Nucleare, sotto la Lanterna è già nata la quarta generazione
di Andrea Macco
«Con il piombo-bismuto pronti a costruire centrali fin da ora»
Centrali Nucleari di quarta generazione tra 10, 20 o 30 anni? Assolutamente no, si parte subito. È stato firmato in questi giorni un accordo tra la Russia e la Del Fungo Giera Energia per la realizzazione del primo prototipo di centrale di Quarta Generazione raffreddata al piombo-bismuto. In cambio del progetto scientifico (coperto già da alcuni mesi da molti brevetti, elaborato dalla staff di Luciano Cinotti, ingegnere genovese) i russi apriranno i loro archivi segreti sulla tecnologia legata ai sistemi raffreddati al piombo sviluppata per i sottomarini. «Ora resta solo un dettaglio da definire - ha rivelato Luciano Cinotti dal Canada, dove si trova in questi giorni per una missione scientifica - quale sarà la potenza di questo primo reattore prototipo. Ma io credo che sarà già una potenza considerevole, tanto che pare limitato definirlo un semplice prototipo». Pare che l'accordo tra la società per cui lavora Cinotti, la Del Fungo Giera Energia (nata da soli 3 anni) e la società russa Nikiet (colosso esperto in produzione di turbine) preveda la realizzazione di 20 nuove centrali «Generation IV» a sostituzione di vecchi impianti sovietici. Ma su questo Cinotti si tiene cauto: «Il progetto mi sento di dire che è senz'altro fattibile, ma su quale sarà la richiesta e soprattutto su chi ordinerà le nostre centrali ancora non si sa molto: siamo aperti a tutti quelli che saranno interessati. A me interessa solo che il progetto funzioni bene».
C'è da fare un po' di chiarezza circa la tempistica di realizzazione delle Centrali di IV Generazione, centrali che - ricordiamo - sono caratterizzate dall'utilizzare anche Uranio 238 anziché il solo 235 (ovvero, scorte pressoché illimitate di carburante), dall'avere un reattore «veloce» (non viene cioè messa né grafite ne acqua per rallentare i neutroni che danno luogo alla fissione, ciò porta ad una efficienza di produzione superiore) e dal poter bruciare le scorie che esse stesse producono. Il punto saliente sta nel fatto che esistono differenti filiere di Centrali Nucleari. A differenziare i vari progetti non è tanto il principio di funzionamento del reattore, quanto il sistema di raffreddamento. Le centrali tradizionali (di terza generazione) sono infatti raffreddate ad acqua, le nuove invece utilizzeranno impianti a gas (progetto portato avanti in particolare dalla Cina) oppure a metalli-liquidi (progetto portato avanti dall'Europa e dagli Stati Uniti). Tra i metalli liquidi si distinguono a loro volta altre due filiere: quella del sodio e quella del piombo-bismuto. Fino ad oggi le principali risorse in termini di ricerca e sviluppo (così si orienta ad esempio la scelta della genovese Ansaldo Nucleare) sono state investire nel Sodio. In pochi hanno creduto al Piombo. Ma tra questi c'è Luciano Cinotti. «Mentre chi lavora al Sodio parla di poter realizzare la prima centrale non prima del 2020, noi siamo in grado di partire già ora. Se un anno fa ero ancora incerto sulla effettiva potenzialità di questa filiera, oggi assicuro la sua fattibilità. Infatti abbiamo abbattuto anche i costi».
E su questo punto Cinotti spiega le ragioni del successo: «Anziché mantenere soluzioni classiche, ne ho cercate di nuove, che mi hanno permesso di ridurre le dimensioni dell'impianto e, dunque, i tempi di sviluppo e realizzazione e, in definitiva, i costi. Ma sia chiaro, non è una gara a chi progetta la centrale migliore: di fronte alla crisi energetica che incombe ogni filiera dovrà dare il suo contributo».
www.ilgiornale.it/genova/nucleare_sotto_lanterna_e_gia_nata_quarta_generazione/28-05-2008/articolo-id=264895-page=0-co...
La Del Fungo Giera in pole per costruire un minireattore sperimentale di ultima concezione raffreddato al piombo - Ansaldo apre una contesa legale sulla titolarità dei brevetti e sulla violazione dei patti del consorzio europeo Elsy
di Federico Rendina
www.intesasanpaolo24.com/NR/exeres/D352D6A7-FD1F-46F8-96BE-1C5B667C...
Pronti allo sbarco nel nucleare russo per cercare il Rinascimento del nucleare italiano. La buona notizia è che a Mosca ci danno credito. Riconoscono persino i nostri primati tecnologici nel salto verso il nucleare di quarta generazione. E così le avances degli scienziati della Del Fungo Giera, piccola ma ben dotata new entry della ricerca sull'atomo (si veda Il Sole 24 Ore del 22 maggio), prendono le prime forme operative.
Le bozze dei patti esistono: un minireattore sperimentale di quarta generazione raffreddato al piombo dovrà dimostrare, entro un paio di anni, le virtù della nuova tecnologia: sicurezza intrinseca (tutto si spegne automaticamente se qualcosa non funziona) e un "ciclo" del combustibile in grado di risolvere un mare di problemi, visto che promette di usare come carburante perfino le scorie prodotte dai reattori di oggi.
Il closing del grande affare è vicino. Ma per concretizzarlo i russi vorranno fare un giro di orizzonte più vasto. Vorranno garanzie e impegni anche dalle nostre istituzioni, già negli incontri bilateriali del G-8 in Giappone. Ed ecco l'intoppo.
Al di là dell'intraprendenza della Del Fungo il nucleare italiano, annientato da vent'anni nelle sue strutture operative ma ancora ricco di scienza, si presenta all'appuntamento pericolosamente diviso. E l'affare rischia di andare a monte.
Il problema nasce proprio dalle virtù tecnologiche esibite ai russi dalla Del Fungo, grazie alla collaborazione di un genio indiscusso della materia: Luciano Cinotti, ex stratega della ricerca di Ansaldo Nucleare fino al 2005. Ma è proprio Ansaldo, la grande impresa italiana a controllo pubblico (Fimeccanica), ben dotata di storia e di strutture industriali, ad aver sollevato la questione.
Con un paio di lettere, che annunciano azioni legali, Ansaldo energia contesta alla Del Fungo Giera una serie di illeciti. Su due fronti. Il primo: la titolarità dei brevetti e esibiti dalla Del Fungo, proprio quelli che hanno convinto i russi ad aprire un corposo credito all'azienda italiana. Il secondo: la violazione dei patti alla base del consorzio europeo Elsy (European Lead Cooled System), il programma di ricerca sui reattori di quarta generazione raffreddati al piombo (esattamente quel che si propone la nascente joint in Russia) al quale entrambe le imprese italiane partecipano con un ruolo di primo piano.
«I patti del consorzio Elsy – afferma Giuseppe Zampini, amministratore delegato di Ansaldo Energia – prevedono la partecipazione congiunta agli accordi internazionali sia sul fronte della ricerca sia nelle attività industriali, con regole e vincoli molto precisi sulla condivisione e divulgazione delle informazioni relative all'attività del consorzio». Quanto ai brevetti depositati dalla Del Fungo sulla base delle scoperte delle ricerche scientifiche di Luciano Cinotti, Zampini lancia un altolà: «abbiamo tutti i motivi per credere che quei brevetti siano attribuibili all'attività svolta in Ansaldo. In questo caso la proprietà intellettuale sarebbe a tutti gli effetti nostra».
«Azioni legali? Vadano pure avanti. Siamo convinti della nostra correttezza e totale buona fede. La verità – incalza Domenico Libro, amministratore delegato di Del Fungo Giera Energia – è che quei brevetti derivano dalle attività di ricerca sul nucleare di quarta generazione che Ansaldo non ha permesso all'ingegner Cinotti di finalizzare. Attività sulle quali noi abbiamo creduto e sulle quali abbiamo investito. Se Ansaldo crede di poter dimostrare di aver subito un danno vada pure in tribunale. Ma se sarà invece dimostrato un danno ad una società che ha messo in piedi contratti multimiliardari dovrà subirne le conseguenze». I legali sono al lavoro.
Dietro la vicenda, al di là della contesa sui brevetti, c'è una profonda differenza di interessi e di strategia. Ansaldo Energia è una grande struttura industriale, che continua ben lavorare nel nucleare all'estero ma che ha perso la sua testa migliore. Del Fungo Giera Energia non ha una struttura industriale specifica (il gruppo nasce e si sviluppa nel trasporto ferroviario) e punta tutto su un manipolo di scienziati capitanati da un uomo, Cinotti, il cui valore scientifico è apertamente riconosciuto. Un genio («capace di ingegnerizzare i sogni dei fisici» dicono all'Enea) che i capitani della Del Fungo sono riusciti ad affiancare ad un luminare della fisica nucleare, Elio Calligarich.
Priorità assoluta alla ricerca e alla sperimentazione sulla quarta generazione? Grande impegno a riattivare anche in Italia il nucleare di terza generazione come quello delle centrali Epr in costruzione in Francia e in Finlandia? il nodo sta qui. Un nodo scientifico. Ma anche, e forse soprattutto, una questione di interesse economico e industriale. Ansaldo non vede l'ora di riattivare le sue strutture produttive sul nucleare italiano. E conta molto, moltissimo, sulla promessa di un rapido rinascimento dell'atomo formulata dal Governo in carica. «Operazione essenziale alla ricerca sul nucleare di quarta generazione, che rimane effettivamente l'obiettivo da perseguire con decisione, anche se la meta si colloca in un orizzonte di decenni e non certo di anni. Ecco perché senza la terza generazione, laboratorio indispensabile, la quarta si allontana. E così avremo perso anche il nuovo treno» incalza Zampini.
«Nessun ostacolo. Men che mai da parte nostra. Ma guai a negare la realtà dei fatti: la costruzione in tempi brevi di centrali nucleari con l'attuale tecnologia si presenta impervia dal punto di vista della accettabilità sociale e non meno impervia dal punto di vista finanziario, mentre il vero rinascimento nucleare italiano è proprio nel nostro potenziale sulla quarta generazione, di assoluta avanguardia mondiale» afferma Domenico Libro. Tempi operativi? «Lasciateci fare l'accordo in Russia e in qualche anno dimostreremo che il nuovo nucleare non è un sogno così lontano» azzarda Libro.
ECONOMIA
Nucleare/ Cinotti (Del Fungo Giera Energia): Nessun contrasto atomo- fonti rinnovabili
Lunedí 27.11.2006 09:23
affaritaliani.libero.it/economia/nuclearerinnovabili_p...
L'Italia dipende per l'86% del suo fabbisogno energetico dall'estero. I combustibili fossili diventano sempre più costosi e difficili da procurare nell'attuale contesto internazionale.Ogni tanto torna d'attualità l'opzione nucleare,archiviata alla fine degli anni '80, sull'onda emotiva seguita all'incidente di Chernobyl e dopo il referendum del 1987.
L'opposizione alla costruzione di centrali atomiche è molto forte nell'opinione pubblica, tanto che i primi a non credere al ritorno del nucleare nel nostro paese sono proprio gli esperti italiani che lavorano all'estero ai progetti di sviluppo di queste tecnologie. Al di là delle posizioni su questo tema, alcuni elementi colpiscono l'osservatore: l'assoluta avversione della gente anche a quasi tutte le altre soluzioni, ipotizzate a breve e lungo termine per fronteggiare il problema energetico, una scarsa propensione al risparmio di elettricità, peraltro poco incoraggiata dallo Stato e l'assenza di misure incisive per promuovere le fonti rinnovabili.
Inoltre se davvero, come sostengono molti imprenditori, l'Italia paga la bolletta più alta d'Europa e il caro tariffe penalizza le nostre aziende perché la Confindustria non fa una battaglia più decisa per il nucleare? Montezemolo & C non ritengono l'atomo un’alternativa realmente credibile al petrolio o a viale dell'Astronomia non c'è accordo sulle scelte energetiche?
Per contribuire al dibattito pubblico su questi temi, abbiamo intervistato il professor Domenico Coiro del Dipartimento di Progettazione Aeronautica dell'Università Federico II di Napoli (vedi box), sulle prospettive dell'energia ricavata dalle correnti marine.E abbiamo chiesto a Luciano Cinotti, Ingegnere Nucleare di Del Fungo Giera Energia cosa farebbe se domani cadessero i vincoli che impediscono il ritorno dell'atomo in Italia.
La risposta di Cinotti è stata: procedere con cautela alla ricerca di un nucleare da fissione con impianti più moderni, senza nessun pregiudizio nei confronti delle energie rinnovabili. Anzi, visto che il nucleare non ritornerà prima del 2020-2025, una crescita delle fonti alternative è auspicabile per ridurre la dipendenza dal petrolio. Il vero avversario delle rinnovabili non è l'atomo: Germania, Usa e Giappone investono molto sulle nuove forme di energia, ma si garantiscono larga parte della loro produzione col nucleare e col carbone. Solo così possono permettersi di finanziare il fotovoltaico che oggi costa circa 10 volte di più delle fonti tradizionali. E la fusione nucleare? "Siamo ancora molto lontani e non è affatto detto che sia più sicura.", taglia corto Cinotti.
L'intervista
Ingegner Cinotti, quanto nucleare serve all'Italia?
"20 centrali per raggiungere il 50% di produzione di origine nucleare, lasciando poi spazio all'idroelettrico, alle fonti rinnovabili e al gas soprattutto per i periodi in cui si registrano i picchi di richiesta energetica."
Dove costruiamo queste 20 centrali ?
"Si tratterebbe, grossomodo, di localizzare 4-5 siti. Normalmente negli impianti le centrali si concentrano a gruppi di 2-4, i francesi sono arrivati persino a sei per sito. Un reattore ha bisogno di essere raffreddato e normalmente questa operazione richiede la presenza di acqua. Quindi la scelta del sito ricade su posti vicino al mare o localizzati in prossimità di grandi fiumi."
L'Italia però è un paese a forte vocazione turistica, s'immagina le proteste, magari strumentali, con slogan tipo "no alle centrali sulle spiagge"?
"Dell'acqua si potrebbe anche fare a meno,utilizzando per il raffreddamento un condensatore a secco. In questo caso l'impianto diventa più costoso. Utilizzando un'altra soluzione, la torre di raffreddamento, che consuma meno acqua, si può collocare una centrale vicino a laghi o fiumi di grandezza più modesta. La scelta potrebbe anche cadere su di una piccola isola dalla quale potremmo trasportare l'elettricità via cavo."
Ma lei ci vivrebbe vicino a una centrale?
"Se si tratta di centrale nucleare sì, perché gli standard di sicurezza sono molto rigidi.Davanti ad altri tipi di impianti , avrei qualche preoccupazione in più. Le centrali a carbone addirittura non sono neppure esenti da rilasci radioattivi."
Quanto costa il ritorno al nucleare?
"Circa 2 miliardi di euro a impianto, rilanciare il nucleare con 20 centrali costa quanto una Finanziaria: 40 miliardi."
E chi è disposto a metterci i soldi?
"Con questo investimento avremmo il 50% del fabbisogno nazionale di energia elettrica a prezzi di produzione bassissimi per 60 anni. E, secondo me, i privati sarebbero interessati a finanziare questa spesa, visto il costo della bolletta energetica."
Quali sono le difficoltà principali di carattere tecnico-organizzativo da affrontare in caso di ritorno all'atomo?
"Oggi manca un ente di controllo ben attrezzato come era in passato per cui è difficile gestire un grande programma basato sul nucleare.
Il problema è forse ovviabile attraverso una cooperazione con gli altri paesi UE, facendosi sostenere anche da autorità di sicurezza europee. Oggi bisogna cercare di sviluppare i piani energetici in un contesto europeo. Ma c'è un'altra difficoltà."
Quale?
"Le attuali centrali sono di vecchia concezione: gli impianti oggi in funzione sono per lo più reattori di generazione 2, progettati cioè 30-40 anni fa.
Solo ora si iniziano a costruire centrali di generazione 3, ma in molti casi questi reattori sono presenti solo a livello di progetto e la loro realizzazione inizierà solo tra alcuni anni. Io lavoro alla generazione 4.
In prospettiva, dovendo ipoteticamente rilanciare il programma nucleare italiano, sarebbe interessante aspettare che entrino in funzione nuovi impianti dotati di diverse soluzioni tecnologiche e poi valutare quale sia la strada migliore da seguire."
Quanto tempo si dovrebbe attendere?
"Sarebbe opportuno aspettare 5-6 anni prima di iniziare la costruzione delle centrali.
Certo, si potrebbe anche scommettere su una soluzione tecnologica e iniziare fin da oggi la realizzazione degli impianti. Ma, tenuto conto del contesto italiano, sarebbe corretto avere un po' di cautela. Tra 10 anni potremmo avere la prima centrale e poi, scaglionate, una o due all'anno. Del resto i francesi ne hanno inaugurate anche 5-6 all'anno."
Possiamo azzardare una data in cui l'Italia potrebbe essere un paese nucleare?
"In base al programma che ho indicato, intorno al 2020.
Per raggiungere questo obbiettivo ci vuole però una presa di coscienza e delle decisioni a livello nazionale che siano indipendenti dal naturale avvicendamento dei governi. Servono delle condizioni di stabilità e certezza che permettano agli investitori di gestire una tecnologia di per sé vantaggiosa, ma impraticabile senza tali condizioni. Indipendentemente dall’aspetto nazionale, l’industria ha l’interesse a valorizzare le proprie risorse nel contesto
internazionale, come peraltro sta già facendo."
La centrale sicura esiste già
di Francesco Ruggeri da l'altrogiornale.com
La centrale nucleare sicura esiste già. Un prototipo da 300 megawatt dell'impianto tanto atteso dall'umanità, quello di quarta generazione che elimina per sempre il pericolo di incidenti e disinnesca il problema delle scorie, è perfettamente in funzione da 6000 ore, oltre otto mesi, in uno stabilimento in Russia. E sta raggiungendo la sua massima efficacia di utilizzo grazie alla tecnologia di una ditta milanese. Il cui amministratore delegato, Domenico Libro, nell'attesa di un secondo impianto firmato a quattro mani con lo stato russo, garantisce chiavi in mano per il 2014 il primo reattore commerciale di questo tipo sul mercato globale: tra poco più di cinque anni.
Sottolineando che si autofinanzia col mero risparmio sullo smaltimento delle scorie. E che l'Italia potrebbe entrare a pieno titolo nel gruppo dei Paesi che ne controllano il combustibile. Senza contare l'addio anticipato alle proteste del popolo no-nuke, rinfocolate dagli eventi di Fukushima. Ma alla task force del nostro governo, impegnata a rilanciare il piano nazionale per le centrali atomiche, di tutto questo ne sanno qualcosa? Bisogna ammetterlo. Noi italiani proprio non ci sappiamo vendere. In un Paese normale, di fronte alla notizia del secolo -ossia la creazione, col nostro fondamentale contributo, della cornucopia che soddisfa praticamente senza rischi la fame di energia- i grandi media dovrebbero dispiegare aperture a iosa e titoli a nove colonne. Se non altro per comunicare al resto del mondo lo storico passo in avanti.
Ma probabilmente questa storia la leggerete solo qui. Anche perchè agli altri mezzi d'informazione è sfuggita sotto il naso, o come si dice l'hanno bucata. Qualche giorno fa, su un paio di testate per addetti ai lavori, è infatti apparso l'annuncio di una joint-venture tra l'azienda italiana Del Fungo Giera Energia e l'Enea di zar Putin, Rusatom o Nikièt. Sembrava però si trattasse dei soliti studi molto futuribili, e un po'velleitari, sulla possibile sperimentazione di alcune metodiche nel nucleare civile di ultima generazione. I test non dovevano cominciare prima di diversi mesi, e per un eventuale abbozzo di reattore ci sarebbero comunque voluti anni. E invece un impianto pilota autofertilizzante raffreddato al solo piombo c'era già, e ha effettuato ad oggi l'equivalente di 250 giorni di prove pratiche. Dimostrando dal vero la piena operatività del progetto.
Adesso addirittura migliorata dalle soluzioni degli scienziati italiani, validate da Rus Euratom. Nel frattempo in Italia si è continuato a parlare di centrali sicure come di una chimera. Quasi roba da fantascienza, attesa per il 2030. Il ministro Scajola, appena pochi giorni fa, ha affermato che avremmo dovuto accontentarci della tecnologia di terza generazione, ancora imperfetta, sviluppata in Francia e negli Usa. In quanto, a suo dire, "le centrali di quarta generazione sono solo degli studi, e gli esperti garantiscono che non potranno essere realizzate prima del 2100". Che vi sia un difetto di comunicazione è evidente. Forse chi ci stava lavorando non voleva farsi troppa pubblicità per non avvantaggiare la concorrenza. Eppure alla Del Fungo non hanno certo agito di nascosto. Lo staff a cui si devono i geniali brevetti, che stanno facendo compiere un salto qualitativo ai prototipi russi, è guidato dall'ex ricercatore capo di Ansaldo Nucleare, l'ingegner Luciano Cinotti, insieme al collega Elio Calligarich. Come dire il fior fiore della ricerca nazionale.
Il progetto faceva parte del pacchetto dei 100 presentati da tutto il continente all'apposito bando indetto dall'Euratom nel 2001. Una gara in cui Cinotti e la Del Fungo hanno non a caso prevalso. Ecco perchè i russi, pur maestri assoluti nella gestione dell'atomo, li hanno chiamati a perfezionare una tecnica di base nata con i sommergibili nucleari dell'ex Urss. Quindi elaborata da Nikièt negli ultimissimi anni con una prima serie di reattori al piombo-bismuto, i Brest. Il confronto col nuovo modello (al piombo senza bismuto) è tuttavia improponible. Merito anche e soprattutto dei brevetti italiani, che ne ottimizzano l'efficacia. Il rivoluzionario raffreddamento del reattore col piombo liquido impedisce a priori qualunque rischio di incendio, esplosione, effetto vuoto e di boiling, e mette al riparo dai malfunzionamenti dei precedenti sistemi di sicurezza. Il piombo infatti non brucia a contatto con l'aria e non esplode con l'acqua. Al contrario del sodio con cui si raffredderanno le nuove centrali francesi e americane, caldeggiate da Enel ed Enea. Inoltre le scorie prodotte sono riutilizzate dal reattore stesso. Scompare così la necessità di smaltire e/o stivare e riconvertire enormi quantità di rifiuti radioattivi. Restano i semplici prodotti di fissione, con un rapporto di uno a cento rispetto ad ora e tempi infinitamente più brevi di decadimento (100-300 anni), rispetto ai 100.000 anni canonici. Mentre uranio, piuttosto che plutonio e attinidi minori (nettunio, americio, curio), vengono riciclati automaticamente nel ciclo combustibile. La loro natura autofertilizzante, sommata all'assenza di acqua e grafite, consente a questi reattori una straordinaria velocità, con un utilizzo della materia prima di 100 volte superiore.
Calano dunque in maniera drastica i costi di gestione e realizzazione, anche in virtù del minore spazio richiesto dall'impianto (meno della metà rispetto a oggi), e della possibilità di utilizzare anche l'uranio 238, con scorte praticamente illimitate rispetto al 235. L'abbandono delle tradizionali tecniche di arricchimento dell'uranio o di recupero del plutonio, mette per giunta al riparo da eventuali reimpieghi a fini militari. La sperimentazione e la produzione degli apparati del nuovo reattore russo-italiano prendono le mosse dalla gigantesca fabbrica Izbrskie Zavody, dove lavorano 60.000 persone. L'area, come spesso accade in Russia, viene difesa con protocolli militari top secret. Ma al nostro Ministero dell'istruzione e a quello dell'università (nonchè all'Enea), dello sviluppo di una tecnologia al piombo con l'apporto di Cinotti e soci non dovrebbero essere all'oscuro. Dato che in quel settore specifico, i tre enti citati hanno financo stabilito un accordo di programma proprio con la Del Fungo.
Se ancora sino a un anno fa il prof.Cinotti si dichiarava incerto sugli esiti finali della pionieristica filiera al piombo, oggi può finalmente proclamarsi "certo della sua fattibilità". La Del Fungo Giera ha sede a Milano in via Durini, a un civico di distanza dal quartier generale dell'Inter. Una telefonata non costa nulla, ma a volte può cambiare la storia (energetica) di un intero Paese.
Il reattore nucleare rivoluzionario di Luciano Cinotti
Una centrale nucleare che si autoalimenta con le proprie scorie, una fabbrica segreta a San Pietroburgo e uno scienziato irrintraciabile.
Gli ingredienti della spy story energetica che potrebbe farci dire addio al vecchio atomo - Giappone, cos'è successo finora 31 marzo 2011 di Emanuele Perugini Uno scienziato italiano in fuga, una società che da Milano si trasferisce prima a Mosca, poi a Londra e infine a New York, un sito web non aggiornato, una fabbrica militare top secret alle porte di San Pietroburgo e, infine, un reattore nucleare che potrebbe rappresentare la svolta ai fabbisogni energetici delle grandi potenze industriali.
A questi ingredienti manca solo una spia cinese, e poi il cocktail del giallo internazionale con accenti fantascientifici è servito.
A dirla tutta, la storia del reattore nucleare di quarta generazione sembra più una fiction, a metà strada tra Alias e Simon Templar, dove al posto della fusione fredda c’è un reattore che è capace di autoalimentarsi bruciando i suoi stessi residui radioattivi e al posto della macchina di Rambaldi c’è però la macchina di Cinotti.
Già, perché tutta la storia parte proprio da questo nome: Luciano Cinotti.
Non si tratta di un personaggio a metà strada tra Leonardo e il Conte di Cagliostro, ma di un solidissimo ingegnere nucleare che ha sulle spalle anni di ricerche con l’ Ansaldo di Genova e una borsa piena di brevetti in un particolare settore della tecnologia nucleare, quella cioè dei reattori di quarta generazione raffreddati a piombo fuso. Perché la storia del nucleare di quarta generazione non è fiction, ma una solida realtà che siamo in grado di raccontare. Il reattore infatti esisterebbe e avrebbe alle sue spalle almeno un paio di anni di attività e sarebbero in corso le prove di collaudo in Germania. Ma tutto è circondato dal più stretto riserbo e dalla discrezione, alimentando intorno a questo progetto un alone di mistero.
La storia di Luciano Cinotti e quella di Elio Calligarich, fisico dell’ Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, si sono intrecciate qualche anno fa con quella di Domenico Libro, amministratore delegato di una società, la Del Fungo Giera Energia, che aveva già avviato una serie di collaborazioni con il mondo della ricerca nel settore del nucleare. Cinotti a quel tempo era a capo della sezione nucleare di Ansaldo Energia che a sua volta era capofila per lo sviluppo di un progetto di ricerca su un particolare tipo di reattore veloce raffreddato a piombo fuso. Proprio nell’ambito di quelle ricerche, Cinotti ha acquisito una serie di brevetti e di conoscenze che lo hanno fatto diventare, molto probabilmente, il più importante scienziato al mondo su questo particolare tipo di reattore.
Per la verità queste tecnologie non sono del tutto nuove. I reattori veloci raffreddati a piombo sono un vecchio gioiello della marina militare russa. Proprio questi erano i reattori che alimentavano i sommergibili d’assalto della marina russa, quelli che per intenderci davano la caccia in pieno oceano Atlantico al colosso Ottobre Rosso. Navi formidabili che grazie a questi reattori della potenza di 155 Megawatt raggiungevano in immersione anche i 44 nodi di velocità.
Il problema era che si trattava di macchine piccole, che andavano bene per i sommergibili, ma non per le grandi centrali elettriche. I russi però hanno anche continuato a non si sono fermati sullo sviluppo di questa filiera tecnologica e di reattori superveloci, loro li chiamano “ fast breeder reactor”, ne hanno realizzati almeno due: uno sulle rive del Caspio, che oltre a produrre elettricità viene usato per alimentare un potente dissalatore e un altro sugli Urali, a Beloyarsk. Si tratta di impianti con potenza maggiore, ma che ancora devono essere sviluppati per poter concorrere sul mercato internazionale.
Anche in Occidente si conosce già la tecnologia dei reattori superveloci. Solo che invece del piombo fuso, quelli occidentali usavano sodio. Un esempio è il reattore francese Super Phénix.
Che l’industria nucleare russa stia puntando su questa tecnologia non è un mistero. “ I nostri fast breeder reactor – ci aveva raccontato due anni fa a Roma Evgenii Velnichov, uno dei massimi esperti nucleari russi, quello che, per intenderci, al tempo di Chernobyl, coordinò gli interventi di messa in sicurezza della centrale e ora lavora allo sviluppo di Iter, il reattore a fusione nucleare – sono la risposta alle vostre esigenze di sviluppo. Sono sicuri, sono più economici e soprattutto sono puliti”. Perché, invece di produrre scorie, le bruciano e anzi si autoalimentano proprio eliminando quelle scorie che nei normali reattori a fissione rappresentano il principale problema di gestione.
Ai russi però mancava ancora qualcosa per poter definitivamente lanciarsi sul mercato internazionale. Da un lato servivano le conoscenze occidentali in materia di protocolli di sicurezza e dall’altro serviva semplificare il progetto del loro reattore troppo complesso per poter essere esportato chiavi in mano. Ecco che allora sono arrivati Luciano Cinotti e Domenico Libro. Che hanno portato in dote i brevetti tanto cercati dai russi. Proprio nel momento in cui, era il 2008, il governo italiano aveva appena dichiarato di voler tornare al nucleare e di aver stabilito un’alleanza di ferro con la Russia, Cinotti e Libro hanno chiuso un accordo con la russa Nikiet (un'agenzia equivalente al nostro Enea) per la realizzazione del nuovo reattore nucleare di quarta generazione. Per mesi abbiamo cercato Libro e lo stesso Cinotti al telefono e abbiamo anche strappato la promessa all’amministratore delegato di portarci in Russia per vedere e toccare con mano il prototipo del reattore, anche se prima occorreva farsi dare i permessi dalle autorità militari russe.
“ Il reattore funziona - disse Libro nel 2009 - e ha più di ottomila ore di attività”. Il cantiere dove sarebbe stato realizzato potrebbe essere quello della grande fabbrica di Izorsky Zavod alle porte di San Pietroburgo, una fabbrica storica della marina militare russa in cui sono stati costruiti i reattori destinati ai sommergibili della Flotta del Nord. Da allora però le tracce dei due si sono perse nel mistero fitto della taiga russa.
Fino a Natale scorso, quando, accidentalmente nel corso di una cena, un giovane ricercatore italiano (ennesimo cervello in fuga) ci racconta la sua storia e ci spiega che ora lavora in Germania, presso un importante centro di ricerca dove le industrie di tutto il mondo portano i loro reat! tori nucleari (o meglio alcune loro parti) per essere collaudate. Così chiacchierando tra un fritto di pesce e un vermentino, ecco che spunta di nuovo fuori il nome di Cinotti e del suo reattore rivoluzionario. " Posso scrivere un articolo?", chiedo al giovane ricercatore. “ No assolutamente no, anzi io non ti ho detto niente”, ci racconta, assicurandosi che eventualmente non avremmo mai citato neanche il nome del centro tedesco che fa questo tipo di lavoro. Intanto però il reattore di Cinotti è tornato alla luce dopo oltre due anni di oblio. Sul sito della Del Fungo Giera Energia le notizie sono davvero scarne. E i russi hanno annunciato che il loro nuovo fast breeder reactor sarà pronto nel 2014. Forse per saperne di più dovremo aspettare altri tre anni.
Se la cosa vi ha incuriosito, leggete questo PDF:
www.mi.infn.it/~alimonti/press/docs/Pres_Cinotti.pdf[Modificato da Xostantinou 15/06/2011 19:50]
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Κωνσταντίνος ΙΑ’ Δραγάσης Παλαιολόγος,
Xρoνoκράτoρ και Koσμoκράτoρ
Ελέω Θεού Βασιλευς και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων.
"Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."
"Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."
"La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."
"Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
Per spalancare la murata porta d'Oro;
E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
Cercherò riposo sui miei antichi confini."
"Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”