http://totalwargamesitalia.freeforumzone.com/http://totalwargamesitalia.freeforumzone.com/ Il forum di Total War Online ItaliaStrategy Games Italia
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Gilgameš

Ultimo Aggiornamento: 24/11/2015 22:07
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 3.397
Patrikios
Δεσπότης Σεβαστοκράτωρ μέγας δομέστικος
Kαῖσαρ Nωβελίσσιμος
24/11/2015 22:07
 
Email
 
Quota

L'epopea di un antico Eroe
Salve a Tutti.
Ho notato che non abbiamo ancora trattato di quest' interessante argomento.
Alcuni di voi si staranno chiedendo "Chi è il Gilgameš ?" solo la più antica epopea conosciuta, ma andiamo con ordine.
Tutto ebbe origine nel 1846, quando presso le colline di tilāl Qūyunǧiq e Nabī Yūnus in iraq Paul-Émile Botta (1802-1870) iniziò a scavare.
Non trovando nulla Botta si spostò a tilāl Ḫursābād dove rinvenne i resti di Dūr Šarru-kīnu, la fortezza di re Šarru-kīnu II.
In seguito alle scoperte di Botta, il Console inglese a Baghdad, Sir Henry Rawlinson (1810-1895), diede ordine a Sir Austin Henry Layard (1817-1894) di intraprendere alcune campagne di scavo, portando alla luce Tall Nimrūd e i resti di Kalḫu (purtroppo distrutte dal Isis, ma lasciamo stare...).
Tra il 1849 e 1851 Layard inizò a scavare a sud di tilāl Qūyunǧiq dove rinvenne il palazzo di Sîn-aḫḫī-erība (705-681 a.C.), ciò però provocò un incidente diplomatico, i francesi c'erano stati prima degli inglesi su tilāl Qūyunǧiq e ora pretendevano che il sito con tutti i suoi tesori andassero a loro.
Alla fine Rawlinson s'incontrò con il console francese di al-Mawṣil, Victor Place, decidendo di divedere il sito di scavo equamente.
Nel 1852 Layard tornò a Londra e fu sostituito da Hurmuzd Rassām (1826-1910), un uomo che ricorda più la figura del tombarolo che un archeologo.
Mentre i francesi stavano scavando a tilāl Ḫursābād, Rassām iniziò a scavare nel loro campo di notte finendo per scoprire il palazzo di Aššur-bāni-apli (668-631 a.C.), e provocando chiaramente un nuovo incidente diplomatico (ma come è possibile che i francesi non trovassero mai nulla ?).
I francesi tornarono su tilāl Qūyunǧiq e questa volta trovarono diverse stanze ricolme di reperti, per loro sfortuna la scoperta fu fatta di giovedì, il giorno dopo gli operai mussulmani si riposarono e Rassām ne approffittò facendo scavare di notte un tunnel per poi rubare tutta la biblioteca di Aššur-bāni-apli sotto il naso dei francesi (chiaramente negò tutto, ma due mesi dopo la biblioteca era già al British Museum...).
Negli anni seguenti tutte le oltre 30000 tavolette vennero catalogate e tradotte (questo lavoro non è ancora stato completato oggi, dopo più di 150 anni..) quando il giovane George Smith notò un particolare frammento che narrava una storia quasi identica a quella del diluvio universale.
Si diede subito da fare e riuscì a raccogliere tutti i frammenti ottenendo un lungo e complesso poema di epoca assira (VII sec. a.C.) con protagonista un re di Uruk, il cui nome inizialmente traslitterò come IZ.DU.BAR. ,traduzione che in seguiro si rivelò errata.
In un secondo tempo ci si accorse che in accadico il nome era in realtà GIŠ-gím-maš, che in principio fu letto come Gišṭubar, ma nel 1890 ci si rese conto che in accadico GIŠ-gím-maš si legge Gil-ga-meš, nome simile ad un eroe greco "Gílgamos" citato da Claudius Aelianus (175-235 d.c.), ne dedussero che Gilgameš era il nome del eroe fra il VII-V secolo a.C. , intorno al terzo millennio il nome era stato però GIŠ:BIL:PAP.ga.mes letto Pagilbames, per poi cambiare nel XXIV secolo a.C. in GIŠ.BÍL.gi.mes o GIŠ.BÍL.gím.mes, è in questo periodo che pabilga si contrae in bilga (da qui Bilgames) e poi in GIŠ.BÍL .
Il 3 dicembre 1872 Smith annunciò le sue scoperte scatenando un putiferio, aveva infatti ottenuto informazioni che riguardavano re, città, popolazioni e divinità al epoca note solo dalla bibbia, oltre a leggende simili, ma decisamente più antiche, di quelle riportate nel Bǝrēʾšîṯ.
Al epoca non si conosceva l'esistenza dei sumeri, e fu proprio l'epopea di Gilgameš a portarli alla ribalta non senza polemiche. Ci si rese conto che i sumeri conoscevano molti miti su un certo Bilgames, lugal di Uruk, fra i quali compaiono Lukiĝgia Agga (LÚ.KIĜ.GI₄.A AG.GÀ, «I messaggeri di Agga»), Ud rea ud sudra rea (UD RE.A UD SÙD.RÁ RE.A, «In quei giorni, in quei giorni remoti»), En-e kur lu tillaše (EN.E KUR LÚ TI.LA.ŠÈ, «Il signore nella terra del vivente»), a lulu uluḫḫa sudsud (I.A LU₄.LU₄ Ù.LUḪ.ḪA SUD.SUD, «Vieni ora, portatore dello scettro»), Šul meka šul meka (ŠUL MÈ.KA ŠUL MÈ.[KA], «Eroe in battaglia») e Ursaĝ [amgale] banu (UR.SAĜ [AM.GAL.E] BA.NÚ, «Giace l'eroe [il grande toro]»).
Ša naqba īmuru, «Colui che vide nel profondo» era il titolo del epopea in dodici tavolette riguardante quest'eroe, evidentemente molto popolare, dato che sono stati ritrovati un gran numero di frammenti che la riguardano, fra cui trentaquattro manoscritti neo-assiri (VII sec. a.C.), una trentina tardo-babilonesi (VI-V sec. a.C.), ci sono poi versioni ḫittite, ḫurrite e elamite, esistono inoltre delle versioni alternative del testo e alcuni poemetti medio-babilonesi (±1500-1000 a.C.) e antico-babilonesi (±1950-1500 a.C.) da cui deriva il poema assiro, il più importatnte dei quali era Šūtur eli šarrī, «Egli sovrasta ogni re!».
Si pensa che il poema nella sua forma finale sia stato redatto da Sîn-lēqi-unninni («O Sîn, accetta la mia preghiera»), consigliere dello stesso Gilgameš, ma non sappiamo se è esistito o meno, potrebbe trattarsi infatti di una figura simile ad Omero.

Iniziamo quindi a raccontare la storia del primo eroe del umanità.

Gilgameš, figlio di Re Lugalbanda, è il quinto re di Uruk dei tempi postdiluviani, è per due terzi dio e un terzo uomo, il padre ebbe infatti una relazione con una dea e dopo la morte fu divinizzato (non si capisce bene se Lugalbanda abbia avuto Gilgameš dopo o prima della sua morte).
Nella prima tavoletta Gilgameš ci viene presentato come un giovane sovrano che obbligga i cittadini di uruk a varie corvée.
Gli fa infatti costruire le mura della città, fare manutenzione a canali e dige, addestramenti militari continui per tenerli in allenamento (al epoca non esistevano gli eserciti professionali) e in più si porta a letto tutte le donne che gli capitano a tiro.
Gli urukiti chiedono agli dei di fare qualcosa, e la dea Aruru decide di intervenire in loro favore creando con l'argilla un uomo, Enkidu.
Enkidu è un uomo selvaggio che corre con le gazzelle per le steppe e le montagne, bruca l'erba insieme al bestiame e si abbevera alle pozze d'acqua insieme agli altri animali (in pratica è l'opposto di Gilgameš).
Un giorno un cacciatore lo nota (Enkidu è solito aiutare gli animali a sfuggire alle trappole, distruggendole se è possibile), e colto da grande paura fugge ad Uruk raccontando al re cosa ha visto.
Gilgameš ordina al cacciatore di condurre una sacerdotessa (prostituta sacra) di nome Šamḫat da Enkidu.
La donna senza timore si denudò davanti al uomo selvaggio, che in posizione eretta la possedette per sei giorni e sette notti (un maratoneta insomma).
Finalmente soddisfatto, Enkidu si volse verso gli animali suoi compagni, ma questi ora avevano paura di lui, inoltre l'uomo non era in grado di mantenere il loro passo, come se le forze l'avessero abbandonato, in cambio aveva però ottenuto la ragione e una vasta sapienza (in cosa non si sa....) .
Šamḫat consiglio ad Enkidu di abbandonare quel esistenza selvaggia e di seguirla in città.
La donna lo porta prima da alcuni pastori che gli insegnano a mangiare il pane e bere il vino, quindi viene condotto ad Uruk dove incontra Gilgameš presso le mura della città.
Il re si stà recando ad una festa di nozze per reclamare l'equivalente dello ius primae noctis ( a quanto pare il buon Gilgameš sfrutta sempre al massimo questo barbaro diritto), ma per sua sfortuna Enkidu lo ferma e da inizio a una lotta difficile, in cui il selvaggio esce vincitore, riconoscendo però le abilità del re e stringendo con questi una forte amicizia.
Non molto tempo dopo Gilgameš inizia a progettare una grande impresa, recarsi a Qišti Erēn (foresta dei cedri) e prendere del legname, il suo amico però prova a farlo desistere, la foresta dei cedri è infatti protetta da un terribile mostro, Ḫumbaba, contro cui non sembra esistere speranza di vittoria, tanto che gli anziani della città lo descrivono in questo modo:

" Ḫumbaba, il cui grido è il diluvio, il cui soffio è fuoco, il cui respiro è morte"

non proprio il mostro che vorresti incontare dopo un lungo viaggio...
Ma il re ignora gli avvertimenti, vuole compiere un impresa tale da rendere il suo nome immortale e alla fine convince Enkidu a seguirlo.
Gli anziani e il dio della giustizia Šamaš (il sole) danno la loro benidizione al progetto e il re, prima di partire, saluta la madre divina.
I due eroi arrivano nel libano in tre giorni, portandosi dietro scuri, asce bipenni e pesanti spade, inoltre durante il viaggio fanno anche cinque soste, durante le quali Gilgameš fa sogni inquetanti, inviati da Šamaš, che sono interpretati da Enkidu come buoni auspici.
Arrivati in prossimità del bosco, Gilgameš viene preso da un inspiegabile paura, ma il dio sole lo invita a procedere "Affrettati, prima che Ḫumbaba si rifugi nel bosco!", i due eroi entrano quindi nella foresta dove incontrano il guardiano che emette un urlo di morte (tipo nazgul XD), immediatamente Enkidu viene colto da terrore, ma il re gli dice "Dimentica la morte, persegui la vita!".
I due quindi proseguono arrivando in vista della montagna che è santuario degli dèi e trono delle dee (Ša naqba īmuru), Ḫumbaba minaccia di spaccare la testa del re e lasciare il cadavere del suo amico ai serpenti e agli avvoltoi, Gilgameš viene preso da terrore, ma Enkidu lo sprona ad agire, i due quindi intraprendono una battaglia epica, per certi aspetti magica (le nuvole diventano nere, la morte cade come nebbia, la montagna si spacca in due eccetera), ma alla fine interviene il dio Šamaš con i suoi venti, e il guardiano, omai accecato e sconfitto, implora pietà, ma Enkidu invità il re ad non ascoltarlo, quindi Ḫumbaba predice che nessuno dei due giungerà a vedere la vecchiaia, quindi viene decapitato da Enkidu.
I due eroi giungono finalmente ad Uruk, carichi di legname e con la testa del mostro...
Durante i festeggiamente il re riceve la visita della dea Ištâr, che colta da passione (sia per la sua avvenenza che per la sua gloria) gli propone di sposarla:

"Orsù Gilgamesh, sii il mio amante! Donami come regalo la tua virilità! Sii il mio sposo ed io sarò la tua sposa. Ti farò preparare un carro di lapislazzuli e dai finimenti d'oro, con ruote d'oro e corna di diamanti. Tu vi farai alloggiare i demoni Umu come fossero grandi muli! Entra nella nostra casa attraverso la fragranza del cedro.Quando tu entrerai nella nostra casa,la soglia splendidamente dorata bacerà i tuoi piedi! Re, nobili, principi si inchineranno davanti a te. Le genti della montagna ed il Paese ti saranno tributari; le tue pecore figlieranno trigemini, le tue capre gemelli, i tuoi puledri a pieno carico supereranno il mulo. I tuoi cavalli al carro correranno veloci, i tuoi buoi sotto il giogo saranno insuperabili"

ma Gilgameš la rifiuta:

"Che cosa ti potrei dare in cambio dopo averti posseduta? Anche se io ti dessi olio per il corpo e vestiti,anche se ti dessi cibo e bevande, anche se ti procurassi cibo adatto agli dei, anche se ti procurassi bevande adatte ai re, anche se [ ]anche se ammassassi[ ] un vestito,cosa mi succederebbe dopo averti posseduta? Tu saresti come un forno che non fa sciogliere il ghiaccio, una porta sgangherata che non trattiene i venti e la pioggia; un palazzo che schiaccia i propri guerrieri, un elefante che strappa la sua bardatura, pece che brucia l'uomo che la porta, un otre che inzuppa l'uomo che lo porta, calcare che fa crollare il muro di pietra, un ariete che distrugge le postazioni nemiche, una scarpa che morde il piede del suo portatore. A quale dei tuoi amanti sei rimasta per sempre fedele? Quale dei tuoi superbi fidanzati è salito al cielo? Vieni! Ti ricorderò uno per uno i tuoi amanti, quelli che tu hai ardentemente posseduto! Dumuzi, l'amore della tua giovinezza: a lui hai decretato il pianto anno dopo anno. Tu hai amato il variopinto uccello Alallu: l'hai colpito e gli hai rotto le ali; egli si nasconde nei boschi gridando: "La mia ala!".Tu hai amato il leone dalla forza perfetta:per lui hai scavato fosse, sette e sette volte;tu hai amato il cavallo che esalta la battaglia,lo hai condannato alla briglia, al pungolo e alla frusta,a correre per sette ore doppie lo hai condannato, a bere acqua putrida lo hai condannato, di piangere sua madre Silili, gli hai assegnato come destino. Poi hai amato il pastore, il guardiano, che costantemente per te sollevava (focacce cotte nella) brace; ogni giorno egli per te sacrificava caprette, ciò nonostante lo hai percosso e lo hai cambiato in lupo: gli stessi suoi aiutanti ora lo cacciano via e i suoi cani gli mordono i polpacci. Tu hai amato anche Ishullanu, il giardiniere di tuo padre, che costantemente ti portava cesti pieni di datteri, ogni giorno egli faceva splendere la tua tavola: tu hai alzato gli occhi verso di lui, ti sei avvicinata a lui, (dicendo):"Oh mio Ishullanu fammi godere della tua virilità,stendi la tua mano, portala alla mia vulva!". Ishullanu così ti rispose: "Ma che cosa vuoi da me? non ha forse cucinato mia madre? Non ho forse mangiato? Ciò che io mangerò dovrebbe essere il cibo puzzolente e putrido? dovrebbe essere il giunco il mantello contro il freddo?" Tu hai ascoltato quanto egli ti diceva, lo hai bastonato e lo hai mutato in una talpa,e lo hai lasciato vivere in mezzo alle difficoltà. L'asta non sale più, il secchio non scende più!E per quanto mi concerne, si! Tu mi amerai, ma poi mi riserverai lo stesso trattamento"

La dea si incavola come non mai e va da suo padre, Anu re degli dei e dio del cielo, e gli dice :

"Padre mio, dammi per favore, il Gudanna ;voglio uccidere Gilgameš nella sua casa.Se tu non mi darai il Gudanna, allora io abbatterò le porte degli inferi, volgerò [...] dalle regioni inferiori al suolo, farò resuscitare i morti in modo che divorino i vivi; allora i morti saranno più numerosi dei vivi!"

Anu alla fine cede (nonostante ciò significhi condannare Uruk a sette anni di carestie) e il toro celeste (Gudanna) attraversa l'eufrate, provocando terremoti e uccidendo molte persone, alla fine però Enkidu afferra il toro per la coda e Gilgameš gli conficca la spada in mezzo agli occhi uccidendolo.
Viene fatta gran festa e i due eroi, in modo rispettoso, offrono il cuore del Gudanna a Šamaš e il re offre le corna del toro (fatte di lapislazzuli) al padre divinizato per poi appenderle sopra il suo letto.
Allora Ištâr compare sulle mura di Uruk, insieme alle sue ancelle e sacerdotesse (nuovamente prostitute sacre), per piangere il toro, e Enkidu le tira addosso una coscia del Toro dicendogli :

"Se io ti potessi raggiungere, farei lo stesso anche a te, e appenderei i tuoi intestini alle tue braccia!".

Dopo aver festeggiato fino a notte fonda gli eroi vanno a dormire, ma Enkidu si svegli di soprassalto "Amico mio, perché i grandi dèi sono in assemblea?", provate ad indovinare ?
I grandi dei, soprattutto Anu e Enlil, vogliono punire i due uomini, ma visto che Gilgameš è per due terzi dio decidono di uccidere Enkidu con una terribile malattia.
Questo evento sconvolgerà il re, finalmente Gilgameš si rende conto di essere mortale (c'è ne voluto) e cerca di sottrarsi al suo destino, con indosso solo una pelle di leone intraprende un lungo viaggio alla ricerca del immortalità.
Ma come pensa di trovarla ? non è qualcosa che compri al supermercato...
Gilgameš sa che esiste un uomo a cui gli dei hanno donato l'immortalità, Ziudsura o Ūtnapištî, decide quindi di cercarlo e chiedergli aiuto.

"Gilgameš per Enkidu, il suo amico, piange amaramente, vagando per la steppa:“Io morirò e non sarò allora come Enkidu?
Amarezza si impadronì del mio animo, la paura della morte mi sopraffece e ora io vado per la steppa; verso Ūtnapištî, il figlio di Ubāra-tutu,sono sulla strada e viaggio rapidamente.."

Ma il viaggio è lungo e pieno di imprevisti, ad esempio una notte un braco di leoni attacca il re, ma lui li disperde sotto la luce della luna.
Alla fine il re giunge a šadû Māšu; una montagna in cui si trova un portale (bābu) protetto da due aqrab-amēlû o girtab-lullu (uomini-scorpione, uno maschio e l'atro femmina).

"Colui che è venuto da noi: il suo corpo è carne degli dei". (disse il maschio)
"Per due terzi egli è dio, per un terzo è uomo". (disse la femmina)

I due guardiani lasciano passare Gilgameš, che attraversata la bābu intraprendendo una lunga e buia galleria scavata nella montagna chiamata ḫarran šamši "il sentiero del sole".
Il re ci mette 24 ore per attraversarlo, per poi arrivare ad una sorta di paradiso terrestre.

"Sbalordito avanza nel vedere gli alberi degli dèi:la corniola porta i suoi frutti, la vite vi è appesa con i grappoli, bella da ammirare. Il lapislazzuli porta foglie, e anch'esso porta frutti piacevoli da guardare.[...]Come fosse arbusti e cespugli, fiorisce l'AN.ZA.GUL.ME. Il carrubbo egli prende in mano, ed ecco è calcedonio, grappoli di gemme, ematite..."

Qui incontra il dio Šamaš a cui racconta le ragioni del suo viaggio, il dio sembra però non approvare "Gilgameš, dove stai andando? la vita che cerchi, non la troverai."
Poco dopo il re arriva in riva al mare dove trova una locanda gestita da Šiduri o sābītu, che dopo aver ascoltato la sua storia gli dice:

"Gilgameš, dove stai andando? La vita che cerchi, non la troverai. Quando gli dèi crearono l'umanità, essi assegnarono la morte per l'umanità, tennero la vita nelle loro mani.
Così, Gilgameš, riempi il tuo stomaco, giorno e notte datti alla gioia, fa' festa ogni giorno. Giorno e notte canta e danza, che i tuoi vestiti siano puliti, che la tua testa sia lavata: làvati con acqua, gioisci del bimbo che tiene la tua mano, possa tua moglie godere al tuo petto. Questo è destino di ogni uomo."

L'uomo non l'ascolta e chiede se esiste un traghetto in grado di attraversare il Marratu (fiume amaro) in cui scorrono le mê mūti (acque della morte), ma nessuno apparte il dio sole le può attraversare.
Dispiaciuta per Gilgameš, Šiduri gli rivela che esiste un nocchiero di nome Uršanabi o Sursunabu al servizio di Ziudsura, in grado di attraversare queste acque, per cui il re si reca da lui, ma finisce per distruggere gli strumenti in grado di fargli attaraversare le mê mūti.
Per risolvere la situazione Gilgameš costruisce trecento pali di legno, lunghi cinque cubiti, con cui spinge la barca di Uršanabi, e quando questi finiscono utilizza la propria veste come vela.
I due finalmente arrivano a Pû-nārāti (bocca dei due fiumi), un isola in cui abita Ūtnapištî il remoto (rēqu), antico re di Šuruppak, insieme alla moglie.
Il vecchio saggio è stupito di ricevere visite e dopo aver ascoltato la storia di Gilgameš gli dice che è impossibile per uomo mortale ottenere l'immortalità, Ūtnapištî è stata l'unica eccezione, quindi gli racconta la storia del diluvio (che ho trattatto in un altra discussione passata).
Ūtnapištî fa ciò in modo che Gilgameš si renda conto dell'impossibilità di realizzare il suo sogno, il re non potrà mai meritare un tale dono.
ma Gilgameš non si arrende, e Ūtnapištî gli fa un test, se rimarra sveglio 7 giorni e 7 notti, allora proverà a far qualcosa, ma Gilgameš si addormenta dopo la prima, rendendosi finalmente conto che i suoi sforzi sono vani.
Spronato dalla moglie, Ūtnapištî decide di dare un utile informazione al re, sul fondo del Apsū cresce una pianta in grado di far tornare giovani, chiamata šammu nikitti "la pianta dell'irrequietezza".
Gilgameš si adopera per ottenerla e finalmente felice, intraprende il viaggio per tornare a casa.
Purtroppo il re decide di fermarsi per fare un bagno in una pozza d'acqua pulita, e mentre è distratto un serpente ruba la pianza e la divora ,da quel momento il serpente cambierà pelle e tornerà giovane (punizione divina per Gilgameš ? considerando che lui la voleva dare anche agli abitanti di Uruk forse si, gli dei forse avrebbero permesso al re l'eterna giovinezza, ma mai l'avrebbero data agli uomini).
Ormai stanco Gilgameš torna ad uruk e mostra a Uršanabi, che lo accompagna, le mura che a costruito.
Così finisce il poema.

Commento al epopea

Gilgameš è un testo estremamente interessante, che si discosta dalla figura tipica del eroe.
Gilgameš è sicuramente bello, forte, abile, inteligente e coraggioso, ma anche molto egoista, arrogante ed egocentrico, se ne frega altamente degli altri e crede di essere il centro del mondo.
Quando finalmente si sveglia, intraprende una cerca impossibile e fallisce, Gilgameš è il primo eroe tragico della storia, per certi aspetti quasi un anti-eroe, ed è questo a renderlo affascinante, la sua epopea è molto più simile ad un romanzo contemporaneo che ad una epopea antica.

Gli altri miti

In realtà il poema appena riassunto è solo l'ultima opera, in ordine di tempo, che ha come protagonista Gilgameš e probabilmente è molto simile al odissea, un insieme di racconti in origine slegati e scritti in periodi diversi, messi insieme da una cornice.
Qui proverò quindi a riportare alcuni miti più antichi con protagonista il mitico Re d'uruk, alcuni dei quali sono poi confluiti (con qualche modifica) nel epopea classica.

Gli inviati di Agga, il figlio di Enmebaragesi

La storia ha inizio con l'arrivo di un ambasciata da Kiš, il cui re Agga vuole imporre ad Uruk di irrigare l'area meridionale della Mesopotamia.
Gilgameš convoca il consiglio degli anziani che invita il re a sottomettersi al volere di Agga, ma l'assemblea dei giovani guerrieri vuole invece la guerra con Kiš, e il re d'Uruk decide di ascoltare quest'ultimi.
Agga riunisce l'esercito e marcia su Uruk, assediandola.
Gilgameš invia quindi il suo rappresentante Birḫurte per trattare, ma senza esito ( Birḫurte viene malmenato).
Ad un certo punto, Zabardab, il generale a capo delle difese di Uruk, si sporge dalle mura, e Agga crede che sia Gilgameš, ma Birḫurte gli spiega che se fosse stato davvero Gilgameš l'esercito di Agga sarebbe fuggito dalla paura.
Poco dopo Gilgameš fa la sua comparsa sulle mura, Agga e il suo esercito vengono davvero presi da terrore, e Enkidu, altro servitore del re d'uruk, esce dalle porete cittadine per annuciare l'arrivo del semi-dio, mentre i guerrieri d'Uruk riaquistano vigore e speranza.
La ragione di ciò è il melam (manto di radianza) generato da Gilgameš, un potere comune a tutti gli dei sumeri.
Agga viene così sconfitto, ma Gilgameš gli permette di tornare a casa.

Il signore decise di muoversi verso la montagna che dà la vita all'uomo

La storia si apre con Gilgameš che vuole recarsi al kur (montagna sacra) per rendere il suo nome immortale.
Enkidu, qui suo fedele servitore, lo invita a consigliarsi con Utu, il dio sole, per chiedrgli aiuto, cosa che puntalmente avviene.
Utu fa accompagnare Gilgameš da sette esseri divini, insienme ad Enkidu e 50 guerrieri d'Uruk.
Ḫubaba, guardiano della montagna, gli nota arrivare e lancia un incantesimo che li fa cadere tutti in un profondo sonno.
Enkidu però si sveglia, e dopo qualche difficoltà riesce a svegliare anche Gilgameš, i due quindi continuano il loro viaggio.
Ḫubaba è chiaramente troppo potente, per cui Gilgameš fa un patto con il guardiano, se lui gli cederà i suoi poteri otterà in cambio le sorelle del re, Enmebaragesi e Peštur (la prima da prendere come moglie, la seconda come concubina) oltre a dei sandali.
Una volta ottenuti i poteri di Ḫubaba, Gilgameš si rimangia la parola e imprigiona il guardiano.
Alla fine però il re intende liberarlo (senza pagare il dovuto), ma Enkidu, pesantemente insultato dal mostro, lo decapita.
Il dio Enlil si arrabbia molto per quanto successo, e dopo aver apostrofato i due uomini distribuisce i poteri del guardiano per il mondo (portando morte e sofferenza).

Dell'eroe in battaglia, dell'eroe in battaglia, io voglio intonare il canto

Tutto ha inizio con la dea Inanna che dal suo tempio ad Uruk (E-anna) dice a Gilgameš:

"Mio toro, mio uomo, non ti consentirò di agire a piacimento, Gilgameš non ti consentirò di agire a piacimento, io non ti permetterò di esercitare giustizia nel mio Eanna"

Probabilmente Gilgameš desidera porre il tempio sotto la sua giurisdizione (al tempo il tempio, le sue proprietà e il suo personale si auto-amministravano, e non pagavano tasse allo stato, in un certo senso era quasi uno stato dentro lo stato) e la dea (o più probabilmente i suoi sacerdoti) si rifiuta di cedergli questi diritti.
Visto però che Gilgameš non desiste, inanna va da suo padre An, per chiedrgli di inviare il toro celeste sulla terra, allo scopo di uccidere Gilgameš.
In principio An si rifiuta, ma quando Inanna incomincia ad emettere un grido che potrebbe far riavvicinare il Cielo alla Terra, glielo concede.
Il toro porta morte e distruzzione ad Uruk, ma alla fine Gilgameš lo uccide, e per spegio lacia una coscia del animale ucciso alla dea, che fugge terrorizzata.

In quei giorni, in quei giorni lontani

L'inizio del poema è una narrazione cosmologica, di cui non vi parlo.
Ad un certo punto della storia il dio Enki fa naufragio (mentre risaliva l'eufrate con la sua nave), sradicando l'abero ḫalub.
Inanna decide di piantare l'albero nel suo giardino, in modo da poterci ricavare un trono e un letto.
Tre demoni però infestano ḫalub nel giardini del E-anna:
Un grosso serpente (muš) immune agli incantesimi è fra le sue radici .
L'uccelo an-zu-ud alleva i suoi piccoli sui rami.
Infine lilitû si annida nel tronco.
Inanna chiede aiuto a suo fratello utu (il sole), ma questi si rifiuta.
Allora chiede aiuto a Gilgameš (a cui si riferisce come se fosse anche lui suo fratello), che scaccia i mostri.
Come premio Gilgameš trattiene per se le radici e i rami del albero, con cui costruisce il pukku e il mekku .
In seguito i due oggetti cadono negli inferi e Enkidu si offre di recuperarli.
Il re fa tutta una serie di raccomandazioni a Enkidu, in modo che torni vivo dal impresa, ma il servitore non l'ascolta e muore.
Gilgameš è disperato, cerca aiuto da Enlil, ma non viene ascoltato, quindi va da Enki, che permette allo spirito di Enkidu una conversazione con il suo re.
Il servitore spiega a Gilgameš che l'oltretomba è un luogo terribile (un vero inferno), solo chi è morto bene e con tanti figli vive bene...

Il grande toro giace; mai più potrà alzarsi

Il poema inizia con un lamento per la morte di Gilgameš, per poi passara ad un flashback in cui Gilgameš sogna di essere convocato dal assemblea dei grandi dei.
Gli dei gli comunicano che nonostante le sue imprese eccezionali non possono concedergli l'immortalità per una questione di equità (era stato deciso di non rendere immortale nessun uomo tranne Ziusudra e non ci sono eccezioni a questa regola).
Una volta morto a Gilgameš sarà riservato un grande onore, diventerà re e giudice dei morti (in pratica un dio infero), avrà quindi un grande e splendido palazzo (da cui giudicherà i morti) con servitori e beni degni di un dio.
Una volta risvegliatosi da questo sogno, il re lo racconterà al figlio Urulgal, che lo interpreterà, quindi Gilgameš decide di farsi costruire una splendida tomba, nel letto del fiume eufrate (che verrà momentaneamente deviato), in cui verrà sepolto insiema alla sua corte (in modo che possano continuare a servirlo anche dopo la morte).

Come potete notare alcune di queste storie sono state riprese dal epopea principale con qualche modifica per rendere sensata la storia nel suo complesso.

Ma chi è realmente Gilgameš ?

Un tempo si credeva che Gilgameš fosse un antico re divinizzato, ma oggi non ne siamo molto sicuri.
In tutti i testi (anche in quelli più antichi) ci si riferisce a Gilgameš come un dio (il suo nome viene sempre preceduto dal ideogramma dingir, che serve per indicare il nome di una divinità).
Inoltre secondo il mito, dopo la morte Gilgameš diventa il re e giudice delle anime nel oltretomba sumero, raggiungendo lo status di divinità che tanto desiderava (anche se dovrà prima morire e non potrà più lasciare il mondo delle ombre, ma la cosa non sembra un gran problema, Gilgameš negli inferi vivrà in un vasto e lussuoso palazzo, circondato da servitori fedeli e da tutti i beni degni di un re).
Per cui non è da escludere che Gilgameš fosse già in origine un dio, su cui è stato poi costruito un leggendarium, e per certi aspetti la cosa sarebbe molto simile a ciò che è successo a ercole (perfino alcune delle 12 fatiche sono chiaramente influenzate da Gilgameš).

































"Quando ti senti eccezionalmente lucido, entusiasta, forte, quando ti senti in cima al mondo, capace di spostare le montagne, connesso al tuo sogno, all ' ideale, allora sai che hai il sole in tasca" S.B.
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 07:25. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com