandato.
Solimano I raggiunse Belgrado il 27 giugno, dopo una marcia di quarantanove giorni, dove si incontrò con Giovanni II Sigismondo Zápolya, cui in precedenza aveva promesso la corona di tutta l'Ungheria, per poi passare in Ungheria, dove avvenne lo scontro tra una parte degli Ottomani e le truppe del nobile croato-ungherese Nikola Zrinsky.
Il Conte Nikola Zrinsky, uno dei maggiori proprietari terrieri della Croazia, era un veterano delle guerra di frontiera austro-ottomane e poteva vantare una carriera militare di successo, distintosi sul campo di battaglia a Mohács nel '26 e durante l'assedio di Vienna del '29.
Quest'ultimo ebbe la meglio contro l'avanguardia ottomana, sconfiggendo il Sancak Bey Tirhal Mehmet presso l'accampamento turco a Siklós, per poi giustiziarlo insieme al figlio e acquisire un bottino di 17.000 ducati. Ciò suscitò l'ira del Sultano, che decise di rinviare il suo attacco ad Eger ed ordinò invece a Sokollu Mehmet Pascià di assediare la fortezza di Zrinsky a Szigetvár, mentre il governatore di Buda, Arslan Pascià, perdeva per mano delle truppe del Zrinsky le città di Palota, Veszprém e Tata.
Per questo motivo il sultano privò Arslan della sua carica e lo sostituì con Sokollu.
A Szigetvár il comando delle truppe sul campo era affidato dunque a Sokollu Mehmet Pascià ed ai suoi figli Kurt Bey e Hassan Bey.
L'esercito ottomano si presentò sotto le mura di Szigetvár con 90.000 soldati e 300 cannoni il 2 agosto 1566.
Il 5 agosto raggiunse il campo di battaglia lo stesso Solimano I, e la sua grande tenda da guerra venne eretta sul colle Similehov, dandogli una visione completa del campo di battaglia.
Zrinsky disponeva nel complesso di forza di circa 2.300 uomini tra croati ed ungheresi.
La città-fortezza di Szigetvár era divisa in tre sezioni, separate tra loro da un corso'acqua: la città vecchia, la città nuova ed il castello; ognuna delle quali era collegata alla successiva da ponti ed alla terraferma da strade rialzate. Anche se non era stato costruito su un terreno particolarmente elevato, il castello non era direttamente accessibile dagli attaccanti. Questo perché prima di lanciare un attacco diretto al castello era necessario prendere le due piazzeforti urbane che lo circondavano.
Quando il Sultano prese posizione dinanzi alla fortezza, vide le mura tappezzate di stoffa rossa: ciò significava che gli assediati non intendevano né chiedere né offrire quartiere. Si preannunciava uno scontro all'ultimo sangue.
L'assedio iniziò il 6 agosto: Solimano I ordinò un assalto generale sui bastioni, ma l'attacco venne respinto con successo.
Negli stessi giorni a Vienna Massimiliano II radunava l'esercito imperiale e richiamava dalle Fiandre Don Giovanni ed Alessandro Farnese, ai quali intendeva offrire il comando della spedizione per scacciare il Gran Turco dall'Ungheria.
Dopo oltre un mese di sanguinosi ed estenuanti combattimenti, i pochi difensori rimasti si ritirarono nella città vecchia per la loro ultima resistenza. La caduta del castello appariva oramai inevitabile, ma l'alto comando ottomano esitava.
Il 6 settembre, ad un mese esatto dall'inizio dell'assedio, il Sultano Solimano I, "il Magnifico", venne trovato morto nella sua tenda.
Sokollu Mehmet Pascià giustiziò tutti coloro che avevano assistito alla morte del Sultano ed annunciò alle truppe che questi era troppo malato per mostrarsi e che si sarebbe curato a Szigetvár, nel frattempo egli avrebbe agito secondo le sue disposizioni.
La battaglia finale iniziò il 7 settembre, il giorno dopo la scomparsa di Solimano.
Dopo un mese di bombardamenti e mine, le mura della fortezza erano ormai ridotte in macerie. Al mattino l'artiglieria ottomana martellò insistentemente le postazioni imperiali, prima di lasciare campo libero all'assalto dei giannizzeri.
Zrinsky, per evitare che il nemico entrasse nel castello, attese che i turchi avanzassero lungo un ponte stretto, per uscire poi improvvisamente dalla porta e sparare con un grosso mortaio caricato a mitraglia, uccidendo 600 nemici.
Zrinsky ordinò infine la carica dei suoi restanti 600 soldati, ma ricevette due ferite di moschetto al petto e rimase ucciso poco dopo da una freccia alla testa.
Le sue forze rimaste si ritirarono nel castello.
Il cadavere Zrinsky fu decapitato e la sua testa venne inviata a Costantinopoli.
Poco prima di guidare la sortita finale dal castello, Zrinsky ordinò di preparare una miccia per la polveriera.
Mentre anche l'ultimo dei difensori si ritirava nella fortezza, l'esercito ottomano sciamò tra le macerie di Szigetvár e cadde nella trappola: 3.000 libbre di polvere da sparo esplosero sotto i loro piedi. Il Visir ed i suoi ufficiali a cavallo avevano avuto abbastanza tempo per scappare, ma 3.000 i turchi morirono nell'esplosione.
Nel tardo pomeriggio però, quando ormai tutti davano per scontata l'avvenuta caduta della fortezza, giunsero sul campo di battaglia Giovanni d'Asburgo ed Alessandro Farnese, alla testa di un esercito forte di 45.000 uomini, che scesero all'attacco a passo di carica. L'attacco fu condotto da Don Giovanni in persona e dai suoi 5000 cavalieri, mentre Alessandro Farnese lo supportava al comando di 40.000 picchieri e moschetieri.
La carica sbaragliò definitivamente l'esercito turco, che dovette uscire dalle mura a raggiungere i commilitoni travolti dall'impetuosa carica del Don Giovanni ed erano già in rotta.
Il cronista turco Mehmed Silihdar così commentò l'arrivo dell'armata di Don Giovanni:
«Gli infedeli spuntarono sui pendii con le loro divisioni come nuvole di un temporale, ricoperti di un metallo blu. Coprivano il monte ed il piano formando un fronte di combattimento simile ad una falce. Era come se si riversasse un torrente di nera pece che soffoca e brucia tutto ciò che gli si para innanzi.»
Il gigantesco esercito approntato da Solimano I per strappare l'Ungheria all'Impero era già duramente provato da un mese di assedio e con il colpo di maglio infertogli da Don Giovanni ed Alessandro Farnese venne interamente spazzato via nella battaglia finale.
La disfatta a Szigetvár aveva vanificato completamente ogni piano ottomano per la conquista di Vienna e due ambasciatori inviati da Massimiliano II, il croato Antun Vrančić e lo stiriano Christoph Teuffenbach, arrivati ​​ad Istanbul il 26 agosto 1567, trovarono la città completamente traumatizzata dall'entità del disastro e dalla morte del Sultano Solimano I, che Sokollu Mehmet Pascià faticava a giustificare, dopo le menzogne annunciate agli ufficiali prima della battaglia.
Il nuovo Sultano, Selim II, di tempra radicalmente diversa da quella dell'energico padre, siglò l'accordo di pace tra i due imperi il 21 febbraio 1568 ad Adrianopoli, rinunciando formalmente per 30 anni a condurre nuove campagne ai danni dell'Impero.
[Modificato da Xostantinou 19/06/2011 11:27]



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Κωνσταντίνος ΙΑ’ Δραγάσης Παλαιολόγος,
Xρoνoκράτoρ και Koσμoκράτoρ
Ελέω Θεού Βασιλευς και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων.





"Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

"Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

"La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

"Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
Per spalancare la murata porta d'Oro;
E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
Cercherò riposo sui miei antichi confini."

"Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”