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In seguito all'ampliamento ed al consolidamento dell'impero, Tolomeo, Satrapo d'Egitto, aveva ottenuto l'amministrazione della Cirenaica e della terra di Kush fino al Lago Tana, mentre Cratero diventava governatore delle satrapie arabiche insediandosi ad Aden, che in breve tempo divenne una città portuale talmente florida da rivaleggiare in splendore con Alessandria d'Egitto.
La Satrapia di Tracia era stata nel frattempo ridimensionata in una ridotta fascia di territorio compresso tra il basso corso del Danubio e l'alto corso dell'Evros, e sottoposta alla giurisdizione del governatore della Macedonia; Lisimaco, satrapo di Tracia, era stato quindi nominato Stratega d'Epiro. Cappadocia e Licia andavano invece ad aggiungersi a Panfilia e Pisidia, governate da Antigono Monoftalmo; mentre ad Antipatro, ritiratosi a vita privata, succedeva come Stratega di Grecia Poliperconte.
Lasciato Seleuco come Satrapo di Persia, il quindicenne Principe di Macedonia Alessandro IV era stato inviato a Pella, dove avrebbe governato le terre d'origine della sua dinastia sotto il consiglio del fidato Eumene di Cardia.


310 a.C

Alessandro, allestita una potente forza d'invasione, sbarca a Siracusa, retta dal tiranno Agatocle.

Agatocle infatti era alle prese con una lunga guerra; aveva attaccato i possedimenti cartaginesi in Sicilia, espugnando Messina per poi passare alla devastazione della campagne di Agrigento, ma fu battuto da Amilcare nella la battaglia di Ecnomo e la stessa Siracusa era stata vanamente assediata l'anno precedente.
Fuggito fortunosamente dalla città, Agatocle aveva deciso di attaccare i Cartaginesi direttamente in Africa, alleandosi con Ofella, Re della Cirenaica, che disponeva di un esercito di 10.000 fanti, 600 cavalieri e 100 carri, assieme al quale riuscì quasi a espugnare la stessa Cartagine, dove sbarcò con un esercito di 13.500 uomini trasportato a bordo di 60 navi; i cartaginesi, forti di 40.000 uomini, compresi 1.000 cavalieri e 2.000 carri da battaglia, venivano sconfitti in campo aperto.

Alleatosi ad Agrigento, Alessandro bloccava il porto siracusano con la sua flotta ed il suo imponente esercito prendeva in pochi mesi la città, già stremata dall'assedio cartaginese da poco concluso.
Agatocle si affrettò quindi a rientrare in Sicilia per fronteggiare Alessandro, lasciando parte delle truppe in Africa al comando dei figli Arcagato ed Eraclide.
Sbarcato in Sicilia, tuttavia, Agatocle fu sconfitto in Val di Noto da Alessandro, e preso prigioniero. L'esercito rimasto in Africa, inoltre, si ribellò e ne uccisi i figli.

Con la conquista della potente Siracusa e la sottomissione di Agrigento, Alessandro si prese la briga di completare l'opera di Agatocle, portando a termine la totale conquista della Sicilia entro l'anno seguente.

Nel frattempo, Lisimaco salpava da Apollonia alla conquista di Brindisi, prendendo seguentemente in rapida successione Bari, Gallipoli e Taranto.



306 a.C.

Le città magnogreche, di fronte all'avanzata macedone, avevano costituito una lega a Crotone, ma il loro pur forte esercito dovette combattere su due fronti contro un nemico altrettanto numeroso.

Alessandro, che nel frattempo aveva richiesto ed ottenuto l'invio di forze fresche dall'Egitto e dall'Asia Minore, era sbarcato a Reggio, ma la sua avanzata fu fermata a Locri prima in un sanguinoso scontro con l'esercito della lega, poi dal lungo e durissimo assedio di Locri.
Analoghe difficoltà trovò Lisimaco presso Sibari, dove venne battuto da un esercito di soccorso mentre assediava la città, in seguito a cui dovette ritirarsi per fronteggiare la rivolta di Bari e Taranto.
Nella primavera del 307 Alessandro riprendeva la propria avanzata verso Crotone, dove contava di congiungersi con Lisimaco il quale aveva, intanto, posto nuovamente assedio a Sibari. Le due città caddero in estate, stremate dalla fame e dalla sete, ed i loro abitanti in parte deportate, in parte crocifissi come monito lungo le strade.

Alessandro, vista l'assenza di Lisimaco, optò per una marcia rapida attraverso l'Aspromonte per passare sul versante di Hipponion e marciare su Cuma, ma gli scontri sui passi montani con le tribù dei Bruzi obbligarono il sovrano a ripiegare rovinosamente ed a fare il giro largo.
Lisimaco nel frattempo completava la conquista e la sottomissione della costa ionica.

Mentre Alessandro, ora all'altezza di Scalea, si avvicinava a marce forzate alla Campania, anche Lisimaco cadde in una disastrosa imboscata per mano dei Lucani, da cui si salvò per miracolo. Alessandro allora decise di rimandarlo in Epiro e chiamare al suo fianco il figlio Alessandro IV, oramai diciottenne, alla testa delle nuove leve reclutate in Grecia e Macedonia.

Il giovane Alessandro IV si dimostrò all'altezza del padre quando, al comando dei suoi ipaspisti, sbaragliò un esercito sannita presso Benevento, approfittando della debolezza causata dalla guerra in corso tra i Sanniti e la Repubblica di Roma, ed aprendosi un passaggio per la Campania.
Le forze di Alessandro, nel frattempo, ottenevano la resa di Poseidonia, che si sottomise al semplice comparire delle forze macedoni.

Le forze congiunte marciarono così su Pompei ma, ormai alle porte di Napoli, incapparono in un incidente diplomatico in quanto, aggirando il Vesuvio da nord-est, le forze al comando di Alessandro IV si trovavano ad attraversare le terre della città di Nola, conquistata nel 313 da Roma.



[Modificato da Xostantinou 11/02/2013 17:10]



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Κωνσταντίνος ΙΑ’ Δραγάσης Παλαιολόγος,
Xρoνoκράτoρ και Koσμoκράτoρ
Ελέω Θεού Βασιλευς και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων.





"Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

"Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

"La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

"Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
Per spalancare la murata porta d'Oro;
E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
Cercherò riposo sui miei antichi confini."

"Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”