Deserti blu Quando raggiungi il perfetto equilibrio tra corpo e mente, spingiti avanti alla ricerca del limite estremo. E,solo allora, capirai che non esiste, se non dentro di te...

...Tibet, magia d' amore ...

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    nomade blu
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    00 27/07/2007 11:52











    ... amo il Tibet...

    ... e ,se mi sarà concesso,sarà tra queste montagne stupende che chiuderò gli occhi, quando la grande notte verrà a prendermi...















    [Modificato da nomade blu 06/09/2009 21:34]
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    Google Map of Tibet









    DIMENSIONI 2.5 milioni di km/q.
    CAPITALE Lhasa
    POPOLAZIONE 6 milioni di Tibetani e stimati 7.5 milioni di Cinesi.
    RELIGIONE Il 90 % della popolazione Tibetana è Buddhista ma sono praticati anche il Bon (religione indigena del Tibet) e l'Islamismo.
    LINGUA Tibetano (gruppo linguistico Tibeto-Birmano).
    La lingua ufficiale è il Cinese.
    ALIMENTO BASE Tsampa (farina di orzo tostato).
    BEVANDE NAZIONALI Thé salato al burro e chang (birra tibetana).
    ANIMALI TIPICI Yak, Dri (femmina dello yak), pecore Bharal (blu), Cervo Muschiato, Antilope Tibetana, Gazzella Tibetana, Kyang (asino selvatico), Pica e Panda.
    UCCELLI TIPICI Gru dal collare nero, Avvoltoio Barbuto, Svasso Maggiore Crestato, Oca Calva, Anatra Rossa e l'Ibis.
    MAGGIORI PROBLEMI Deforestazione selvaggia nel Tibet orientale; caccia di frodo di grandi mammiferi, eccessivo sfruttamento dei minerali e delle altre risorse naturali.
    AMBIENTALI
    ALTITUDINE MEDIA 14.000 piedi (4.300 metri).
    MONTAGNA PIÚ ALTA Chomo Lhangma (Mt. Everest), 29.028 piedi (8.848 metri).
    PRECIPITAZIONI Variano grandemente. Nella parte occidentale ammontano a 1mm in Gennaio e a 25mm in Luglio. Nella parte orientale sono di circa 25-50 mm in Gennaio e 800 mm in Luglio.
    GIACIMENTI MINERARI Bauxite, uranio, ferro, rame, cromite, carbone, sale, mica, litio, stagno, oro e petrolio.
    FIUMI PRINCIPALI Zachu (Mekong), Drichu (Yangtze), Machu (Huangho), Gyalmo Ngulchu (Salween), Tsangpo (Brahmaputra), Sengye Khabab (Indus), e il Langchen Khabab (Sutlej).
    ECONOMIA Tibetani: in prevalenza nell'agricoltura e nell'allevamento.
    Cinesi: in prevalenza nell'amministrazione, commercio e nel settore dei servizi.










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    REGIONI U-Tsang (Tibet Centrale e Occidentale), Amdo (Tibet Nord-Orientale) e Kham (Tibet Sud-Orientale). Attualmente diviso in 8 o più regioni "autonome", prefetture e distretti sotto occupazione.
    PAESI CONFINANTI India, Nepal, Bhutan, Birmania, Turkestan Orientale, Mongolia e Cina.
    BANDIERA NAZIONALE Una montagna bianca con leoni delle nevi e raggi rossi e blu sopra il sole. Dichiarata illegale in Tibet.
    CAPO DI STATO Sua Santità il XIV Dalai Lama. In esilio a Dharamsala, India.
    CAPO SPIRITUALE Sua Santità il XIV Dalai Lama. (Titolo per esteso: Jetsun Ngawang Lobsang Yeshi Tenzin Gyatso Sisum Wangyur Tsungpa Mepai Dhe Palsangpo).
    GOVERNO IN ESILIO Parlamentare.
    GOVERNO Comunista.
    RELAZIONE CON LA CINA Coloniale.
    STATUS LEGALE Occupato












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    00 27/07/2007 13:48






    La cultura tibetana


    Chiunque abbia una conoscenza diretta dei tibetani e della loro lingua può comprendere l’assoluta peculiarità della cultura di questo popolo. Tale peculiarità può essere evidenziata prendendo in esame gli elementi fondamentali che la caratterizzano e che ne definiscono il concetto fornendo una risposta alla domanda: cosa si intende per “cultura nazionale”?

    Una popolazione sembra identificarsi in una nazione quando:

    1. Nel corso della storia ha abitato un territorio comune
    2. Condivide una lingua comune basata su un sistema di scrittura
    3. Vive nel rispetto di un comune sistema legislativo
    4. Ha un comune senso della storia
    5. Condivide e accetta una serie di credenze religiose
    6. Percepisce intuitivamente, attraverso la condivisione di queste comunanze, una propria identità spesso rafforzata da un senso di similarità razziale


    I tibetani affermano che il Tibet è una nazione a sé stante con una sua peculiare identità culturale. I cinesi sostengono invece che i tibetani sono membri di una minoranza all’interno della nazione cinese (talvolta definita “una famiglia di nazioni”), con caratteristiche locali nel contesto di una cultura comune. Considerando i sei principi sopra citati come elementi determinanti per la definizione del termine “cultura”, esaminiamo le verità storiche relative ad ognuno di essi.




    [Modificato da nomade blu 27/07/2007 13:59]
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    Territorio comune

    Prima dell’occupazione da parte della Cina, nessuna popolazione cinese si è mai stabilita in Tibet. Un confine, che correva a est di Chamdo e Darge verso nord, in direzione di Lanchou, separava il bellicoso regno Tang dall’impero tibetano di Yarlung. Rispettivamente nel tredicesimo e nel diciottesimo secolo, il Tibet fu invaso da eserciti armati provenienti dalla Mongolia e dalla Manciuria. Giunsero nel paese anche sporadiche missioni diplomatiche, mercanti e monaci. Popolazioni cinesi di consistente rilievo non s’insediarono mai nel paese. Tutto questo è cambiato dal 1959: in Tibet vi sono ora 7.5 milioni di cinesi, senza considerare le guarnigioni militari. Dal punto di vista storico, sono quindi dei coloni da poco arrivati, senza alcun legame culturale con la popolazione autoctona.





    [Modificato da nomade blu 27/07/2007 14:02]
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    Lingua comune

    La lingua tibetana è completamente diversa da quella cinese. Appartiene al ceppo tibeto-birmano, anche se, recentemente, alcuni linguisti hanno coniato il termine “sino – tibetano” (che definisce il gruppo linguistico comprendente il cinese, il daico, il bodico, o tibetano, e il birmano, con distinte sottofamiglie per le prime e le ultime due lingue). Questi cavilli terminologici non intaccano la sostanziale differenza tra il cinese e il tibetano. La lingua cinese è scritta in ideogrammi ed è monosillabica, tonale e senza coniugazioni. La lingua tibetana ha un alfabeto ed è polisillabica. Possiede inflessioni, declinazioni e generi mutuati dal sanscrito e non è semanticamente tonale. Il tibetano ha preso alcune parole dal cinese, ma anche dalla lingua indiana, nepalese e mongola. Dopo trent’anni di occupazione, solo pochissimi coloni cinesi parlano il tibetano mentre le giovani generazioni tibetane sono state obbligate ad apprendere il cinese parlato.




    [Modificato da nomade blu 27/07/2007 14:04]
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    Comune sistema legislativo

    Le prime leggi furono promulgate in Tibet dall’imperatore tibetano Songtsen Gampo, nel settimo secolo D.C.. Si fondano sulle leggi morali del buddismo indiano, senza alcun riferimento al tradizionale canone confuciano cinese. Sotto l’impero mongolo, le stesse leggi militari furono imposte sia in Cina sia in Tibet. Durante tutti gli altri periodi della storia del paese, le leggi, basate sul buddismo, furono amministrate nelle corti di giustizia da esponenti governativi. I cinesi ritenevano che i tibetani non avrebbero mai accettato le loro leggi e i tibetani non erano neppure a conoscenza delle leggi cinesi.




    [Modificato da nomade blu 27/07/2007 14:07]
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    Comune senso della storia


    La storia dei tibetani ha forti legami con il buddismo. Anche la tradizione epica, la poesia, il teatro e la letteratura sono molto diverse da quelle della Cina e delle altre nazioni asiatiche. Prima dell’occupazione, i classici tibetani erano completamente sconosciuti ai cinesi e, di converso, le grandi opere della tradizione classica cinese non erano mai state tradotte in tibetano. I tibetani sono invece estremamente orgogliosi del loro legame spirituale con l’India e, nell’arco di sette secoli, un gran numero di opere letterarie buddiste sono state tradotte dal sanscrito in tibetano.

    Sin dai tempi di Confucio, i cinesi ritennero i tibetani una popolazione di barbari incivili e li considerarono una potenziale minaccia, tanto da indurli a costruire la Grande Muraglia anche per questo motivo. Nell’ottavo secolo, le armate tibetane conquistarono l’allora capitale cinese, Chang-an. Gli imperatori mongoli, come Kublai Khan, ritenevano importante avere buoni rapporti con i tibetani e gli imperatori della Manciuria, soprattutto K’ang-hsi e Ch’ien Lung, li consideravano un importante baluardo contro gli irriducibili mongoli.
    In termini storici è quindi comprensibile che i tibetani si sentano oppressi dall’occupazione e dalla dominazione cinese. Gli stessi invasori si sentono padroni in una terra aliena, circondati – si fa per dire – da “selvaggi” e riservano ai “nativi” tibetani un trattamento più duro di quello previsto per i compatrioti cinesi.




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    Comuni credenze religiose

    In alcuni periodi il buddismo accomunò in una certa misura Cina e Tibet anche se il confucianesimo e il taoismo, sempre molto praticati in Cina, furono totalmente assenti in Tibet. All’interno del buddismo cinese, la scuola tantrica, cuore del buddismo tibetano, fu solo un piccolo movimento marginale. La maggior parte dei buddisti cinesi non comprende il tantrismo e lo considera una degradazione del buddismo ignorando che elementi della tradizione tantrica sono insiti nel buddismo stesso. Le religioni dei due paesi hanno quindi ben poco in comune.

    Dal punto di vista del credo religioso, diverse sono le considerazioni per quanto concerne le relazioni dei tibetani con mongoli e manciù, tanto che il famoso rapporto “lama – protettore” (priest – patron) fu stabilito solamente tra i Lama della scuola Sakyapa e gli imperatori mongoli (nel XII° secolo) e tra i Dalai Lama della scuola Gelugpa e gli imperatori manciù (nel XVII° secolo). Durante i novecento anni di regno delle dinastie Tang, Sung e Ming, tra Lama tibetani ed imperatori cinesi questo particolare tipo di rapporto non fu mai instaurato.
    In tempi più recenti, dal 1911 al 1947, il Governo Nazionalista Cinese (Kuomintang) non entrò mai in Tibet: l’invasione iniziò nel 1950, con l’avvento del comunismo, e i comunisti cinesi non condividono certo le credenze religiose dei tibetani, così devoti al buddismo.




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    Comunanza razziale

    Né i tibetani né i cinesi si considerano appartenenti alla stessa razza. La moderna antropologia colloca i tibetani all’interno di quella vasta famiglia etnica nota con i nome di ceppo mongolide che comprende diversi popoli dell’area centro asiatica. In effetti, non è semplice determinare con certezza l’origine degli abitanti del Tibet. Anche partendo da angoli di visuale molto grossolani, ad esempio la banale osservazione fisica dei tratti somatici, vediamo come alcuni ricordino nell’aspetto i mongoli mentre altri possano sembrare parenti stretti dei giapponesi o dei cinesi. Pur essendo di fronte ad una tale varietà di tipologie, si possono comunque stabilire alcuni punti fermi. Gli abitanti delle regioni centrali dell’U-Tsang e, in larga parte, anche quelli del Tibet occidentale, sono di statura media, hanno la testa rotonda e gli zigomi pronunciati. Quelli che vivono nlle province orientali e settentrionali, Kham e Amdo, sono invece decisamente alti, dolicefali e con gli arti piuttosto sviluppati. Tratti comuni a tutti sono i capelli neri e lisci e gli occhi scuri dalla caratteristica forma a mandorla.
    Dal punto di vista della razza, la maggioranza degli stessi cinesi, pur non differendo dai tibetani, dai mongoli e dai burmesi allo stesso modo dei bianchi dai neri, percepisce tuttavia nettamente la diversità dei propri tratti somatici da quella degli abitanti del Tibet.




    [Modificato da nomade blu 27/07/2007 14:10]
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    Alla luce delle considerazioni sopra esposte, la possibilità che tibetani e cinesi possano avere un’identità comune è assolutamente remota. Non condividono, infatti, un territorio, una lingua, una legge, il senso della storia o una letteratura, hanno avuto un’irrilevante comunanza di credo religioso e appartengono a razze diverse. Gli imperatori manciù erano consapevoli della mancanza di una comune identità con i mongoli, gli uiguri, i tibetani e i cinesi e cercarono di legittimare il loro potere ponendo l’accento sul loro ruolo di conquistatori e mediatori. Il governo del Kuomintang ambì a farsi erede dell’Impero Manciù, ma l’impresa fallì ancora prima di cominciare. Il governo comunista conquistò militarmente i territori controllati dalle armate manciù (ad eccezione della Mongolia Esterna) e tentò con la forza di imporre un senso di comune identità ricorrendo all’ideologia internazionalista della rivoluzione. In effetti, la politica culturale perseguita dalla Cina in Tibet ha avuto come obiettivo lo sradicamento della peculiare identità culturale dei tibetani e il tentativo di inculcare loro un senso comunanza con i “compagni” rivoluzionari cinesi.

    Questa politica si è finora rivelata un drammatico insuccesso. A partire dagli anni ’80 i tibetani hanno iniziato la ricostruzione dei loro monasteri e ripreso le pratiche religiose dimostrando al mondo di ripudiare totalmente il comunismo, di rifiutare l’assimilazione alla Cina e di essere profondamente devoti alla fede buddista. L’attuale governo cinese è consapevole dell’irremovibile attaccamento dei tibetani alla loro identità nazionale ed ha loro concesso di esistere come attrazione turistica cercando forse una soluzione impossibile: consentire al popolo del Tibet di mantenere le apparenze esteriori della propria cultura ma, nella sostanza, di soffocarne la rinascita.

    I tibetani sono un popolo unico sul pianeta perché la loro identità nazionale è imperniata sul buddismo. Per il popolo del Tibet il Dharma (la Dottrina) è tutto. Nell’arco di oltre mille anni, a partire dal re Songtsen Gampo (inizi del VII° secolo) fino al regno del V° Dalai Lama (il “Grande Quinto”, inizi del XVII° secolo), la cultura tibetana ha subito un laborioso processo di trasformazione: da etnocentrica, guerriera e imperialista è diventata universale, spirituale e buddista. Per più di trecento anni i tibetani, per propria scelta, non hanno avuto un esercito. Hanno volutamente posposto la crescita materiale a quella spirituale. Per secoli hanno utilizzato le risorse finanziarie principalmente per mantenere i monasteri e consentire ai monaci e alle suore di studiare. Non hanno considerato la ruota solo come un mezzo di trasporto ma come uno strumento per generare la preghiera, l’energia sacra del mantra “OM MANI PADME HUM”. I loro governanti, dopo aver trionfato su dinastie sanguinarie, provenivano da lignaggi spirituali di saggezza e compassione.

    La cultura tibetana è la più alta espressione del tentativo di trasformare l’ambiente sociale attraverso il buddismo. L’esperimento è incompleto e l’attuale Dalai Lama, assieme ad altri attivi esponenti del mondo tibetano in esilio, spera di portarlo a termine cercando di bilanciare lo sviluppo spirituale con una modesta crescita materiale. Altrove, ho definito in termini sociologici il Tibet come un paese che ha privilegiato una propria peculiare evoluzione verso una “modernità interiore”in contrasto con la ricerca della “modernità esteriore”, considerata in occidente l’unica, vera modernità. E’ una cultura di valore inestimabile, che fa da contrappunto alla nostra, perché proiettata verso l’interiorità allo stesso modo in cui noi diamo invece peso alle cose esteriori. Potrebbe fornirci preziose indicazioni per aiutarci a ristabilire l’equilibrio del pianeta e a restituire un equilibrio spirituale a quanti sono stati follemente travolti dall’eccessivo materialismo. E’ una questione di vita o di morte, è la nostra stessa vita o morte. E’ una cultura che vive in clandestinità in patria e in libertà solamente in esilio. E’ nostro dovere proteggerla, nutrirla ed aspettare pazientemente che le persone interessate ne riscoprano il prezioso valore e sentano l’esigenza di farne tesoro.

    Da un articolo di Robert Thurman






    [Modificato da nomade blu 27/07/2007 14:10]
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    Freedom for Tibet










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    Welcome to Lhasa















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    neroliva.
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    che terra stupenda!
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    neroliva.
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    pellegrinaggio verso il tibet.


    lago di Pelko



    Valicato l’altissimo passo di Lhalung (c.a. 5200 mt) si accede all’altopiano arrivando in breve nella zona del grande lago blu turchese di Pelko alle pendici dello Shisha Pangma, una zona di bellezza incomparabile.





    sosta ai monasteri di Selung e Gyangdrak

    [Modificato da nomade blu 29/07/2007 15:07]
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