00 15/01/2011 19:45
Comunque questa era una caratteristica dell'equilibrata dualità di potere laico ed ecclesiastico nel mondo romèo, anche se formalmente capo spirituale di tutta l'oikoumene il Patriarca difficilmente aveva, come avrà invece il Papa di Roma, il potere giuridico per mettersi contro un Basileus (non ci sono ad es. casi di scomunica), anche perché era il Basileus, non il Patriarca, ad essere considerato il Vicario di Cristo in Terra, quindi il Basileus aveva sempre dalla sua un'autorità superiore che in caso di conflitto gli dava quel margine di manovra sufficiente a trovare dei capi d'accusa più o meno validi per giustificare la deposizione del Patriarca e la sua sostituzione con uno di suo gradimento, spostando eventualmente la controversia su un piano di diritto ecclesiastico e quindi molto meno pericolosa di un confronto politico.
Dalla sua il Patriarca aveva unicamente la possibilità di legarsi a qualche potente generale oppure riuscire ad aizzare il popolo contro un Basileus "empio", in quel caso aveva lui buone possibilità di riuscire a trovare dei motivi validi per disconoscere la legittimità del Basileus e sostenere un colpo di stato (che doveva venire però attuato da altri, laici) che ne portasse al trono uno "degno".



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Κωνσταντίνος ΙΑ’ Δραγάσης Παλαιολόγος,
Xρoνoκράτoρ και Koσμoκράτoρ
Ελέω Θεού Βασιλευς και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων.





"Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

"Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

"La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

"Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
Per spalancare la murata porta d'Oro;
E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
Cercherò riposo sui miei antichi confini."

"Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”