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Evoluzione dal greco antico
La conoscenza dei fenomeni linguistici che hanno dato luogo alla genesi della koiné mette luce sul processo evolutivo che ha portato alla formazione del neogreco. Lo studio ha tentato di enucleare gli aspetti del passaggio da greco antico alla lingua comune, fonetica, morfologia, sintassi e lessico, valutando l'impatto che queste trasformazioni hanno avuto nella formazione del greco medievale e moderno.
Si è potuto così dimostrare che molte delle caratteristiche della koiné sono emerse e andate stabilizzandosi già in epoca classica o comunque pre-ellenistica. Al contempo, molte delle caratteristiche del greco medievale e moderno sono già ampiamente delineate e rintracciabili nella koiné. Una conferma interessante è che il greco della koiné è oggi largamente comprensibile ai parlanti nel greco moderno.
Fonetica
La grafia greca subisce una profonda evoluzione: dalla scrittura fonetica, come può considerarsi quella del greco classico, in cui sostanzialmente ad ogni fonema corrisponde un grafema, si arriva in maniera graduale a quella tramandatasi nel greco moderno, in cui è accentuata la discrasia tra pronuncia e scrittura, anche in virtù di fenomeni di confluenza vocalica, primo fra tutti la convergenza sul suono , nota con il nome di iotacismo.
Se pure la pronuncia coincideva ampiamente con quella attica, già nella fase più antica della koiné, le fonti, in particolare papiri ed iscrizioni, segnalano l'affermarsi fenomeni di divergenza tra il sistema fonetico e quello grafico. Il fenomeno è testimoniato anche dalla preoccupata e acuita sensibilità dei grammatici, prima ellenistici e, in seguito, bizantini, nei confronti del problema emergente dell'ortografia ὀρθογραφία.
L'accento musicale lascia il passo all'accento espiratorio. Si affievoliscono di conseguenza sempre più, fino a perdersi completamente, le antiche distinzioni di quantità.
Di fatto, già dal II Secolo d.C., il significato dell'accentazione è profondamente mutata: il suo effetto si sposta dai cambiamenti dell'intonazione (accento musicale) a quelli dinamici (suono più basso o più forte, accento espiratorio)
Nello stesso periodo sparisce ogni distinzione nella durata delle vocali, che diventa imprescindibilmente legata alla loro accentazione. Così le vocali atone sono indifferentemente brevi, quelle accentate indifferentemente semilunghe.
Le consonanti conservano generalmente l'antica pronuncia con l'eccezione delle tenui aspirate (φ, θ, χ) e delle medie (β, γ, δ), che vengono attratte nella pronuncia spirante.
β, γ, δ, dall'originario suono b, g, d, diventano v, gh, dh ([v] (via β), [ɣ] [ð] in IPA), eccetto quando seguono una consonante nasale (μ, ν) nel qual caso, mantengono l'antico suono (es. γαμβρός — γαmbρός, άνδρας — άndρας, άγγελος — άŋgελος).
φ, θ, χ, si evolvono dalla loro pronuncia aspirata (rispettivamente /pʰ/, /tʰ/ e /kʰ/), alle fricative [f] (via [ɸ]), [θ], e [x].
Questo fenomeno avviene in maniera diacronica per le diverse consonanti e per i diversi luoghi di diffusione.
La consonante ζ subisce una diversa sorte: il suo suono si trasforma dal doppio consonantico /dz/ (in origine /zd/) al suono /z/ del greco moderno.
ει, ι, η (ῃ) confluiscono nel suono i.
la pronuncia di η nell'antichità era polimorfica: nel beotico e nel tessalo era più chiusa già verso la fine del V Secolo a.C. Dalla metà del II Secolo a.C. oscilla tra i due suoni (lunghi e chiusi) ē e ī, come testimoniano le occorrenze di η sostituita con ει e ι oppure sostituita da ε e αι. Il prevalere della forma ī si avrà in epoca cristiana anche se va segnalato la sopravvivenza della forma ē fino al neogreco del Ponto.
il dittongo ει, nei dialetti beotici e tessalici, aveva subito già dal V Secolo a.C. la trasformazione in ī. Nel dialetto attico della stessa epoca la pronuncia era invece divenuta ē per poi confluire anch'essa in ī a partire dal III Secolo a.C.
οι, υ confluiscono nel suono ü e, successivamente anche in i mentre αι, ε confluiscono nel suono e.
I dittonghi οι, αι subirono una evoluzione precoce nel beotico: nel V Secolo a.C. erano già divenuti (rispettivamente) οε e αε, quindi η (intesa come ē aperta) dal IV Secolo a.C.
Il dittongo οι continua la sua evoluzione divenendo υ (inteso come ü) nel III secolo a.C.
Nel dialetto attico invece, analoghe evoluzioni saranno molto più tarde: οι, αι diventano ü, e solo nel II-III secolo d.C. In epoca molto più tarda, intorno all'anno mille, si registra l'evoluzione di οι in i.
I dittonghi αυ e ευ diventeranno av e ev del neogreco passando per le forme αβ e εβ, in cui la β è nel frattempo divenuta spirante. Davanti a consonanti mute θ, κ, ξ, π, σ, τ, φ, χ, ψ sono parzialmente assimilati a af, ef. Questo percorso è comunque debolmente attestato dalle evidenze della koiné.

da koinè greca, wikipedia...resta da capire quali modifiche dal greco antico prendere in considerazione e quali no, a quanto ho capito tu proponi un full attico, o sbaglio? io prima ero per il bizantino, ora mi hai convinto, ma please, famme capì :D


"Per una scodella d'acqua, rendi un pasto abbondante; per un saluto gentile, prostrati a terra con zelo; per un semplice soldo, ripaga con oro; se ti salvano la vita, non risparmiare la tua. Così parole e azione del saggio riverisci; per ogni piccolo servizio, dà un compenso dieci volte maggiore: chi è davvero nobile, conosce tutti come uno solo e rende con gioia bene per male" - Mahatma Gandhi

"Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo." - Mahatma Gandhi

"You may say I'm a dreamer, but I'm not the only one" - Imagine, John Lennon

"ma é bene se la coscienza riceve larghe ferite perché in tal modo diventa più sensibile a ogni morso. Bisognerebbe leggere, credo, soltanto libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? Affinché ci renda felici, come scrivi tu? Dio mio, felici saremmo anche se non avessimo libri, e i libri che ci rendono felici potremmo eventualmente scriverli noi. Ma abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che ci era più caro di noi stessi, come se fossimo respinti nei boschi, via da tutti gli uomini, come un suicidio, un libro dev'essere la scure per il mare gelato dentro di noi." - Franz Kafka

"Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L'indifferenza è il peso morto della storia. L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l'intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l'assenteismo e l'indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti." - Antonio Gramsci

http://www.youtube.com/watch?v=_M3dpL4nj3Q
https://www.youtube.com/watch?v=QcvjoWOwnn4